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Ambienti di Condivisione dei Dati (ACDat o CDE), usi e costumi

BIM - La norma UNI 11337: istruzioni per l’uso
Con l’obiettivo di analizzare il quadro normativo nazionale sul BIM e la digitalizzazione del settore delle costruzioni INGENIO insieme ad Alberto Pavan, coordinatore UNI dei lavori di produzione di questa norma, realizza una serie di articoli di approfondimento. Il piano editoriale prevede sia un’analisi di ogni singola parte della norma, che l’approfondimento anche di tematiche trasversali per comprendere fino in fondo l’utilità e l’uso di queste norme. L’autore si è reso disponibile anche ad analizzare e valutare eventuali osservazioni o richieste di chiarimento che dovessero giungere in redazione ad INGENIO da parte dei lettori.

Non mi paghi la fattura? Non ti rilascio le certificazioni degli impianti.
L’avete già sentita? Era il modo con cui alcuni installatori, che non si vedevano pagate le fatture, cercavano di obbligare i committenti a riconoscere dei pagamenti, per lavori non saldati, sulla scorta di una obbligatorietà di legge (L. 46/90, obbligo certificazioni).
Dopo quasi 30 anni cambiano, si innovano, i termini del confronto ma l’approccio pare essere il medesimo. Non mi paghi la fattura? Ti stacco l’ACDat (Ambiente di Condivisione dei Dati o CDE).
È successo lo scorso luglio in UK dove la corte deve ancora definire il contenzioso ma ha deliberato, nel frattempo, un accomodamento temporaneo: riapertura degli spazi server, perlomeno quelli già in condivisione, dietro versamento di una cauzione a copertura di parte degli importi in giudicato presso il tribunale. In questo modo, nelle more del giudizio, i lavori posso proseguire per il più alto interesse comune (e già questo dovrebbe far riflettere su quanto sia difficile ipotizzare da noi un medesimo senso di realtà, tipico del diritto anglosassone, e, quindi, come potrebbe essere difficile anche solo ipotizzare un trasferimento diretto di quel sistema di regole “BIM”nel nostro sistema giuridico).
Tornando al caso, il contendere in esame si manifesta tra il vincitore di un appalto di progettazione e costruzione di una centrale elettrica (55 milioni di sterline) e chi ne segue, di fatto, la progettazione (in BIM) e la tenuta del CDE: TrantcontroMottMacDonald. Il primo, pare, non abbia ottemperato ai pagamenti, successivi all’anticipo, il secondo, di conseguenza, decide di “staccargli la spina”, ai dati di tutti, non solo ai suoi. In una nuova manifestazione di protesta per la quale non ritardo io le consegne, risultando inadempiente, ma ti “oscuro” i dati, tutti.
Al di là del caso specifico, si pone il primo problema.
L’ACDat viene affidato al progettista perché, nel sentimento comune, è lui che fa il progetto in BIM.
Logico, certo, così come le fatture le fanno i fornitori quindi affido a loro la gestione del mio ERP aziendale. Se si tratta di un ambiente di condivisione del “progetto” (Project) e non delle tavole progettuali o dei meri modelli grafici (Design) è evidente che la gestione dell’ACDat non è un problema del progettista, e poi dell’impresa, e poi del gestore… ma, prima di tutto, una risorsa del committente. Che deve comprendere il ruolo decisivo costituito dalla padronanza e possesso del dato per lui, per se stesso, non per i suoi fornitori o consulenti. Una gestione dei dati che può anche avvenire nella versione di un fornitore esterno, professionale (gestore dell’ACDat; UNI 11337-5:2017), ma che faccia comunque capo a te committente e non ai tuoi affidatari in una specifica commessa. Certo, anche in questo caso, se non paghi le fatture nemmeno al gestore dell’ACDat non hai risolto il problema di cui sopra (sempre fosse poi quello il problema) ma, sicuramente, hai perlomeno compreso l’importanza di differenziare le mansioni, focalizzandoti non tanto sul contenitore, ACDat (oggi mero repository di file), ma sui vantaggi di detenerne il contenuto (i dati).
Secondo problema.
Nel miraggio della “condivisone”, panacea di tutti i mali, si perdono di vista alcune regole di diritto non così marginali. La collaborazione viene confusa con il voyeurismo del: “tutti guardano tutto”. Ma non è così nemmeno nelle PAS e nell’originaria BSI (1192-1:2007). Nello spazio di lavorazione (work in progress: WIP) non può entrare nessuno se non chi origina i dati in esso contenuti, anche nelle PAS (tanto citate ma molto poco lette). E se anche tu fingessi di concedermi uno spazio “riservato” (in lavorazione) il problema resterebbe se crei un solo ACDat di commessa, obbligando tutti a lavorare su quello. Perché per quante regole tu possa prevedere, per fingere di proteggere la mia privacy di studio, in quanto Amministratore del DB potrai sempre entrare un ogni sezione del tuo DB che mi ospita, anche nelle WIP. Ora il committente non si pone il problema dando ai suoi affidatari la gestione dell’ACDat (lui oggi sbircia solo, i modelli sono una cosa che non gli riguarda, fa il poliziotto) ma se si usasse davvero l’ACDat, come vero luogo virtuale di condivisione di tutto il processo, egli dovrebbe caricare, in quell’ACDat dove non è l’Amministratore, le bozze degli ordini di servizio, le relazioni riservate, ecc. tutte a disposizione del progettista o dell’impresa (Amministratori) cui è stato affidato quell’ACDat fin da prima del protocollo. Andrebbe ancora bene tutta questa collaborazione oggi a senso unico?
E le variabili non finiscono qui. Potrebbe arrivare un giorno in cui un progettista o un’impresa, dopo un grave errore, provino a sostenere che, forse, la disponibilità del dato errato 24 ore su 24 forse non esime del tutto da responsabilità di controllo anche il committente, soprattutto se rappresenta un committente con capacità tecniche certe, che gli avrebbero consentito (nell’interesse pubblico) di leggere l’errore per tempo e chiederne la correzione. Non è più solo “depositato”, quel progetto, ne hai seguito la concezione passo passo, anche dietro le quinte. “Ma solo per controllarne l’avanzamento” ti giustificherai tu, a tua sensazione, ma la penserà così anche un giudice?
E se si scoprisse che l’oggetto impiantistico che tanto hai controllato nasconde un segreto industriale, un brevetto non divulgabile, ecc.? Che il tuo fornitore ha trafugato o erroneamente dimenticato di filtrare? Tu che ospiti ora quell’oggetto nel tuo ACDat (che hai affidato a lui, che non lo controlla, ma tuo) a che livello ne sei responsabile?
La gestione dell’ACDat è un passaggio cruciale nell’implementazione della digitalizzazione nelle costruzioni. Troppo poco ce ne occupiamo, relegandone costi e problemi agli affidatari di ciascuna commessa. Senza fissarne le regole, senza chiederne apposita assicurazione, senza definire una via d’uscita per casi come quello britannico d’apertura che potrebbero diventare virali come il (voluto) mancato delle certificazioni degli impianti.
Di recente, uno studio di ingegneria si è visto rifiutare il saldo delle parcelle perché un modello intermedio (che il committente ha recuperato dall’ACDat) conteneva presunti errori e mancanze. I modelli finali sono sì corretti (oggi) ma quelli intermedi… Quanti danni e perdite di tempo mi hanno provocato… E se non te li avessi evidenziati io, quegli errori o mancanze, chissà che modelli finali mi avresti consegnato… Ex post diventa tutto difficile per chi ora non ha più accesso a quell’ACDat. Viste col senno di poi alcuni passaggi possono sembrare tutt’altro, soprattutto quando un progetto è in evoluzione.
Assunto ci fossero davvero imprecisioni, quelli erano davvero miei errori o, invece, tue (committente) tardive indicazioni? È evidente che lo spirito di collaborazione prevede per sua natura affinamenti, aggiustamenti, variazioni di approccio e relative modifiche ai modelli in itinere che non possono diventare, ex-post, errori progettuali, certificati dall’ACDat. Non può funzionare in questo modo. Fammi vedere tutto quello che fai, condividi con me anche i tuoi più piccoli dubbi che li risolviamo tutti assieme… e poi? a consegna avvenuta… quanti dubbi però… magari non ti pago. Troppi dubbi. Guarda quante versioni ci sono prima di quella finale, continuavi a sbagliare?
Ma guarda che eri tu a continuare a cambiare idea sul da farsi e mi chiedevi di andare comunque avanti per non bloccare i finanziamenti, non rallentare i lavori, ecc. ecc.… (parole nuove? mai sentite?).
Bene, facciamo così, come sempre, BIM o non BIM, se questo è il sistema di condivisione che ci si prospetta ci vediamo alla consegna, altro che collaborazione e ACDat (o CDE se preferite l’inglese).
Ogni macchina nuova deve essere capita e rodata. Prevede dei tempi di affinamento da parte di tutti, anche della committenza (cui è d’obbligo l’investimento), non facciamo che, come al solito, li si ribalti sulle spalle di altri, imprese e progettisti, perché più comodo che mettersi in gioco. 

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