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Approcci innovativi per lo studio della sicurezza sismica di edifici storico monumentali nel maceratese

I risultati di questo lavoro confermano che le vulnerabilità tipiche come la posizione eccentrica dei campanili, la mancanza di pareti trasversali nelle chiese e la scarsa capacità di dissipazione di energia dei colonnati dei chiostri, unitamente ai solai deformabili, possono influenzare fortemente il comportamento sismico globale dell’edificio

I monasteri, così come le chiese e i campanili, rappresentano una grande porzione del patrimonio culturale europeo particolarmente suscettibile ai danni ed incline al collasso parziale o totale sotto azioni sismiche. La loro elevata vulnerabilità sismica è dovuta sia alle proprietà meccaniche della muratura sia alla particolare configurazione degli stessi edifici, accentuata dall'assenza di adeguate connessioni tra le varie parti che costituiscono il complesso strutturale e dalla presenza di strutture spingenti quali archi, volte, ecc.

Nel presente lavoro l’attenzione è posta sulla Chiesa ed ex convento di San Francesco a Matelica (Macerata, Italia) con lo scopo di valutarne la vulnerabilità sismica rispetto allo attuale stato di conservazione con particolare riferimento, per questioni di brevità, al comportamento globale. Si è fatto uso di un approccio al continuo della compagine muraria attraverso elementi finiti di tipo solido governati da un comportamento non lineare a compressione e trazione. Per valutare la risposta sotto forzante sismica è stato seguito un percorso di conoscenza basato su un’approfondita indagine storica e un accurato rilievo geometrico. 

In primo luogo, è stata effettuata un'analisi storica determinando l’estensione delle porzioni originarie del fabbricato, l’entità delle demolizioni, delle espansioni e considerando le interazioni di ciascun edificio con l'ambiente costruito circostante. Il rilievo geometrico è avvenuto per mezzo di un laser scanner e parallelamente è stata effettuata la mappatura della tessitura muraria, delle connessioni tra elementi strutturali, delle tipologie dei solai di piano e di copertura, e della consistenza delle pareti murarie tramite ispezioni visive. Tali informazioni hanno consentito la corretta definizione del modello numerico impiegato per l’analisi del comportamento (globale) statico e dinamico della struttura.

Per poter saggiare le proprietà non lineari dell’edificio si è utilizzata un’analisi statica non lineare (PushOver) secondo i dettami della normativa italiana cogente, cioè il D.M. 17 gennaio 2018 (noto come Aggiornamento delle Norme Tecniche sulle Costruzioni, NTC), applicando due distribuzioni di carico: la prima di tipo multimodale, e la seconda proporzionale alle masse di piano.

Dal confronto tra i danni numerici e quelli reali causati dalla sequenza sismica del 2016, emerge un’ottima compatibilità che prova la bontà del modello realizzato. I risultati di questo lavoro confermano che le vulnerabilità più tipiche come la posizione eccentrica del campanile, la mancanza di pareti trasversali nelle chiese e la scarsa capacità di dissipazione di energia delle colonne dei cortili, unitamente ai solai deformabili, possono influenzare fortemente il comportamento sismico globale dell’edificio.

 

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I tragici eventi sismici che dall’agosto 2016 hanno colpito il Centro Italia, con la prima forte scossa di magnitudo 6.0 di epicentro tra Accumoli ed Amatrice, passando per il sisma di Norcia dell’ottobre 2016 di magnitudo 6.5, fino alle scosse di magnitudo superiore a 5 nell’area tra Abruzzo e Marche del gennaio 2017, hanno nuovamente posto in evidenza la vulnerabilità del nostro patrimonio storico architettonico.
Come già avvenuto in passato, con i terremoti del Friuli (1976), dell’Irpinia (1980), e non molto tempo fa con i terremoti dell’Aquila (2009) e dell’Emilia (2012), a pagare un prezzo molto alto sono stati i centri storici con i loro edifici in muratura portante, tra cui anche quelli a valenza storico-architettonica come chiese, campanili e palazzi.
Le cause principali di quanto avvenuto sono da ricercarsi, da un lato, nelle caratteristiche del moto sismico che ha fornito le maggiori accelerazioni spettrali nel range di periodi di oscillazione tipici degli edifici in muratura, ovvero periodi piuttosto bassi dovuti all’elevata rigidezza che caratterizza questi edifici; dall’altro, ai fattori di vulnerabilità, o punti di debolezza, evidenziati da questa tipologia costruttiva a seguito di ogni evento sismico di una certa rilevanza.

 

Analisi globale di struttura in muratura

Per comprendere il reale comportamento sismico degli edifici storici monumentali ed individuare dove agire per incrementarne il livello di sicurezza rispetto all’azione sismica è necessario valutare la vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio esistente. A monte di questo processo di valutazione della sicurezza c’è la costruzione di un modello numerico globale rappresentativo della struttura.
Tale approccio consiste nell’esecuzione di analisi strutturali, di tipo lineare o non lineare e di natura statica o dinamica, e di verifiche di sicurezza sugli elementi resistenti rispetto alle sollecitazioni agenti in condizioni statiche e sismiche.

Il D.M. 17 gennaio 2018 prevede, per gli edifici in muratura, che è sempre possibile ricorrere a metodi di analisi non lineari qualunque sia il livello di conoscenza acquisito, cosa che invece non è consentita per gli edifici esistenti in calcestruzzo. Inoltre, è possibile eseguire l’analisi statica non lineare (pushover) anche quando la massa partecipante afferente al modo fondamentale è particolarmente bassa, quindi il comportamento dinamico è irregolare.

Nel caso di comportamento globale si pone il problema di modellare adeguatamente la struttura, cosa non immediata data l’eterogeneità dei materiali (pietrame, laterizio, tipi di malte), dei pannelli murari (piena a una o più teste, a sacco, a pannelli murari accostati) e delle tecniche costruttive (tipologia di orizzontamento come solai in legno, in laterocemento, sistemi voltati ecc.) che spesso si riscontrano anche all’interno di uno stesso edificio.

Nella pratica professionale sono presenti due approcci, concettualmente diversi ma con lo stesso fine ultimo.

Il primo approccio, molto più diffuso ed utilizzato, vede l’utilizzo del telaio equivalente che scompone la struttura in elementi maschi murari e fasce di piano che sono possibili in sede di danneggiamento, e in nodi rigidi che vanno a collegare i due precedenti elementi. Questo è un approccio di tipo fenomenologico poiché nasce dall’osservazione dei danni reali, a seguito di sismi, su strutture in muratura. Il metodo è di semplice utilizzo e computazionalmente non oneroso ma è basato su approssimazioni, per lo più geometriche, della struttura e si presta ad un uso su strutture prettamente regolari in pianta e in altezza, con aperture sufficientemente allineate verticalmente e orizzontalmente (queste situazioni sono favorite dall’assenza di sfalsamenti di solai, di aperture di grandi dimensioni al piano terra, ecc.).

Un secondo approccio, sempre più utilizzato nella pratica professionale grazie all’enorme sviluppo dei personal computer negli ultimi decenni, vede l’utilizzo di una modellazione al continuo della compagine muraria senza la necessità di schematizzazioni o semplificazioni geometriche eccessive attraverso l’utilizzo di elementi finiti di tipo solido. Tale approccio, derivante dalla ricerca, vede la necessità di definire un materiale muratura (notoriamente non omogeneo e anisotropo) quale materiale omogeneo e isotropo, dotato di una resistenza finita a compressione e a trazione. I legami costitutivi non lineari sono dotati di softening e di danno e necessitano di parametri resistenti facilmente ricavabili a partire dai dati usualmente utilizzati per il telaio equivalente.

 

La chiesa e l’ex convento di San Francesco a Matelica

L’oggetto di studio è il complesso della chiesa e dell’ex convento di San Francesco di Matelica in provincia di Macerata. L’intero complesso di San Francesco, situato a nord del centro storico e prossimo alle mura cittadine, è costituito da 3 corpi principali: la chiesa, il convento vecchio e il convento di recente costruzione (in calcestruzzo armato e non considerato nelle analisi), occupanti complessivamente una superficie di 3862.41 m2.

La storia e il processo evolutivo del complesso

La data di fondazione del complesso analizzato risulta essere incerta, anche se, secondo alcuni studiosi, molto probabilmente si colloca intorno al 1240. A comprova dell’antichità del complesso la prima testimonianza scritta risale al 1268 nella rendicontazione del Camerlengo comunale, dove è citata una pubblica elargizione ai frati di carattere abituale.
Nel 1518, con l’allontanamento dei Frati Minori Conventuali e il subentro degli Osservanti, iniziò una prima fase di radicale ampliamento del complesso. Nel 1519 furono costruiti il Torrione delle mura cittadine e il campanile e successivamente, vennero realizzate le cappelle laterali di destra in stile rinascimentale e il primo chiostro, su cui affaccia una cappella rettangolare con volta a botte dove è presente il ciclo pittorico sulla Passione di Cristo realizzato nel 1569 da Simone De Magistris.
Tuttavia, la vera e propria opera di rinnovamento dell’intero complesso che ne ha dato la conformazione attuale fu effettuata fra il 1653 e il 1719, dove si verificò un completo stravolgimento dell’antica costruzione della chiesa con l’avanzamento della zona frontale rispetto al fronte attiguo del convento, in cui la parete della facciata ha un timpano triangolare svettante rispetto al nuovo corpo realizzato.
Sempre nello stesso periodo, come testimonia l’iscrizione in una pietra nella parete a ovest del convento in cui è indicato l’anno 1692, il convento fu ingrandito verso nord fino alle dimensioni attuali in aggiunta alla realizzazione del secondo chiostro.
Successivamente, nel 1810, a causa dei decreti napoleonici, il convento fu chiuso ma la chiesa rimase comunque officiata e subì nuovamente dei restauri intorno al 1820-‘40; in particolare i due chiostri del convento (1830-‘35) e il campanile (1834).
Il terremoto umbro-marchigiano del 26 settembre 1997 danneggiò fortemente sia la chiesa sia il convento e a seguito del sisma, si susseguirono una serie di interventi di ridotta entità al fine di risanare i danni. Nel 2013 iniziarono gli imponenti lavori di restauro e consolidamento strutturale del convento e di restauro con rifacimento della copertura lignea della chiesa. A pochi mesi dal termine dei suddetti lavori e dalla riapertura al pubblico della chiesa il 20 marzo 2016, il complesso fu nuovamente reso inagibile con il terremoto del 24 agosto 2016. 

Rilievo geometrico strutturale: descrizione del complesso

Una corretta valutazione della vulnerabilità di una costruzione non può prescindere dalla conoscenza della fabbrica a livello di evoluzione storica, geometrica e costruttiva (Fig. 4). La chiesa di San Francesco, posizionata a +1.50 m rispetto al piano stradale, ha il suo asse principale orientato in direzione Est- Ovest ed è costituita da un’unica navata rettangolare lunga 45 metri (compreso il coro) e da un corpo avanzato rispetto ad essa di 5 m, realizzato posteriormente alla costruzione originaria. La navata, larga circa 10 m e alta 20 m, ha alla sua destra 4 cappelle che fuoriescono di circa 6 m e a sinistra altre 4 cappelle che si addentrano di poco, essendo in corrispondenza di uno dei lati del chiostro del convento.

Addossato alla chiesa e con la funzione di collegamento fra quest’ultima e la sacrestia (a sua volta comunicante con il chiostro del convento), è presente il campanile settecentesco di forma quadrata (3.44 m x 3.95 m) e alto circa 30.5 m.

Il convento, di altezza massima di 14.20 m, si sviluppa su 4 piani, suddivisi in interrato, piano terra, mezzanino e piano primo. La sua forma è riconducibile ad un quadrato (45.18 m x 43.47 m, il lato maggiore è lungo l’asse Nord-Sud) ed è caratterizzato da 2 chiostri: uno quadrato di superficie 188.41 m2 e accessibile dal sagrato, l’altro rettangolare, pari a 181.88 m2, di carattere più riservato e il cui piano terra risulta essere coperto da un telaio in calcestruzzo armato.

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Rilievo geometrico-strutturale: i materiali e la tessitura muraria

Il complesso di San Francesco, a causa delle molteplici modifiche subite nel corso degli anni, presenta differenti tipologie di muratura e una notevole eterogeneità negli spessori dei muri. Analizzando la tessitura muraria delle pareti e confrontando la tecnica costruttiva del complesso con quella della tradizione locale, sono state individuate 3 tipologie principali di materiali con riferimento alla tabella C8.5.I della Circolare applicativa delle NTC 2018:

  • Muratura in mattoni pieni e malta di calce;
  • Muratura a conci sbozzati con paramento di limitato spessore e nucleo interno;
  • Muratura a blocchi lapidei squadrati.

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Modello agli elementi finiti

Al fine di semplificare il processo di costruzione, il modello solido è stato creato a partire dalle piante del complesso ai vari livelli. Il modello numerico consta di (Fig. 6):

  • Elementi finiti: 918˙658;
  • Numero di nodi: 232˙056;
  • Numero di gradi di libertà: 679˙782.

modello numerico del complesso di San Francesco

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L’articolo fa parte della rivista Digital Modeling n. 26 di CSPFea

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