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Autorizzazione paesaggistica ordinaria e semplificata: regimi a confronto

Anche in ambito paesaggistico il più volte riproposto slogan di “semplificazione delle PA e dei procedimenti amministrativi” ha preso piede negli ultimi anni portando il legislatore ad effettuare degli interventi mirati volti, per l’appunto, a semplificare il delicatissimo quadro normativo previsto dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.

La spinta del legislatore si è infatti fatta sentire con la novella che ha portato alla luce il DPR n. 31/2017 con il quale è stato messo a pieno regime il procedimento volto la rilascio della c.d. autorizzazione paesaggistica semplificata, operativa in tutti quei casi espressamente individuati dal legislatore.

Per meglio comprendere questa semplificazione normativa occorre inquadrare l’autorizzazione paesaggistica ordinaria, ex art. 146 d.lgs. 42/2004, per poi passare ad un rapido excursus afferente la “nuova” autorizzazione paesaggistica semplificata introdotta nel 2017.


L’autorizzazione paesaggistica ordinaria a regime

L’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che apre il capo quarto afferente al “controllo e gestione dei beni soggetti a tutela”, è la disposizione che delinea il procedimento volto al rilascio della autorizzazione paesaggistica necessaria per l’effettuazione di interventi edilizi-urbanistici all’interno delle aree sottoposte a tutela e vincolo paesistico.

In questo modo si consente all’amministrazione di effettuare un’attività di controllo preventivo sugli interventi antropici che possono comportare un impatto negativo sul territorio a valenza paesaggistica.

Difatti i commi 1 e 2 della disposizione in questione prevedono espressamente che proprietari, possessori, detentori di immobili o aree adi interesse paesaggistico non possono procedere con modificazioni recanti un pregiudizio dei c.d. valori paesaggistici salvo non abbiano espressamente ricevuto l’apposito provvedimento autorizzatorio da parte delle competenti autorità.

Tuttavia, l’autorizzazione può essere emessa solo a seguito di un procedimento plurifasico che si apre con la presentazione di una istanza del privato corredata:

  • dal progetto degli interventi;
  • documentazione tecnica.

Il comma 3 afferma, infatti, che la documentazione a corredo del progetto è preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato e che la precisa indicazione della documentazione necessaria per il rilascio dell’autorizzazione è prevista direttamente dal D.P.C.M. 12 dicembre 2005, all’interno del quale sono evidenziate:

  1. le finalità;
  2. i criteri per la redazione della relazione paesaggistica;
  3. i contenuti della relazione paesaggistica;
  4. i documenti relativi a tipologie di interventi od opere di grande impatto territoriale.

Ad ogni modo, il documento centrale, e di primaria valenza procedimentale, è rappresentato dalla relazione paesaggistica, il quale, tra i suoi principali contenuti, richiede sia una documentazione tecnica (gli elaborati dello stato attuale e gli elaborati di progetto) che una documentazione riguardante gli elementi per la valutazione di compatibilità paesaggistica tra l’intervento richiesto e l’assetto urbanistico territoriale.

Il successivo comma 4 ha invece natura meramente definitoria, si limita, infatti, a specificare che l’autorizzazione è un atto del tutto autonomo che rappresenta un presupposto rispetto ai titoli edilizi previsti dal TUE.

Su tale aspetto la giurisprudenza ha avuto modo di affermare:

  • Pur predicandosi la differenza tra gli interessi sottesi al titolo edilizio e a quello paesaggistico, espressamente affermata dall'art. 20 del d.lgs. n. 42/2004 per l'autorizzazione paesaggistica, per gli interventi soggetti a permesso di costruire, l'autorizzazione non ha una funzione distinta dal titolo edilizio, essendone espressamente un presupposto, sicché essa resta strumentale al rilascio e alla validità di quest'ultimo, non essendo possibile che un'opera (già realizzata e per cui i titoli vengono rilasciati in sanatoria) sia paesaggisticamente priva di titolo, ma urbanisticamente legittima. Non può, infatti, trovare, in questo caso, applicazione la giurisprudenza che ammette la possibilità di rilascio del permesso di costruire, pur in assenza di autorizzazione con l'effetto, tuttavia, che i lavori non possono essere realizzati fintanto che non intervenga anche tale ultimo provvedimento (che costituisce, quindi, condizione di efficacia e non di validità del titolo urbanistico), trattandosi di lavori già eseguiti e per i quali tale principio è, pertanto, logicamente incompatibile” (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. VII, 21/06/2021, n.4222);
  • Permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica sono titoli con contenuti differenti, seppure ambedue relazionati al territorio, e l'inizio dei lavori in zona paesaggisticamente vincolata richiede il rilascio di ambedue i titoli; il permesso di costruire può essere rilasciato anche in mancanza di autorizzazione paesaggistica, fermo restando che è inefficace, e i lavori non possono essere iniziati, finché non interviene il nulla osta paesaggistico” (Consiglio di Stato sez. IV, 21/05/2021, n.3952).

Autorizzazione paesaggistica ordinaria e semplificata: regimi a confronto

Tuttavia, occorre specificare che la vera peculiarità dell’autorizzazione paesaggistica è la sua natura eminentemente discrezionale.

Difatti, ad avviso di chi scrive, tale aspetto contraddistingue l’autorizzazione paesaggistica dai titoli edilizi caratterizzati da una valutazione di natura vincolata da parte dell’Amministrazione competente, come peraltro confermato a chiare lettere dalla massima giurisprudenza secondo cui “Il provvedimento di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'art. 146 del d. lgs. n. 42/2004, è caratterizzato da un'ampia discrezionalità tecnico-valutativa, tale per cui l'apprezzamento compiuto dalla Soprintendenza è sindacabile in sede giudiziale esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione” (Consiglio di Stato sez. VI, 13/02/2018, n.899).

Per quanto riguarda il termine di validità dell’autorizzazione, lo stesso comma 4 prevede una durata precisa pari a 5 anni. Decorso il detto termine, il soggetto precedentemente autorizzato deve necessariamente riproporre una ulteriore richiesta alla competente autorità amministrativa se vuole mantenere le opere svolte.

Sotto altro profilo, per quanto concerne la competenza al rilascio dell’autorizzazione, il comma 5 individua nella regione l’ente preposto a tale attività. Tuttavia, il comma 6 stempera la rigidità sulla competenza, prevedendo espressamente che l’esercizio di tale funzione può essere delegata anche agli altri enti locali purché gli stessi siano dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali in grado di assicurare un adeguato livello di tutela paesaggistica. In questo modo si assicura un adeguato livello di unitarietà di tutela tra i vari livelli organizzativi e amministrativi territoriali che, sulla base del dettato dell’art. 118 Cost., assumono così una valenza preminente.

Venendo al procedimento autorizzatorio, previsto dai commi 7, 8 e 9, l’istanza è sottoposta ad una prima verifica da parte della competente amministrazione, la quale laddove fosse carente la documentazione del privato deve attivarsi mediante con il c.d. soccorso istruttorio nei confronti del richiedente, provvedendo entro 40 giorni con gli accertamenti in merito alla conformità dell'intervento proposto rispetto alle prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici.

Una volta effettuata questa attività, la medesima amministrazione procede a trasmettere alla Soprintendenza l’istanza presentata accompagnandola con una relazione tecnica illustrativa nonché con una proposta di provvedimento. In questo momento deve essere trasmessa all’interessato la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 l. 241/1990.

A questo punto, il comma 8 prevede l’emissione del parere della Soprintendenza, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progetto rispetto intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all'articolo 140, comma 2, entro il termine di 45 giorni dalla ricezione degli atti.

Termine che, come ritenuto dalla giurisprudenza, vincola la Soprintendenza all’esercizio del potere consultivo, difatti “Ai sensi dell'art. 2, comma 8-bis, l. n. 241 del 1990, come introdotto dalla l. n. 120 del 2020, il parere della Soprintendenza reso nel procedimento di autorizzazione paesaggistica oltre il termine prescritto va dichiarato inefficace” (T.A.R. Salerno, (Campania) sez. II, 23/06/2021, n.1542).

Inoltre, il successivo comma 11 della norma, specifica che, una volta decorso il termine predetto senza che l'amministrazione si sia pronunciata, il privato può richiedere l'autorizzazione in via sostitutiva alla regione, che vi provvede - salvo non abbia delegato gli enti territoriali - anche mediante un commissario ad acta, entro 60 giorni dal ricevimento della richiesta formulata. Emerge quindi anche un potere sostitutivo in capo alla regione e/o agli altri enti eventualmente delegati.

Proprio in questo frangente, laddove il parere reso sia negativo, si inserisce la comunicazione di preavviso di rigetto ex art. 10 bis l. 241/1990 che il Soprintendente comunica agli interessati.

Dopotutto la mancata emissione del predetto preavviso rende il parere viziato, come affermato dalla consolidata giurisprudenza per cui: “È illegittimo il parere negativo al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica adottato senza che sia stato comunicato il preavviso di rigetto. Del resto, l'art. 146, comma 8, d.lgs. n. 42/2004 prevede espressamente che tale avviso debba essere dato prima dell'adozione del parere” (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. VII, 19/07/2021, n.4971).

Tuttavia, può accadere che il parere della Soprintendenza non venga proprio reso.

Il comma 9, infatti, cristallizza la regola per cui l’inutile decorso del termine di 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, senza che questi abbia reso il prescritto parere, comporta l’obbligo per l'amministrazione competente di provvedere comunque sulla domanda di autorizzazione. In questo modo si consente la chiusura del procedimento autorizzatorio anche in mancanza dell’atto consultivo.

Sul punto risulta peculiare quanto relativo al c.d. silenzio trasversale tra le pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 17 bis l. 241/1990. Secondo la giurisprudenza, infatti, “Il meccanismo del silenzio-assenso tra amministrazioni di cui all'art. 17-bis, l. 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dalla l. 7 agosto 2015, n. 124, si applica esclusivamente ai rapporti fra l'amministrazione « procedente » per l'adozione di un provvedimento definitivo e quelle chiamate a rendere « assensi, concerti o nulla osta » a questo prodromici, e non anche al rapporto « interno » fra le amministrazioni chiamate a co-gestire l'istruttoria e la decisione in ordine al rilascio di tali assensi nei confronti di un'amministrazione terza, come è nel caso della Regione e della Soprintendenza in relazione all'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 146, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42” (Consiglio di Stato sez. IV, 29/03/2021, n.2640).

Se invece l’atto autorizzatorio è emesso, lo stesso deve essere trasmesso direttamente: 

  • alla soprintendenza competente che ha reso il parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente allo stesso parere,
  • alla regione ovvero agli altri enti pubblici territoriali interessati e, ove esistente, all'ente parco nel cui territorio si trova l'immobile o l'area sottoposti al vincolo.

Si deve evidenziare che una volta rilasciata l'autorizzazione paesaggistica, non vi è alcuna possibilità per la Soprintendenza di annullare la determinazione (rectius il parere) precedentemente emessa, in quanto l’esercizio del potere consultivo “può aversi solo quando l'organo consultivo risulti nuovamente compulsato dall'Amministrazione procedente con richiesta di un nuovo parere” e non già per mera volontà dell’autorità consultiva (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 10/01/2020, n.259).

In ultimo, quanto al regime impugnatorio, il comma 12 prevede espressamente che la giurisdizione spetti al giudice amministrativo, difatti, l’autorizzazione è impugnabile mediante ricorso straordinario al PdR ovvero con ricorso al TAR.

Peculiare è altresì la previsione circa la legittimazione attiva in quanto la stessa è riconosciuta ai portatori di interessi collettivi e a quei soggetti pubblici e/o privati che dimostrino di avere un effettivo interesse all’impugnativa. In tal senso è utile evidenziare quanto ritenuto dalla recente Plenaria (Consiglio di Stato, Ad. Pl. 6/2020) che ha ritenuto la legittimazione degli enti associativi esponenziali iscritti nello speciale elenco delle associazioni rappresentative di utenti o consumatori oppure in possesso dei requisiti individuati dalla giurisprudenza, secondo cui “Può considerarsi sussistente un interesse diffuso qualora riferito a beni materiali o immateriali a fruizione collettiva e non esclusiva, tenendo sempre presente che è possibile che un provvedimento amministrativo incida al contempo su interessi sia collettivi che individuali, ma che tuttavia l'associazione può essere legittimata ad agire solo nel caso in cui l'interesse collettivo possa dirsi effettivamente sussistente secondo la valutazione compiuta dal giudice” (T.A.R. Roma, (Lazio) sez. I, 22/02/2021, n.2147).

 


Autorizzazione paesaggistica: chiarimenti applicativi di una complessa co-gestione tra Stato e Regioni (comuni)

Una disamina applicativa e operativa sul procedimento complesso delle autorizzazioni paesaggistiche, che si muove cercando di rispettare le esigenze di competenze diverse.

Leggi l’approfondimento di Ermete Dalprato!


 

L’autorizzazione paesaggistica semplificata

Come detto, la semplificazione amministrativa ha coinvolto anche nel recente passato il regime autorizzatorio paesaggistico. Con il DPR n. 31/2017 l’ordinamento si è dotato di una peculiare autorizzazione semplificata che consente una celere procedura per il privato istante rispetto alla pluristrutturata procedura di cui alla esposta autorizzazione paesaggistica ordinaria.

Difatti il precedente intervento da parte del legislatore, avvenuto mediante l’adozione del DPR n. 139/2010 non aveva sortito gli effetti voluti per cui solo con l’introduzione del DPR del 2017, all’art. 11, si è riusciti a trovare un testo organico in grado di implementare il regime semplificatorio in atto.

Con questo decreto, qualificabile a tutti gli effetti come regolamento di attuazione dell'art. 149 del d. lgs. n. 42/2004 (cfr. T.A.R., (Veneto) sez. II, 13/11/2017, n.1007), viene consentito che determinati interventi delineati dall’Allegato B (“Individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”, contenente ad oggi 42 differenti tipologie di interventi) possano essere assoggettati ad un procedimento autorizzatorio snello e celere, nell’ottica di una totale semplificazione documentale e procedurale.

Inoltre, a questo procedimento sono assoggettate le istanze di rinnovo di autorizzazioni paesaggistiche, anche rilasciate ai sensi dell’articolo 146 del Codice, scadute da non più di un anno e relative ad interventi in tutto o in parte non eseguiti, a condizione che il progetto risulti conforme a quanto in precedenza autorizzato e alle specifiche prescrizioni di tutela eventualmente sopravvenute.

Infatti, se l’istanza di rinnovo afferisce a variazioni progettuali che comportino interventi di non lieve entità, trova applicazione il procedimento autorizzatorio ordinario di cui al già menzionato art. 146 e non già quello in questione.

Quanto alla procedura, il documento che il privato deve presentare per il rilascio di questa autorizzazione semplificata è previsto dall’Allegato C al DPR del 2017 (“FACSIMILE istanza di autorizzazione paesaggistica con “procedimento semplificato”) in cui devono essere descritti i vari interventi e allegata altresì la relazione paesaggistica, cui all’Allegato D (“Relazione paesaggistica semplificata”), che deve necessariamente essere sottoscritta da un progettista.

Tutta la documentazione di cui sopra deve essere poi presentata allo sportello unico per l’edilizia (c.d. SUE ex art. 5 TUE) ovvero, nelle more della costituzione dello stesso, all’ufficio comunale competente per le attività edilizie o, ancora, se gli interventi si riferiscono al DPR n. 160/2010 al SUAP.

A questo punto l’amministrazione procedente, valuta per prima cosa che l’istanza non afferisca a interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica prevista dall’Allegato A (“Interventi ed opere in aree vincolate esclusi dall’autorizzazione paesaggistica”) al DPR, e attiva, nel caso di una decisione pluristrutturata, una apposita conferenza di servizi per valutare la conformità degli interventi rispetto agli interessi paesaggistici.

Se la valutazione dell’amministrazione risulta positiva si apre un particolare iter. Innanzitutto, anche qui trova spazio il soccorso istruttorio, che può essere attivato dall’amministrazione procedente entro 10 giorni dalla ricezione dell’istanza.

L’amministrazione procedente ricevuta l’istanza provvede poi nel termine di 20 giorni ad inviare alla Soprintendenza la richiesta e attende l’emissione del parere vincolante che deve essere comunicato anche ‘esso entro il termine di 20 giorni. Tale parere del Soprintendente è obbligatorio ma non vincolante, ed è soggetto al silenzio assenso trasversale ex art. 17 bis l. 241/1990, per cui una volta decorso il termine l’amministrazione procede comunque sull’istanza.

In merito risulta interessante anche quanto ritenuto recentemente dal formante giurisprudenziale, secondo cui “La formazione del silenzio-assenso della Soprintendenza ex art. 11, comma 9, d.P.R. n. 31/2017 sulla domanda di autorizzazione paesaggistica semplificata esige la sussistenza di una motivata proposta di accoglimento da parte dell'Amministrazione procedente, a fronte della quale l'inerzia della Soprintendenza si risolve in senso favorevole per l'istante; tale fattispecie non può quindi configurarsi nel caso in cui l'Amministrazione comunale procedente abbia espressamente ritenuto l'intervento non compatibile con il piano regolatore generale e con il piano urbanistico territoriale con valenza paesistica e abbia conseguentemente trasmesso all'interessata e alla Soprintendenza non già una “motivata proposta di accoglimento” bensì una mera comunicazione di diniego” (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. VII, 17/04/2019, n.2166) .

Se invece il parere viene reso dalla Soprintendenza, lo stesso deve essere comunicato all’amministrazione che entro 10 giorni dalla ricezione deve provvedere con l’adozione del provvedimento autorizzatorio da comunicare al privato istante.

Diverso il caso in cui vi sia la valutazione negativa dell’amministrazione sull’istanza del privato.

Si apre infatti un procedimento ad hoc che si conclude con l’adozione del provvedimento motivato di diniego, ma che comporta al suo interno

  • a) l’obbligo per l’amministrazione di comunicare i motivi ostativi all’accoglimento mediante precisa indicazione delle ulteriori attività eventualmente necessarie per l’emissione del provvedimento favorevole,
  • b) l’obbligo per la Soprintendenza di valutare la documentazione e di attivarsi per un eventuale confronto procedimentale con il privato per evidenziargli i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza e della proposta dell’amministrazione procedente.

Approfondimenti su normativa e prassi con C2

In collaborazione con C2R Energy Consulting abbiamo avviato un approfondimento della normativa e le prassi in ambito urbanistico e edilizio. Sui temi trattati da questo articolo abbiamo pubblicato anche:

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