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Azione legale per danni climatici contro ENI

Dopo Exxon e Shell, anche l'italiana ENI viene portata in tribunale per danni ambientali, ovvero per aver consapevolmente ignorato che il suo comportamento avrebbe portato a danni climatici. Di recente abbiamo parlato anche della citazione di Holcim in Svizzera. Lo avevamo previsto.

L'ultima grande azienda a finire in tribunale per problemi connessi alle strategie di prevenzione dei danni climatici è Eni, il colosso italiano.

La scorsa settimana, ReCommon e Greenpeace, insieme a 12 cittadini italiani privati, hanno citato in giudizio Eni a Roma, affermando che la società era consapevole dei danni climatici causati dal suo prodotto, ma ha scelto di ignorare tali danni e continuare comunque a estrarre petrolio. È la terza grande azienda del settore ad affrontare un'accusa del genere.

Negli Stati Uniti nel 2015, i giornalisti hanno scoperto documenti che mostravano come i ricercatori di Exxon, a partire dagli anni '70, avessero previsto in modo accurato come la combustione di combustibili fossili avrebbe causato il riscaldamento del pianeta. Nonostante queste previsioni, Exxon ha continuato per anni a mettere in dubbio pubblicamente la scienza del clima e a sconsigliare l'allontanamento dalla combustione di combustibili fossili.

Successivamente è stato il turno di Shell, dove è emerso che i manager erano consapevoli dei pericoli dei combustibili fossili e del cambiamento climatico. Friends of the Earth International, uno dei querelanti nel caso Shell, ha tradotto gran parte delle ricerche utilizzate in diverse lingue e spera di ispirare altri a presentare casi simili in diversi paesi.

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Queste azioni legali si sono estese alle case automobilistiche, all'industria del carbone, al settore del cemento e in tutti i settori ad alto impatto ambientale, culminando nel caso URGENDA, in cui un governo nazionale è stato accusato e condannato. Il risultato è stato un gran numero di azioni legali da parte di organizzazioni e governi che accusano queste società di inganno pubblico, con richieste di miliardi di dollari in danni climatici.

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Il caso Eni non è un caso isolato, ma rientra ormai in un ambito che possiamo considerare generale.

La causa contro Eni è considerata la prima del suo genere in Italia ed è parte di una campagna chiamata "La Giusta Causa", che promuove l'iniziativa legale di ReCommon, Greenpeace e dodici cittadini italiani per i danni subiti e futuri derivanti dai cambiamenti climatici, di cui Eni è stato significativamente responsabile con la sua condotta negli ultimi decenni.

Secondo ReCommon e Greenpeace, Eni era consapevole fin dal 1970 che la combustione di combustibili fossili è la principale causa del cambiamento climatico e dei rischi "catastrofici" associati al loro utilizzo, ma ha utilizzato strategie di lobbying e greenwashing per minimizzare.

ENI ha affermato che "dimostrerà in tribunale l'infondatezza della causa" nonché "la correttezza delle sue azioni e la sua strategia di trasformazione e decarbonizzazione».

Ma ci aspettiamo che l’azione legale non finisca qui.

Lo abbiamo visto negli Stati Uniti in cui la strategia con cui si muove l’accusa è quello di sommergere l’azienda di cause, sul modello di quanto accaduto nel settore del tabacco, dove le compagnie di sigarette, affrontando cause legali su così tanti fronti diversi, alla fine hanno deciso di negoziare con i querelanti.

E in questo particolare momento, in cui si discute ampiamente sulla necessità di accelerare o rallentare l’elettrificazione dei trasporti e del riscaldamento, a parte le questioni di responsabilità, questi casi presentano un altro grosso problema per le grandi compagnie petrolifere: la perdita di credibilità.

Cause legali, è la strada giusta ?

Sapevano di avere un impatto sul clima e sull'ambiente e non hanno fatto nulla.

Questo è il principio, che empaticamente non può essere che condiviso, secondo cui si intentano queste cause che come abbiamo visto nel caso di Shell poi portano anche a delle condanne.

Ma la domanda che pongo a me e ai nostri lettori - ricordando che Ingenio è diretta al popolo tecnico del paese - è se sia la strada giusta.

E' probabilmente vero, lo stabiliranno i tribunali, queste aziende hanno sottostimato, ignorato, mascherato molte delle cose che sapevano di sapere.

Nello stesso tempo, così come una percentuale rilevante della popolazione ha continuato a fumare pur sapendo che il fumo crea danni irreversibili alla salute, noi tutti abbiamo continuato a utilizzare le automobili anche quando un treno, una bicicletta o una camminata potevano essere una valida alternativa, abbiamo alzato le temperature delle nostre case a 23 gradi di inverno e abbassate a 18 gradi d'estate, abbiamo preso l'ascensore anche per fare un piano, anche in discesa, abbiamo comprato televisori enormi a 4k guardando contenuti in streaming. 

Noi che ora accusiamo siamo gli stessi che hanno consentito a queste aziende di crescere e diventare quasi insostituibili. Noi con il nostro comportamento insaziabile.

Abbiamo fatto quello di cui accusiamo queste aziende: ce ne siamo fregati. Anzi continuiamo a fregarcene.

Quale la strada quindi ? assecondare un principio di autoassoluzione totale, in cui siccome siamo tutti colpevoli allora nessuno è colpevole ?

Non credo sia questa la strada.

Ma ricordandoci  che l'Europa contribuisce a solo l'8% delle emissioni climalteranti ed è l'unico territorio in cui vi è una sensibilità crescente e un'azione forte su questi temi, credo che sia necessario avviare una strategia  tale che porti l'industria a produrre in modo corretto sui nostri territori, e al tempo stesso spingere, anche con azioni legali, le stesse a operare in modo sostenibile in tutto il mondo, arrivando a mettere barriere di ingresso - che vadano oltre la carbon tax - per quello che viene prodotto in modo diverso.

L'amministrazione Biden approva il permesso chiave per il gasdotto del West Virginia

L'amministrazione Biden ha concesso un permesso cruciale per il Mountain Valley Pipeline, nonostante l'opposizione degli esperti di clima e dei gruppi ambientalisti. La mossa inietta slancio nel progetto da 6,6 miliardi di dollari, destinato a trasportare gas a circa 300 miglia dai campi di scisto Marcellus in West Virginia attraverso quasi 1.000 corsi d'acqua e zone umide prima di finire in Virginia.
Negli ultimi mesi, Biden ha preso provvedimenti per rafforzare i combustibili fossili e placare i centristi, cercando anche di deviare le critiche repubblicane secondo cui le sue politiche climatiche stanno danneggiando la sicurezza energetica americana. La sua amministrazione ha approvato l'enorme progetto petrolifero di Willow in Alaska, nonché l'aumento delle esportazioni di gas naturale liquefatto dall'Alaska. 

Le scelte sostenibili richiedono risorse economiche e umane.

Sono questi i punti su cui dobbiamo concentrare la nostra azione.

Meglio l'obbligo di investimenti rispetto a delle multe. Se vogliamo un'industria sostenibile dobbiamo sostenere questi investimenti, perchè senza risorse non ci possono essere cambiamenti, e se senza cambiamenti non può esserci industria, poi senza industria non c'è lavoro, e senza lavoro non ci sono tasse, commercio, ...

Meglio investire nel miglioramento energetico degli edifici che sul rifacimento delle facciate. Se le risorse sono limitate vanno gestite sulle priorità. E se il clima è una priorità allora non si può da un lato chiudere i finanziamenti per le case green e dall'altro aumentare la spesa bellica, i redditi fasulli, gli incentivi inutili.

Meglio investire su un sistema di formazione delle conoscenze perchè aumenti il tasso di laureati tecnici in Italia piuttosto che sui bonus a televisori e monopattini. 

Ma qui si aprirebbe un altro tema, su cui potremmo scrivere un libro.

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