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Cassazione: la doppia conformità sismica è indispensabile per ottenere la sanatoria del Testo Unico Edilizia

Il rispetto del requisito della doppia conformità è da ritenersi escluso in caso di violazione della disciplina antisismica

Senza doppia conformità sismica non c'è sanatoria

La portata della sentenza 2357/2023 depositata lo scorso 20 gennaio dalla Corte di Cassazione Penale (Sez.III) è notevole perché, per la prima volta, va a impattare sulla cd. doppia conformità sismica, che secondo la Corte suprema è necessaria ai fini dell'accertamento di conformità urbanistico, che a sua volta è condizione sine qua non per l'ottenimento della sanatoria ordinaria.

Senza questa doppia conformità sismica (tradotto: l'opera deve essere conforme, a livello sismico, sia 'prima' che 'dopo', cioè sia all'epoca della commissione dell'abuso edilizio che alla data di presentazione della domanda di sanatoria), il titolo sanante edilizio, cioè il permesso di costruire in sanatoria ex art.36 del dpr 380/2001, è invalido.

Semplificando: non esiste sanatoria edilizia senza doppia conformità sismica.

Con questa pronuncia, quindi, la giustizia penale si allinea a quella amministrativa, che già si era espressa nei termini di cui sopra in passato, con tutte le conseguenze del caso.

Il reato edilizio contestato

Analizzando la pronuncia, scopriamo che la Corte d'Appello aveva condannato la ricorrente per i reati edilizi, nonchè delle violazioni in materia di cemento armato e della normativa antisismica (art.44 lett. b), 64/71, 65/72, 93/95 del Testo Unico Edilizia.

Secondo la difesa, la Corte ha erroneamente ritenuto che il permesso di costruire in sanatoria, richiesto e ottenuto dal comune, non produccesse l'effetto estintivo del reato edilizio, visto che era stata accertata la doppia conformità.

La doppia conformità propria e quella giurisprudenziale

Per la Cassazione, che peraltro affronta il caso sotto plurimi aspetti, non c'è dubbio alcuno sul rilascio improprio del titolo in sanatoria.

La norma (cioè l'art.36 del dpr 380/2001) - sottolinea la Corte - impone la doppia conformità, cioè l'intervento realizzato deve risultare conforme alla disciplina edilizia ed urbanistica vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria e solo se a tali casi è possibile ricondurre l'effetto estintivo di cui all'art.45 dpr 380/2001.

Ma, come già sostenuto in precedenti sentenze, la sanatoria idonea ad estinguere il reato ex art.44 dpr 380/2001, a precludere l'irrogazione dell'ordine di demolizione dell'abuso ex art.31 comma 9 del TUE e a determinare, eventualmente, la revoca dello stesso ordine di demolizione, può essere solo quella rispondente in tutto e per tutto all'art.36, cioè alla doppia conformità urbanistica della sanatoria propriamente detta, che non si deve confondere con la sanatoria impropria o "giurisprudenziale", cioè il riconoscimento della legittimità di opere originariamente abusive che, solo dopo la loro realizzazione, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica.

Qui la doppia conformità non c'è

Ma nel 'nostro' caso, proseguono gli ermellini, la doppia conformità non c'è: per sviluppare la volumetria richiesta dalla sopraelevazione edilizia, infatti, il terreno non aveva la cubatura necessaria, garantita solo in un secondo momento dall'intervento della figlia del ricorrente, che doveva infatti chiedere un ulteriore permesso in sanatoria.

Insomma: il riferimento dell'art.36 alla conformità vigente al momento della realizzazione dell'opera è inteso con riferimento alla situazione fattuale dell'epoca, sulla base del quale dovrà essere verificata la doppia conformità. Il solo asservimento di maggiori superfici a quelle originariamente disponibili non può far si che le opere si ritengano assentibili anche al momento della loro realizzazione in assenza di permesso di costruire o in totale difformità da quello ottenuto, visto che la situazione contingente del momento non lo consentiva.

Qui, quindi, la Corte tratta la parte della doppia conformità edilizia e urbanistica, che di fatto è piuttosto nota, anche se, come si può ben vedere, sempre particolarmente complessa.

Ai confini dell'autorizzazione sismica postuma

Ma è nel proseguo che si va a toccare la doppia conformità sismica.

Il rispetto della doppia conformità, sottolinea la Corte suprema, è escluso anche dalla violazione della normativa antisismica, per il quale è intervenuta la condanna della ricorrente.

Il raccordo tra norme antisismiche (art.83 e seg) e 'urbanistiche' (art.36) del Testo Unico Edilizia, continuano gli ermellini, è problematico, ma considerando le finalità di tutela dell'incolumità pubblica che la disciplina persegue e la diffusa sismicità della Penisola, è anche piuttosto delicata.

Per la prima volta quindi la Cassazione entra nel merito, domandandosi se:

  • è possibile rilasciare un'autorizzazione sismica postuma?
  • quali sono i rapporti tra i titoli conseguiti in base alla disciplina antisismica e il permesso di costruire?
  • può essere rilasciato un permesso di costruire in sanatoria per interventi abusivi eseguiti in zona sismica?

Dopo un 'recap' sull'autorizzazione sismica (cos'è, come si ottiene, ecc), si entra nel punto: attualmente la disciplina antisismica non contempla alcuna forma di sanatoria o autorizzazione postuma per gli interventi eseguiti senza titolo, prevedendone invece la semplice riconduzione a conformità, ex art.98 comma 3, secondo cui le opere o parti di esse costruite in difformità dalla disciplina sismica vanno demolite.

Ma l'art.98 dispone anche che il Giudice possa impartire le prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi alla disciplina, fissando il relativo termine.

Tradotto: il Testo Unico Edilizia non prevede effetti estintivi del reato conseguenti alla regolarizzazione postuma, ma neppure effetti 'sananti', fermo restando che la demolizione può essere evitata se la regolarizzazione è possibile. Manca, quindi, una procedura che consenta all'interessato di chiedere un'autorizzazone sismica postuma.

Se non è in regola a livello sismico, un'opera non può essere sanata

In definitiva, l'abuso edilizio che non rispetta le norme antisismiche (cioè illecitamente realizzato in zona sismica) è segnato qualora scatti la demolizione in quanto in contrasto con la normativa urbanistica (vale anche per l'art.44 del Testo Unico Edilizia) visto che l'art.94 regola l'autorizzazione sismica per l'inizio dei lavori "fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo dell'intervento edilizio".

L'autorizzazione, cioè, costituisce presupposto tassativo ai fini del rilascio del titolo edilizio (scia o permesso).

Partendo da questo collegamento stretto, la Corte continua osservando che se la possibilità di ottenere un'autorizzazione sismica in sanatoria adi intervento ormai eseguito non è possibile, viene a mancare il necessario presupposto per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria.

In definitiva, la soluzione che il Collegio condivide, partendo dal presupposto che il deposito allo sportello unico, dopo la realizzazione delle opere, e quindi "a sanatoria" della comunicazione richiesta dall'art.93 del Testo Unico Edilizia e degli elaborati progettuali non estingue la contravvenzione antisismica, è che il rispetto del requisito della doppia conformità è da ritenersi escluso in caso di violazione della disciplinan antisismica, come avvenuto, appunto, nel caso in questione.

LA SENTENZA E' SCARICABILE SUL SITO UFFICIALE DELLA CASSAZIONE

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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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