Data Pubblicazione:

Chi era Riccardo Morandi: sulla figura professionale e le sue opere

Riccardo Morandi, l’uomo, l’ingegnere e le opere

Sulla figura professionale

riccardo morandiRiccardo Morandi è un ingegnere romano morto nel 1989 all’età di 87 anni; cresce in un momento particolarmente felice per la professione dell’ingegnere e diventa una figura centrale per i processi costruttivi, economici, produttivi e urbanistici nel Paese Italia. Nel campo della tecnica delle costruzioni è stato uno dei pioneri ed ha lasciato molte “opere” di ingegneria di notevole importanza strutturale ed architettonica, con concezioni strutturali innovative, tecniche costruttive evolute e con nuovi materiali costruttivi, quali il c.a.p. Ha impersonato in modo esemplare la figura dell’ingegnere “libero professionista”, mantenendo una posizione di netta indipendenza nei riguardi del potere, talché gli incarichi professionali gli furono sempre conferiti sulla base del prestigio personale, grazie all’autorità che gli proveniva dalla competenza, dalla tempestività degli interventi, dall’illuminata individuazione dei fini da raggiungere e dal senso di sicurezza che dimostrava nell’operare; essa aveva le sue ragioni nella limpida intelligenza, nel  fermo carattere, nella ferrea disciplina sul lavoro e nell’organizzazione del lavoro, ove nulla accadeva che non fosse da lui impostato, approvato e infine controllato personalmente. Con tali principi ha prodotto opere di eccezionale importanza e qualità e che possono definirsi ancora oggi “capolavori” di ingegneria; il  numero delle opere da lui progettate e realizzate è notevolissimo.

Morandi rispettava scrupolosamente la sequenza metodologica di un progetto che incorpora l’intero ciclo, dall’idea dell’opera alla sua realizzazione; così riesce ad assumere sia i dati tecnologici dei materiali e dei processi costruttivi che il progettista, nella concezione di Morandi, deve sempre conoscere in maniera approfondita, unitamente alle condizioni oggettive dei luoghi, delle imprese che dovevano realizzare l’opera, delle maestranze e delle disponibilità economiche.

La personalità di Morandi si inserisce nel filone dei “ costruttori” delle grandi opere di c.a. e c.a.p. che, prendendo l’inizio da Franϛois Hennebique, prosegue con le figure di Robert Maillart, Eugėne Freyssinet, Edoardo Torroja, Pier Luigi Nervi, Felix Candela.

Trattasi di uomini che, anche se operanti in diverse condizioni di tempo e di luogo, hanno in comune alcune doti, convincimenti e finalità di base quali:

  • la padronanza del magistero realizzativo, acquisita con una continua, consapevole e creativa pratica sperimentale e di cantiere;
  • la capacità di “sentire” la natura, le potenzialità, le limitazioni del materiale, al di là di ogni norma e realizzazione;
  • le innate doti di creatore di forme architettoniche e la ricerca dell’espressione conseguita con lo strumento strutturale;
  • la concezione di forme strutturali originali, semplici, equilibrate e nel contempo ardite, da tutti immediatamente percepibili e di proporzioni tali che ogni variante può apparire ingiustificata;
  • la sintesi progettuale a priori, che tiene conto del processo realizzativo prescelto e si esprime con schemi e disegni nei quali dimensioni e dettagli costruttivi sono destinati ad essere confermati dalle successive verifiche mediante l’ausilio degli strumenti matematici ai fini del controllo della progettazione e delle verifiche.

Egualmente importante è lo studio dei rapporti con altri autorevoli protagonisti dell’epoca, più legati al mondo accademico, quali ad esempio Mőrsch, Danusso, Dischinger, Ros, Finsterwalder, Oberti, Leonhardt.

Nell’opera di Morandi si colloca la progettazione delle grandi strutture in c.a. e c.a.p., impostata non solo sulla ideazione della struttura nella sua realtà finale, ma anche sullo studio delle diverse fasi realizzative e, in ciascuna fase, dei mezzi d’opera strettamente necessari alla loro realizzazione pratica. Nel suo rapporto con le tecnologie del precompresso determina una stretta correlazione fra brevetto, processo di realizzazione industriale, spazio imprenditoriale per l’applicazione, Enti e operatori pubblici che legittimano l’affermazione del prodotto sul mercato. Morandi in tutte le sue opere è stato sempre l’unico responsabile dell’intero progetto, cioè della progettazione funzionale, di quella strutturale e anche dei metodi di costruzione; tutte le sue strutture in c.a., sono state eseguite con un sistema di precompressione da lui espressamente sviluppato per permettere la realizzazione delle sue strutture in accordo con le sue idee. Il primo brevetto relativo al “sistema Morandi” di precompressione risale al lontano 1948. Tutte le opere sono state progettate da Morandi in prima persona, con stretta osservazione del principio di assumere su di sè tutte le responsabilità della progettazione e del controllo dell’esecuzione.

Inoltre Morandi ha sempre creato un rapporto privilegiato con le imprese; i suoi committenti sono stati infatti le imprese, né l’istituzione pubblica, né il privato, ma proprio le imprese edili che riponevano nello sua capacità realizzativa una immensa fiducia che derivava dalla sua notevole conoscenza ed esperienza  acquisita sul campo. A quest’impegno si collocano direttamente le attività e le ricerche riguardanti i sistemi costruttivi quali:

  • la realizzazione di un proprio sistema di precompressione, ideato e sviluppato secondo criteri personali nell’intento di ottenere i migliori risultati nelle singole situazioni progettuali;
  • lo sviluppo delle tecniche di trattamento dei getti e della prefabbricazione;
  • lo studio dei diversi procedimenti di costruzione e delle corrispondenti attrezzature e tecnologie.

Seguono le progettazioni in vari campi dell’ingegneria civile: edifici di spettacolo e dell’edilizia abitativa, chiese, impianti industriali, infrastrutture aeroportuali e stradali. Il suo lavoro è legato in particolare agli edifici industriali ed ai ponti: le opere industriali richiedono notoriamente grandi luci per permettere lo svolgersi di attività particolari e ancora grandi luci sono alla base della concezione strutturale del ponte.

Le componenti progettuali, le architetture di Morandi, qualunque sia la loro natura, opifici, sale cimatografiche o spazi collettivi di diversa natura, rimandano sempre all’applicazione di una tecnologia che è esattamente quella impiegata nella costruzione dei ponti.

Sulle opere di Riccardo Morandi

Tutto ciò premesso sulla figura professionale dell’ingegnere, è utile ora richiamare alcune realizzazioni, con un breve commento sui vari aspetti dell’opera di Morandi, ripercorrendo la numerosa massa di studi, progetti, brevetti che costituiscono la lunga produzione di Morandi. L’idea è quella di correlare strettamente l’analisi delle opere di Morandi ad alcuni periodi della storia dell’Italia; insomma si vuole scorrere brevemente, ma significativamente, un catalogo delle opere e della pluralità dei temi di lui affrontati.

L’attività di Morandi occupa un arco storico particolarmente ampio perché si estende su un periodo di sessant’anni e cioè dalla fine degli anni venti fino alla fine degli anni ottanta. Un arco di tempo molto lungo nella vita di un uomo che si è impegnato nel campo primario della progettazione e realizzazione di grandi strutture in cui la complessità delle operazioni previste nelle varie fasi esecutive richiedevano un elevato grado di precisione, sia nella progettazione che nella programmazione e soprattutto nella realizzazione del processo produttivo. La semplice rassegna di tutta l’opera di Morandi dalle chiese in Calabria, alle fabbriche, alla organizzazione della comunità di Colleferro, e poi ai ponti, ai cinema e a tutte le altre costruzioni che portano il suo segno risulta ampia ed articolata. Per tutti gli anni ’60, l’impegno progettuale di Riccardo Morandi si è rivolto quasi esclusivamente ai ponti e ai viadotti, realizzati nell’ambito degli interventi della Cassa per il Mezzogiorno e della costruzione della rete autostradale italiana. L’oggetto strutturale a cui egli si è rivolto in maniera privilegiata è stato il telaio (monolitico e a conci) come soluzione più approfondita e vantaggiosa per superare grandi luci ( per i ponti, ma anche per gli edifici civili) anche in precompresso ( a conci o non).

Morandi ha sempre adottato morfologie strutturali semplici, quali le soluzioni isostatiche e le tecniche di prefabbricazione a piè d’opera, l’uso delle centine provvisionali.

Morandi preferì per le grandi luci la travata rettilinea precompressa (appoggiata) che gli consentiva, oltre che una maggior affidabilità, la possibilità di riccorrere in modo più esteso e tecnicamente più efficiente alla esecuzione seriale fuori porta. L’adozione della travata precompressa isostatica rappresenta perciò, in questo senso, un preciso punto di arrivo alla sperimentazione progettuale, in quanto essa gli ha consentito di

raggiungere le finalità insieme costruttive, prestazionali e formali che egli perseguiva. Dalla travata, del resto, traggono origine le successive strutture bilanciate e strallate, che hanno concluso il suo percorso progettuale e costruttivo più fecondo durato quasi mezzo secolo. Questa struttura infatti, sia nella versione appoggiata alle estremità sia in quella a sbalzo, si presentava come strumento esecutivo ottimale per risolvere in modo accettabile sia i problemi di assestamento connessi ai lunghi attraversamenti in quota, sia quelli derivanti dallo scavalcamento di corsi d’acqua o di tratti di viabilità ordinaria con contenimento dello spazio sotto-trave, sia anche quelli imposti dai tempi di esecuzione prescritti ( e in genere abbastanza ridotti). Tra le opere a travata mista ( appoggiata e Gerber) occupa un posto particolare il viadotto autostradale sul Setta presso Bologna dove attraversa una larga valle fluviale boscosa circondata da colline di modesta altezza, per la felice ( ma non casuale) convergenza solutiva dei fattori tecnici, architettonici e ambientali: da un lato i vincoli strutturali derivanti dal passaggio in golena e quelli economici di contenimento dei costi del tratto autostradale appenninico e dall’altro quelli politici di immagine, per un’opera così discussa come l’Autosole e quelli più direttamente connessi ai problemi di carattere ambientale. Il percorso tecnologico negli anni’60  si conclude nel suo filone principale con la costruzione dei ponti a trave bilanciata e delle grandi opere a travi strallate. Nascono le travi bilanciate su appoggi a pendolo ( o Gerber a tiranti sottesi) e, per le travi strallate con cavalletti e antenne di sostegno, strutture contrappese, strutture bilanciate a tiranti sottesi ( quale il salone sotterraneo nel Parco del Valentino a Torino). Morandi afferma di aver raggiunto la maturità professionale verso il 1935. A partire da questa data infatti affronta i primi progetti impegnativi ( sale cinematografiche Augustus e Giulio Cesare a Roma; studi urbanistici, chiese, edifici ed impianti a Colleferro). Interviene poi un periodo di attesa e riflessione che si protrae fino al 1945 per studiare le tecniche della precompressione e prepararsi alla redazione dei nuovi progetti che riprendono con la ricostruzione del dopoguerra. Le opere possono essere classificate per tipologie nel modo seguente a partire appunto dal periodo del dopoguerra.

Per brevità non si richiamano le numerose opere tra le quali quelle relative ai cinematografi in Roma, agli stabilimenti industriali e centrali termoelettriche, alle aviorimesse dell’aeroporto di Fiumicino e quindi si richiamano solo le opere più significative qui di seguito elencate nel modo seguente.

Le strutture principali sono portali e telai, generalmente precompressi. In tutte le realizzazioni si notano la chiarezza dell’impostazione strutturale e la sincerità dell’espressione architettonica, che fedelmente denuncia la soluzione statica con chiara scansione degli spazi. L’ultima di queste realizzazioni è la centrale elettronucleare sul Garigliane del 1959.

Ponti ad arco

I primi progetti seguono schemi più o meno tradizionali; si ricordano il ponte della Lupara presso Arenzano ed il ponte sul Sambro lungo l’autostrada Firenze - Bologna, costruiti nel 1952-53. Le arcate hanno sezione a cassone e luce rispettivamente di 100 e 140 m.

Il ponte Nuova Repubblica di Carcas (1953) si distingue per l’inclinazione dei montanti che sostengono l’impalcato; con questa disposizione Morandi intende migliorare lo stato tensionale dell’arco incastrato.

Per la passerella di Vagh e per il ponte sullo Storms Rivers presso Elizabethville viene impiegato il procedimento di costruzione senza centina. Il procedimento consiste nella costruzione di due semiarchi sulle imposte, in posizione prossima alla verticale; i due semiarchi sono vincolati alle imposte con cerniere e l’arcata si realizza facendo ruotare i semicerchi, sostenuti e guidati da stralli, fino ad ottenere la chiusura in chiave.

Storms River Bridge

Ponti ad arco: Storms River Bridge

I due ponti si distinguono per l’esemplare inserimento nel paesaggio e, specialmente il primo, per la snellezza delle membrature.

Ponti a travata a telaio a trave bilanciata

I progetti sono molto numerosi e comprendono in particolare strutture di impostazione tradizionale in c.a. e in c.a.p.

Di maggior interesse sono i primi esempi di ponti a travata cosiddetta bilanciata. Il tipo strutturato è  prossimo a quello adottato da Freyssinet per i ponti sulla Marna: si tratta di una struttura a telaio nella quale ciascun montante si bifora in un puntone inclinato verso la mezzeria della trave ed in un tirante precompresso. I momenti negativi prodotti dal tirante nelle sezioni di innesto del puntoni riducono il momento massimo positivo in campata. Il primo esempio di travata bilanciata è offerto dal ponte sul Cerami presso Enna (1953).

Analogo schema è adottato anche per il ponte Amerigo Vespucci sull’Arno a Firenze (1954-56) posto immediatamente a valle del ponte di S. Trinità. Per esigenze architettoniche i tiranti sono contenuti nelle spalle e non appaiono all’esterno.

Questo ponte è per unanime riconoscimento, uno dei più significativi esempi di corretto inserimento di una opera moderna in un contesto di alto valore storico-ambientale. Sono da notare la sobrietà delle linee, lo sviluppo lineare del prospetto, la snellezza delle travate, frutto di un approfondimento studio progettuale.

La piena maturità di Morandi si ha alla fine degli anni ’60 (1958 – 1972) quando è maggiormente intensa e feconda è la sua attività grazie all’esperienza acquisita nei precedenti progetti.

Travi bilanciate

Lo schema viene ripreso con grande espressività formale nel ponte sul Vella a Sulmona e nel cavalcavia della Via Olimpica a Roma.

Anche se di dimensioni ridotte, il cavalcavia si evidenzia per lo slancio dinamico dei cavalletti di imposta e per la snellezza e l’equilibrio dell’insieme, costruendo un elemento centrale di chiarezza in uno dei nodi viari ed urbanistici più caotici e contraddittori di Roma.

Lo schema della struttura bilanciata è presente anche nel Padiglione sotterraneo per il salone dell’Automobile di Torino.

I tiranti in questo caso sono di piccole dimensioni, innestati sulle pareti laterali che resistono alla spinta della terra. Le travi che sostengono la copertura sono disposte a coppie e sono inclinate sull’asse della struttura: tiranti e puntoni agiscono in corrispondenza dei punti di intersezione delle travi. Ne nasce un impianto a maglie rombiche che assicurano la resistenza alle azioni trasversali. Le difficoltà da superare nella progettazione strutturale ( derivanti dall’entità della luce libera tra le imposte dei puntoni, dalle limitazioni in altezza, dall’entità dei carichi verticali ed orizzontali) sono molteplici. Pur tuttavia dal punto di vista architettonico il salone rientra nel novero delle opere in cemento armato precompresso più valide in senso assoluto.

Ponte ad arco sul vallone della Fiumarella a Catanzaro

E’ uno dei ponti ad arco più grandi del mondo. La sua lunghezza, compresi i viadotti di accesso è di circa 600 m, la luce dell’arcata è di 236 m e l’altezza sul fondovalle è di circa 130 m.

L’opera è stata costruita su centina e consta di due arconi con sezioni a cassone che si biforcano in prossimità delle imposte. L’impalcato è sostenuto da montanti obliqui come nel caso del ponte sullo Storms River; interessante il suo prolungamento nelle strutture a cavalletto dei viadotti di accesso.

Ponti ad arco: “Fiumarella”.

Ponti ad arco: “Fiumarella”.

Il ponte si caratterizza per la forza espressiva dell’arcata ed in particolare delle sue imposte e per l’eleganza del disegno dell’impalcato. Le difficoltà tecniche ed economiche che all’epoca si incontrano nella costruzione dei grandi archi, sia che si impiegasse, sia che si escludesse la centina, indussero Morandi ad abbandonare nel proseguo lo schema dell’arco, adottando in sua vece quello della trave strallata.

Strutture strallate

I primi esempi esempi di strutture strallate atte a superare grandi luci si perdono, per così dire, nella notte dei tempi; le applicazioni ingegneristiche risalgono agli inizi dello sviluppo delle costruzioni metalliche; infatti la prima struttura da ponte in c.a., strallata con stralli precompressi, è dovuta a Torroja (acquedotto di Tempal, 1926).

Il merito dello sviluppo dei ponti strallati in c.a.p. deve ascriversi quasi esclusivamente alle capacità progettuali di Morandi. E’ interessante notare che le prime realizzazioni sono, per i due tipi strutturali, pressoché contemporanee: il primo ponte strallato in acciaio è quello sullo Stromsund in Svezia del 1955, mentre il progetto del ponte di Maracaibo è del 1958.

Ponti strallati: Maracaibo

Ponti strallati: Maracaibo

...CONTINUA LA LETTURA NEL PDF. 

Per scaricare l’articolo devi essere iscritto.

Iscriviti Accedi

Francesco Bellino

Già Professore aggregato di Tecnica delle Costruzioni presso il Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Edile e Geotecnica del Politecnico di Torino - Facoltà di Ingegneria

Scheda