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CILA per lavori di manutenzione straordinaria: le differenze con la SCIA e i poteri del comune

Tar Calabria: la CILA non può essere oggetto di una valutazione in termini di ammissibilità o meno dell’intervento da parte del comune, che però può controllare la conformità dell’immobile oggetto di CILA alle prescrizioni vigenti in materia

CILA, SCIA e altre questioni: i poteri del comune

La CILA (comunicazione di inizio lavori asseverata, art.6-bis dpr 380/2001) è diversa dalla SCIA (segnalazione certificata di inizio attività): l’attività assoggettata a CILA infatti non solo è libera, come nei casi di SCIA, ma, a differenza di quest’ultima, non è sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere soltanto conosciuta dall’amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio. Pertanto siamo di fronte a un confronto tra un potere meramente sanzionatorio (in caso di CILA) con un potere repressivo, inibitorio e conformativo, nonché di autotutela (con la SCIA).

Queste e altre importanti indicazioni sono contenute nella sentenza 2052-2018 del Tar Calabria, relativa al ricorso per l'annullamento dell'avvio del procedimento finalizzato degli effetti della CILA da parte di un comune, che ha chiesto documentazione integrativa sospendendo contestualmente qualunque attività edilizia.

Il rigetto della CILA nel caso di specie

Il comune aveva quindi rigettato una CILA riguardante interventi di manutenzione straordinaria di un immobile, censito al catasto dei fabbricati, chiedendo inoltre l’accertamento della piena regolarità del manufatto e delle facoltà esercitabili dalla stessa sulla menzionata unità immobiliare. Nello specifico, la determinazione di diniego dell'ente territoriale si fonda sulla ritenuta abusività dell’immobile, asseritamente edificato in assenza di titoli edilizi dopo il 28 aprile 1989, data in cui è stato apposto al palazzo in questione vincolo storico-artistico, senza che tuttavia in esso si facesse menzione alcuna circa la presenza dell’immobile oggetto di CILA.

In senso contrario, la deducente sostiene che tale manufatto sarebbe stato realizzato al di fuori del centro abitato, prima del 1967, in un’epoca compresa tra il 1950 ed il 1955, periodo in cui nel comune mancava uno strumento urbanistico, come comprovato da perizia tecnica giurata, corredata da una serie di allegati, comprendenti: una vecchia foto dall’alto, un estratto dalla tavola n. 6 c del vigente P.R.G., un servizio fotografico sull’immobile e sui materiali con annesso verbale del giuramento reso dal perito dinanzi al cancelliere del Tribunale di Vibo Valentia, nonché dichiarazioni testimoniali.

La CILA è una via di mezzo tra l'edilizia libera e la SCIA

Secondo il Tar, è fondata la domanda con cui la ricorrente denuncia la nullità dell’avversato rigetto, in quanto espressione di un potere non tipizzato nell’art. 6-bis dpr 380/2001. La CILA, introdotta dall'art. 3, comma 1, lett c), d.lgs. 222/2016 è infatti qualificata come “un istituto intermedio tra l’attività edilizia libera e la s.c.i.a.”, ascrivibile, al pari del secondo, nel genus della liberalizzazione delle attività private.

In particolare, la CILA ha carattere residuale, poiché applicabile agli interventi non riconducibili tra quelli elencati agli artt. 6, 10 e 22 dpr 380/2001 e riguardanti, rispettivamente, l’edilizia libera, le opere subordinate a permesso di costruire e le iniziative edilizie sottoposte a SCIA. In base, poi, alle prime pronunce giurisprudenziali, la CILA è ritenuta atto avente natura privatistica, come tale non suscettibile di autonoma impugnazione innanzi al g.a.

Non solo: i giudici amministrativi evidenziano come la PA, in materia edilizia mantenga fermo, sulla scorta del regime giuridico di cui all’art. 27 dpr 380/2001, un potere di vigilanza contro gli abusi, implicitamente contemplato dallo stesso art. 6-bis, dpr 380/2001.

Quindi, in definitiva: il diniego della CILA è nullo ai sensi dell’art. 21-septies, legge 241/1990, poiché espressivo di un potere non tipizzato nell’art. 6-bis, dpr 380/2001, salva e impregiudicata l’attività di vigilanza contro gli abusi e l’esercizio della correlata potestà repressiva dell’Ente territoriale.

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