Comfort e Salubrità
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Climatizzazione e contagio da Covid-19 negli ospedali: rischio quasi nullo?

L'articolo fa parte dell’inserto Block Notes della rivista A&B curata dagli Ingegneri della provincia di Genova che ha realizzato un documento monotematico contenente le Linee Guida per rinnovare la medicina territoriale con approccio ingegneristico.

Nello studio coinvolte varie personalità di spicco

Un approfondimento sul tema affrontato in questo articolo, in tutti i suoi molteplici risvolti, si è reso necessario visto il diluvio di pubblicazioni che ha investito il nostro Paese all'inizio dell'emergenza sanitaria mondiale cd. COVID-19, da parte di autorevoli associazioni del settore impiantistico HVAC (Heating Ventilation Air Conditioning), secondo le quali - per contrastare il rischio della diffusione del contagio negli ambienti indoor sarebbe necessario intervenire a più livelli sugli impianti di riscaldamento,  raffrescamento e ventilazione.

Una trattazione specifica è stata riservata nel merito al settore ospedaliero, e le indicazioni diffuse sono state subito prese in grande considerazione dalle istituzioni sanitarie, prima nazionali e a seguire regionali; come legge del mercato vuole, a nuova domanda non ha tardato ad arrivare nuova offerta, da parte di operatori economici del settore sia impiantistico sia delle pulizie/sanificazioni, quest’ultimo particolarmente cresciuto negli ultimi 18 mesi.

Nel mare magnum delle tipologie impiantistiche HVAC, sotto la lente d’ingrandimento naturalmente sono finiti gli impianti a convezione forzata, cioè quelli che per riscaldare o raffrescare un determinato ambiente, presentano sistemi di emissione che muovono l’aria in essi contenuti, con le più inimmaginabili conseguenze per la movimentazione dei cd. droplet di qualsivoglia granulometria.

Gli interventi suggeriti dalla neo-letterattura tecnica, che vanno dall’incremento della frequenza di banali interventi di ordinaria manutenzione (come ad esempio pulizia, sanificazione e/o sostituzione dei filtri) a veri e propri lavori con modifiche strutturali più o mneo invasive dell'architettura della funzionalità impiantistica, partono tutti dal medesimo assunto - sostanzialmente aprioristico -  che  gli impianti a convezione forzata siano un fattore di aggravio del rischio di contaminazione, come già accaduto in passato per tutt’altre tipologie di infezioni, quali ad esempio quelle di natura batterica come la Legionella.

 

Climatizzazione e contagio da Covid-19 negli ospedali: rischio quasi nullo?

 

Tutto ciò premesso, pur condividendo pienamente l'approccio cautelativo nell’addentrarsi in un universo ancora poco conosciuto, in ossequio alla sicurezza non solo dei pazienti ma anche degli operatori sanitari, abbiamo creato una piccola task force di professionisti, tutti operanti a vario titolo in ambito sanitario, iniziando così uno studio specifico di rara multidisciplinarietà durato più di un anno.

Ognuno di noi ha messo a disposizione le proprie competenze, da una parte per amore della conoscenza e dall’altra per l’assenza di prove scientifiche robuste circa il contagio per trasmissione air-borne, mettendo in discussione talune delle più recenti determinazioni in merito al rischio di contagio per via aerea, per rispondere alla domanda: “Ma gli impianti a convezione forzata costituiscono davvero un fattore di aggravio del rischio di trasmissione dell’infezione da COVID- 19?”? Che potrebbe essere banalizzata in: “Gli impianti di condizionamento trasmettono il virus?”

Quanto riportato in questo articolo, che tratta sostanzialmente gli aspetti ingegneristici interagenti con l’emergenza pandemica, sinora a mio modesto avviso molto trascurati dagli organi di informazione, si lega a filo doppio con uno studio ancora inedito stante la continua evoluzione del virus, condotto dall’ Università degli Studi di Genova presso l’Ospedale Policlinico San Martino e diretto dal Prof. Alberto Izzotti; che ha visto coinvolte diverse professionalità del calibro del Dott. Dimitri Sossai, autentico “padre” della sicurezza negli ambienti di lavoro in Italia; del Prof. Matteo Bassetti, che ritengo non necessiti di presentazione, non ché la competenza di una delle migliori aziende italiane in ambito di prevenzionedi  infezioni nosocomoliali come Gadomed, che ha messo a disposizione gli strumenti di campionamento oltre al proprio know how.

 

Breve panoramica sulle tipologie impiantistiche in ambiente ospedaliero

Senza entrare nel merito dei parametri odierni, secondo i quali si dovrebbero progettare e realizzare gli impianti HVAC in ambiente ospedaliero, con tutte le differenziazioni in funzione della specifica destinazione d’uso in nessun altro caso tanto varie come in sanità, vediamo brevemente quali impianti ha trovato il coronavirus SARS- COV-2 all'interno degli ospedali italiani, condizioni che facilmente si possono presumere con buona approssimazione estendibili a tutti gli altri Paesi industrializzati.

Orbene tralasciando gli impianti tipici delle aree non sanitarie dove ancora oggi non solo negli ospedali ma anche nel terziario, uffici, ristoranti  e  quant’altro, non esistono impianti di ventilazione meccanica, restringiamo il campo alle due principali grandi famiglie impiantistiche che sono:

  • 1) Impianti a tutta aria;
  • 2) Impianti ad aria primaria.

I primi si chiamano così in quanto utilizzano l’aria come vettore per la climatizzazione, opportunamente trattata attraverso specifiche macchine chiamate in gergo UTA che sta per Unità di trattamento aria, talvolta chiamate anche CTA (Centrali di trattamento aria).

L’aria svolge in tal caso la duplice funzione di climatizzare e di rinnovare l’aria ambiente (fatto salvo il raro caso delle UTA a tutta aria ricircolata), estraendo quella “viziata” ed immettendo aria esterna. La portata immessa in ambiente non è mai o non dovrebbe essere inferiore ai 6 vol/h per garantire un efficace “lavaggio” dell’ambiente. Tali impianti si trovano solitamente dove si svolgono le attività sanitarie più delicate e quindi dove sono richiesti elevati standard di qualità dell’aria cd. IAQ (Internal Air Quality) come sale operatorie, reparti di sterilizzazione, camere bianche, degenze di immunodepressi, oppure dove si possono trovare concentrazioni di aria potenzialmente nociva e/ o maleodorante come reparti infettivi, medicina nucleare, sale autopiche, obitori.

L'articolo continua...

 


L'inserto Block Notes della rivista A&B

L'articolo fa parte dell’inserto Block Notes della rivista A&B curata dagli Ingegneri della provincia di Genova, uscito nel settembre 2021 per proporre alla Regione Liguria e ad Alisa, l’Agenzia Regionale Sanitaria della Liguria, di realizzare insieme il progetto elaborato dalla Commissione Sanità dell’Ordine partendo da un presupposto: il crollo del sistema sanitario nazionale di fronte alla pandemia ha dimostrato come l’attuale sistema ospedalocentrico non solo non regge di fronte alle emergenze di qualunque tipo, ma ha bisogno di nuovi criteri, basati sull’uso di strumenti come metodi informatici geografici (GIS), e analisi decisionale multicriterio (MCDA), di cui si fa largo uso in campo ingegneristico, per elaborare un piano sanitario corrispondente alle esigenze dei cittadini nell’ambito della medicina territoriale e in vista degli strumenti finanziari che arriveranno dal PNRR. Dopo la pubblicazione dell’inserto monotematico “Liguria, Rivoluzione Sanità. Dagli Ingegneri le proposte per un approccio scientifico. Progetto per la medicina territoriale”, la Commissione Sanità dell’Ordine è stata convocata dal Presidente della Commissione Sanità e sicurezza della Regione Liguria, Brunello Brunetto, per un primo incontro durante il quale il progetto è stato spiegato nei dettagli, riscuotendo interesse. > SFOGLIA L'INTERO INSERTO CON TUTTI GLI ARTICOLI

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Si ringrazia l'Ordine degli Ingegneri della provincia di Genova e la direzione della rivista A&B per la gentile collaborazione e per averci consentito la pubblicazione integrale del suddetto articolo.

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