Condono edilizio in zona tutelata: il comune deve provare la presenza del vincolo
Se il privato fornisce documentazione volta a dimostrare l'insussistenza del vincolo gravante sull'area in cui è stata realizzata l'opera, il comune deve di contro depositare documenti e prove a suffragio della propria tesi per la quale, invece, le opere si trovano in zona assogettata a vincolo. In caso contrario, il diniego di condono è illegittimo
Il terzo condono edilizio (DL 269/2003) in zona vincolata è più ristretto rispetto agli altri due precedenti condoni del 1985 e 1994, ma ci sono dei casi nei quali il comune deve fornire prove convincenti sul fatto che l'abuso per il quale si richiede la sanatoria è stato realizzato effettivamente in zona sottoposta a vincolo, soprattutto se il privato presenta della documentazione di senso contrario.
E' il caso della sentenza 15375/2024 del 29 luglio 2024 del Tar Lazio, che si occupa del ricorso contro un provvedimento di rigetto dell'istanza di condono edilizio presentata per alcune opere abusive.
Il difetto di istruttoria
I ricorrenti censurano il difetto di istruttoria dell’amministrazione procedente; la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del DL 269/2003 (convertito con la legge 326/2003) e degli artt. 1, 2 e 3 della legge regione Lazio n. 12 dell’8 novembre 2004.
Terzo condono edilizio: le regole e le zone vincolate
Il Consiglio di Stato, in primis, ricorda i 'paletti' del Terzo condono.
Possono beneficiare della sanatoria straordinaria, ai sensi dell'art.32 comma 26 del DL 269/2003 le tipologie di illecito di cui all' allegato 1:
- a) numeri da 1 a 3 (cd. , nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;
- b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in attuazione di legge regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con la quale è determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio».
Il successivo comma 27, lett d) del DL 269/2003 prevede, poi, che non siano sanabili le opere abusive «realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici».
Le condizioni del terzo condono edilizio: occhio alle differenze tra zone vincolate e non
Niente terzo condono edilizio (sanatoria straordinaria) per quelle opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa.
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In zona vincolata solo restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria
Inoltre, si ricorda che «l'applicabilità del c.d. terzo condono in riferimento alle opere realizzate in zona vincolata è limitata alle sole opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, su immobili già esistenti, se ed in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici».
Inoltre, «in base all'art. 32, comma 26, d.l. n. 269/2003, convertito in l. n. 326/2003, non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell'allegato 1 alla citata legge (c.d. abusi maggiori), realizzati su immobili soggetti a vincoli, a prescindere al fatto che (e anche se) si tratti di interventi conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti al momento dell'edificazione e al fatto che il vincolo non comporti l'inedificabilità assoluta dell'area. Difatti, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, tra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni - e cioè che le opere siano realizzate prima dell'imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo - siano opere minori, senza aumento di superficie e volume (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria). Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, indipendentemente dal fatto che il vincolo non sia di carattere assoluto, non può essere sanato».
La legge regionale ha ristretto ulteriormente il perimetro
In questo caso, tra l'altro, il legislatore regionale ha introdotto una disciplina di maggior rigore che non rende sanabili le opere che determinano un aumento di volume e di superficie realizzate anche prima dell'apposizione del vincolo.
Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. b) della legge regionale del Lazio n. 12/04 non sono, infatti, sanabili le opere abusive «realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all'interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali».
Gli abusi non sarebbero stati realizzati in zona vincolata: la documentazione
Nel caso di specie i ricorrenti hanno prodotto della documentazione volta a dimostrare l’insussistenza del vincolo gravante sull’area in cui è stata realizzata l’opera, o meglio, hanno dedotto, con tanto di relazione tecnica, che il lotto in cui è ricompreso il fabbricato in oggetto non ricadrebbe nel territorio del Parco di Veio, pur essendo prossimo al suo confine.
Zone vincolate: il comune deve fornire prove a sostegno della sua tesi
A fronte di tale documentazione, osserva il TAR, il comune si è limitato ad asserire ellitticamente che esse "non sono state ritenute dal competente Ufficio Tecnico sufficienti al superamento dei motivi ostativi sopra enunciati come rilevato nella Relazione di Valutazioni delle osservazioni in materia vincolistica...".
Tuttavia, poiché come visto l’amministrazione resistente si è costituita in giudizio con una comparsa di mero stile e non ha depositato alcun documento a suffragio della propria tesi, non è possibile per il Collegio comprendere se essa abbia compiuto un’approfondita istruttoria, anche con riferimento alle osservazioni dei ricorrenti.
Di conseguenza, il ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato e obbligo dell'amministrazione di riesaminare l’istanza dei ricorrenti, concludendo il relativo procedimento con un provvedimento espresso e congruamente motivato che tenga conto di quanto espresso nella presente sentenza.
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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
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