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All’origine dell’investimento: i Financial Information Requirements (FIR)

La tendenza che si consoliderà probabilmente nei prossimi anni, nell’ambito della gestione dei contratti pubblici e privati che concernono il settore dell’immobiliare e dell’infrastrutturale, mirerà a generare una condizione di continuità dei flussi informativi attraverso le diverse fasi della formazione e dell’attuazione degli investimenti.

La digitalizzazione al centro dei programmi dei governi europei

Ciò si contestualizza coerentemente all’interno della strategia per la digitalizzazione del Paese recentemente formalizzata nel documento intitolato Italia Digitale 2026, promosso dal Governo Draghi.

Non per nulla, del resto, questo documento è strettamente imparentato al legato che lo stesso Governo ha conferito in merito al Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza (PNRR), nel quale riveste un ruolo primario il sistema informativo per la rendicontazione e per il monitoraggio degli investimenti, benché ciò di cui ci si occupa in questa sede sia, piuttosto, la formazione iniziale delle condizioni di praticabilità dell’investimento.

Come, infatti, si vedrà nel prosieguo delle presenti riflessioni, se è palese come i governi europei stiano cercando di rafforzare, per il settore dell’ambiente costruito, la gestione digitalizzata del ciclo di vita dei cespiti immobiliari o infrastrutturali, attraverso la focalizzazione dei processi di acquisizione dei servizi di architettura e di ingegneria e dei lavori sul medio e sul lungo termine della funzionalità operativa dei beni commissionati, tramite la collocazione dei cosiddetti gemelli digitali entro GAIA-X e gli European Data Space, la nuova frontiera da perseguire risulta essere l’interiorizzazione delle logiche computazionali incentrate sui dati proprie del comparto specifico entro i processi decisionali di finanziamento e di investimento.

Segnatamente, all’interno della piattaforma tedesca dedicata a GAIA X vi è una sezione appositamente dedicata all’ambiente costruito.

Interiorizzazione dei flussi informativi per una corretta gestione degli investimenti

Si osservi, anzitutto, che la centralità acquisita recentemente dal Life Cycle Management metta inevitabilmente in secondo piano le fasi temporali relative agli interventi principali, tanto inerenti alla loro concezione quanto alla successiva loro realizzazione: o meglio, costringono i promotori a situare ogni investimento legato alla Capital Expenditure (CAPEX) alla Operational Expenditure (OPEX), ma è proprio questo nesso che richiede uno sforzo ulteriore di interiorizzazione dei flussi informativi legato all’investimento medesimo nella sua genesi (o nella morfogenesi?) economico-finanziaria (ma pure sociale ed ambientale).

Ciò spiega perché la tematica, sempre più impellente, degli ESG (Environmental Social Governance) Criteria assuma un carattere, dal punto di vista della digitalizzazione, geo-spaziale in senso ampio.

Tra l’altro, sinora l’approccio geo-spaziale, da estendersi anche alle applicazioni satellitari, è stato proposto come finalizzato alla gestione dei patrimoni costituiti da edifici, infrastrutture e reti, ma è chiaro che il suo primo ambito di applicazione risieda nella configurazione economico-finanziaria della operazione di investimento e di sviluppo.
Di più: tale approccio deve essere contestualizzato entro il tema della Securitization, come già dimostra il report dell’European Banking Authority sulla sustainable securitisation.

Ciò comporta l’anticipazione della gestione dei dati e delle informazioni, di pertinenza del settore dell’ambiente costruito, attuabile a partire dalla formazione della volontà dell’investimento, pubblico, privato o partenariale, a una fase precoce, nella quale sussistono le strutture di dati relative alle aree di intervento e al loro contesto economico, sociale, amministrativo e politico, senza che esse siano compiutamente in-formate, vale a dire, che assumano una forma maggiormente compiuta attraverso studi di fattibilità e documenti di briefing.

Per certi aspetti, tale passaggio implica una sorta di dis-intermediazione tra due settori che, peraltro, nei tempi recenti, hanno dato adito ad atteggiamenti di una certa diffidenza.

Non dimentichiamo, peraltro, che già con alcuni documenti preliminari all’avvio della progettazione di fattibilità tecnico-economica, per quanto concerne i contratti pubblici, inerenti alla valutazione dei quadri esigenziali e delle alternative progettuali, si sta consolidando una progettualità anteriore alla progettazione che richiederebbe un ulteriore movimento all’indietro verso la programmazione dell’investimento.

Stato dell'arte: cosa manca e obiettivi futuri

Al momento attuale, l’assenza più evidente riguarda la configurazione iniziale di modelli e di strutture di dati, inerenti al territorio, non solo fisico, di riferimento e alla situazione del sedime che possano migrare in maniera interoperabile dalla programmazione pluriennale e annuale degli investimenti, pubblici, privati o partenariali sino alla definizione dei requisiti informativi di carattere organizzativo, patrimoniale e specifico relativi al procedimento tecnico-amministrativo o alla commessa (cosiddetti in gergo RIR, OIR, AIR, PIR, EIR), così come suggerito dalle normative internazionali delle serie UNI ISO 21500, UNI ISO 31000 e UNI EN ISO 19650.

È chiaro, infatti, che una concezione allargata del 3D City Modeling debba stare all’origine sia delle analisi e degli studi di fattibilità dell’intervento sia della sussistenza delle condizioni economiche e finanziarie per il finanziamento dell’investimento. D’altra parte, è proprio nei confronti dei 3D City Model che si inizia a guardare in termini di Digital Twinning.

Di conseguenza, gli ESG Criteria, in rapporto alla rigenerazione urbana, non potranno che assumere quella natura geo-spaziale di cui si menzionava, proprio al fine di governare i rischi positivi e negativi, che stanno alla base della Finanza Sostenibile e che, in definitiva, si ricongiungono come indicatori quantitativi a quelli prettamente finanziari.

L’obiettivo che ci si dovrebbe prefiggere da parte del settore dell’ambiente costruito è, infatti, come detto ripetutamente in queste note, quello di rendere del tutto interoperabili i dati e gli algoritmi che presiedono alla costruzione finanziaria dell’investimento e alla sua valutazione di impatto ambientale e sociale con la configurazione dei contenitori informativi e dei modelli informativi che scaturiscono dalla definizione incrementale dei requisiti informativi che sfociano nel cosiddetto capitolato informativo e di introdurre le informazioni che derivano dai dati strutturati presenti nel cosiddetto ambiente di condivisione dei dati nel sistema di rendicontazione per i criteri ESG.

È significativo, d’altronde, notare come l’introduzione della gestione informativa (della modellazione informativa) nel nostro ordinamento legislativo e giuridico abbia vissuto una progressione, venendo, più o meno effettivamente, ma certo almeno nella percezione, alla fase della committenza e a quella della progettazione, per poi essere proiettata in quelle successive della realizzazione e della gestione degli investimenti e delle corrispondenti opere, ma solo nel futuro sarà compresa pienamente nei passaggi a monte della committenza stessa.

A questo proposito, la digitalizzazione dei processi autorizzativi, ancor prima e meglio di quella, più vicina, dei servizi di acquisizione, segnerà un punto di svolta.

La digitalizzazione dei processi autorizzativi comporta, infatti, nel medio periodo, che i quadri regolamentari siano riformulati in maniera comprensibile ed elaborabile dagli algoritmi, favorendo una spinta autonomizzazione dell’istruttoria e, in parte, delle deliberazioni da una componente soggettiva.

La qual cosa, di per se stessa, favorisce, dunque, la celerità e la affidabilità del procedimento amministrativo, riducendo il rischio a esso connesso, oggi percepito come elevato sia nell’ambito dei contratti pubblici sia in quello dei contratti privati.

Risk Management: il ruolo della digitalizzazione

Non bisogna dimenticare, peraltro, che l’adozione della digitalizzazione quale driver della riconfigurazione dei settori economici, all’interno delle strategie e delle politiche industriali e, segnatamente, di quello della costruzione o dell’immobiliare, sia stata, sin dall’inizio, tutta incentrata sulla mitigazione del rischio di insuccesso degli investimenti, dalla riduzione della complessità, della contrazione dell’incertezza e della predittività degli eventi.

In quest’ottica, devono essere interpretate le scelte del governo britannico, ai tempo del chief construction adviser Paul Morrell, nel Governo Brown e nel Governo Cameron-Clegg, a seguito di una sequela quasi secolare di progetti riformisti o il rapporto finale del ministero federale tedesco all’epoca del ministero Scheuer, rivolto ai grandi fallimenti denominati Baudesaster, ma anche, in altro modo, quelle della Duflot, nel suo dicastero (du logement et de l'égalité des territoires) presso il Governo Ayrault.

In un certo senso, provocatoriamente, occorrerebbe affermare che sia giunto il tempo di sottrarre la tematica dallo stretto alveo delle pratiche professionali e imprenditoriali, per ricondurlo nel flusso delle policy e delle culture industriali, ben oltre l’orizzonte, non del tutto estraneo, della industrializzazione edilizia.

Ciò accade, appunto, perché, il Risk Management appare centrale al riguardo del Project Management e dell’Information Management.

Sotto questo profilo, l’identificazione e la sovrapposizione dell’Information Management con l’Information Modeling non ha giovato a una migliore comprensione della digitalizzazione da parte del settore, poiché ha privilegiato i risvolti geometrico-dimensionali, più vicini alla cultura e alla tradizione della rappresentazione analogica, anziché della simulazione computazionale.

Naturalmente, la costituzione incrementale di anagrafi patrimoniali digitali alimentate da ciò che si definisce come Asset Information Model (AIM) entro un Portfolio o un Programme, potrebbe validamente contribuire ad abilitare procedure di Risk Assessment avanzate, in quanto ne rappresenta una cruciale premessa.

Quello che difetta è, tuttavia, la possibilità di introdurre nei processi di valutazione della finanziabilità e della bancabilità di un investimento strutture di dati (in-formate) in formati che siano, appunto, interoperabili con quelli che si stanno già rivelando come determinanti:

  • Regulatory Information Requirements (RIR), in merito ai vincoli regolamentari di diversa natura;
  • Organization Information Requirements (OIR), legati alle strategie di soddisfacimento dei bisogni, dei benefici e delle opportunità del soggetto promotore;
  • Asset Information Requirements (AIR), rivolti alle politiche di gestione e di valorizzazione dei cespiti immobiliari e infrastrutturali;
  • Project & Exchange Information Requirements (PIR ed EIR), tesi alla implementazione di uno specifico investimento.

In questo senso, il passaggio ulteriore, preliminare, dovrebbe essere offerto dalla individuazione dei Financial Information Requirements (FIR), che, idealmente, andrebbero a porsi nell’ambito del Pre Project, oltreché nel Portfolio e nel Programme Management.

Figura 1 – I Financial Information Requirements e gli ESG Criteria.

Ciò vale ancor di più allorché si sta avanzando con forza l’esigenza, per il settore dell’ambiente di costruito, di dimostrare al mondo finanziario che le catene di fornitura siano compliant nei confronti degli ESG (Environmental Social Governance) Criteria.

Assicurarsi che non si verifichi alcuna soluzione di continuità è preoccupazione che appare più prossima, al contrario, tra le fasi di affidamento e di esecuzione del contratto, poiché, da un lato, si stanno diffondendo le piattaforme telematiche per le attività di acquisizione dei servizi, dei lavori e delle forniture (di e-Procurement), supportate da sistemi informativi in grado di supportare i processi di autorizzazione e di verifica, mentre, da un altro canto, si stanno diffondendo gli ambienti di condivisione dei dati (Common Data Environment).

Dato che sia le piattaforme telematiche sia gli ambienti di condivisione sono sotto-ordinati alla esistenza di architetture dei flussi di lavoro (Workflow Management), è possibile che la loro futura interoperabilità si risolva anche nel contesto delle relazioni Machine-To-Machine (M2M), rendendo tali procedure semi-autonome o semi-automatizzate, facendo ricorso anche alla Artificial Intelligence, nell’ottica della Computational Law, che si propagherebbe sino alle regioni della risoluzione dei conflitti.

D’altra parte, è prevedibile che le strutture di committenza adottino sistemi unici e integrati di affidamento e di esecuzione dei contratti, così che tali processi temporalmente si svolgano entro un ecosistema digitale ricorrente, riferito alla gestione dei programmi e dei portafogli di investimento.

Queste riflessioni inducono a immaginare che, nel futuro, più o meno prossimo, l’unificazione dei processi di valutazione, di formazione, di attuazione e di rendicontazione di un investimento nel settore dell’ambiente costruito, entro un contesto geo-spazializzato, possa essere assoggettato a criteri e a logiche proprie di una nozione estesa di digitalizzazione che possa essere indirizzata e controllata, anzitutto, dai soggetti che apportino capitali di debito e di rischio.

La popolarità che, nel settore della costruzione e dell’immobiliare, sta conoscendo la metodologia che permetta di collegare dati strutturati presenti in ambiti eterogenei è un palese esempio di un approccio che ha, appunto, quale principale finalità integrare gli attori nei processi decisionali.

Il che comporta sia le necessità che gli operatori del settore dispongano di una sufficiente maturità digitale, oggi ben lungi dall’essere conseguita, ma pure che essi siano provvisti di una consapevolezza digitale che l’enfasi acritica riposta sugli automatismi dovuti agli algoritmi non incoraggia.

Del resto, l’ampliamento delle pratiche indirizzate all’Information Management& Technology (ma anche al Communication Management & Technology) non farà che incrementare le implicazioni di carattere etico e a enfatizzare i limiti e non esclusivamente le potenzialità della trasformazione digitale.

Per questa ragione, è importante per il settore non, appunto, limitare il proprio raggio di azione a una digitalizzazione che si esaurisca nel proprio nucleo fondativo, nello specifico disciplinare, in quanto la scommessa della rigenerazione delle città e dei territori mira a collocare geo-spazialmente i dati relativi all’esistenza delle persone, nei loro risvolti molteplici, colle conseguenti incognite, evocando nuove categorie di operatori e lasciando, infine, alle razionalità economico-finanziarie un ruolo considerevole, accanto alle logiche ambientali, sociali e politiche.

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