Contratto d'opera professionale: serve la forma scritta con indicazione della prestazione e del compenso
Cassazione: il contratto d'opera professionale stipulato da una amministrazione, anche se questa agisce come soggetto privato, deve rivestire la forma scritta
Per essere valido, un contratto tra una PA e un professionista (nel caso specifico, un architetto) deve essere redatto in forma scritta e, per l'osservanza di questo requisito, si rende necessario un atto firmato dal professionista e dall'organo dell'ente legittimato a esprimerne la volontà all'esterno, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e del compenso.
La Cassazione, nell'ordinanza 11465/2020 depositata il 15 giugno 2020, ribadisce un orientamento che i professionisti tercnici devono tenere bene a mente, poiché è bene sapere che il requisito della forma scritta non può desumersi da atti esterni, come la delibera della giunta che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico o la comunicazione per iscritto dell'accettazione da parte del professionista.
Le rimostranze del comune sull'incarico professionale
Nel 'nostro' caso, l'incarico era stato validamente conferito dal comune al professionista con la delibera N.578 del 1988 e con successive delibere che facevano riferimento all'approvazione di progetti redatti "in prosecuzione rispetto a quello originario". La corte territoriale aveva dichiarato inammissibile l'eccezione di nullità del contratto, avanzata dal comune, per carenza di forma scritta, proposta con l'atto di opposizione e con la comparsa di costituzione in appello, ritenendo erroneamente che il Comune avrebbe dovuto proporre appello incidentale.
Il comune si duole inoltre della decisione della Corte territoriale, che ha ritenuto la nullità della clausola che subordinava il compenso del professionista alla corresponsione del finanziamento da parte della Regione. Infine, con il terzo motivo di ricorso, deducendo la violazione dell'art.1421 c.c., degli artt.99 c.p.c. e 112 c.p.c., in relazione all'art.360, comma 1, n.3 c.p.c., il ricorrente ripropone, sotto il profilo della violazione di legge, la questione del rilvo d'ufficio della nullità della clausola del disciplinare di incarico, costituente parte integrante della delibera della Giunta Municipale N.578 del 1983, che assume priva di rilevanza esterna.
Nello specifico, queste rimostranze sono volte a censurare, sotto diversi profili, la declaratoria di nullità di un atto privo di rilevanza esterna, e per la Cassazione sono sono fondate. Vediamo perché.
Contratto d'opera professionale con la PA: forma scritta, ma non solo...
Anche se quest'ultima agisce iure privatorum, il contratto deve rivestire la a forma scritta ad substantiam. L'osservanza della forma scritta richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo dell'ente legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno, nonchè l'indicazione dell'oggetto della prestazione e l'entità del compenso, dovendo escludersi che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti (quali, ad esempio, come nella specie, la delibera dell'organo collegiale dell'ente che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico) ai quali sia eventualmente seguita la comunicazione per iscritto dell'accettazione da parte del medesimo professionista ( Cass. n. 24679 del 2013; cfr. anche Cass. n. 21477 del 2013). Né è sufficiente che il professionista accetti, espressamente o tacitamente, la delibera a contrarre, poichè questa, anche se sottoscritta dall'organo rappresentativo medesimo, resta un atto interno, che l'ente può revocare ad nutum (Cass. n. 1167 del 2013).
Il contratto mancante del succitato requisito è nullo e non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poichè gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti.
Nel caso di specie, con l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo e con la comparsa di costituzione nel giudizio di appello, il Comune aveva chiesto la dichiarazione di nullità del contratto concluso con il professionista per assenza della forma scritta ad substantiam. La Corte d'appello non si è pronunciata sulla nullità del contratto ma di una clausola della delibera della Giunta Municipale N.578 del 1983, contenente il disciplinare di incarico, che predeva che l'onorario fosse subordinato all'approvazione ed al finanziamento del progetto. Tale clausola aveva efficacia interna all'ente e lo autorizzava al conferimento dell'incarico al professionista, che avrebbe dovuto perfezionarsi con un atto sottoscritto dalle parti, non essendo ipotizzabile la conclusione del contratto attraverso il consenso o in forma tacita.
Ha errato, pertanto, la Corte d'appello nel dichiarare la nullità di un atto privo di rilevanza esterna, come la delibera della Giunta Municipale.
Il nuovo principio di diritto
"Il contratto d'opera professionale con la pubblica amministrazione deve rivestirei, la forma scritta ad substantiam. L'osservanza della forma scritta richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo dell'ente legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno, nonchè l'indicazione dell'oggetto della prestazione e l'entità del compenso. La sussistenza del contratto non può ricavarsi dalla delibera dell'organo collegiale dell'ente che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico, in quanto si tratta di un atto di rilevanza interna di natura autorizzatoria".