Ben oltre il BIM, lo chiede il mercato del Cognitive Building, della Smart City e dell’Agile Land in termini di formazione e di ricerca universitaria
Il 28 Settembre 2018, presso il programma dottorale del Politecnico di Milano gestito dal Dipartimento ABC si è tenuto un Talk a opera di António Aguiar Costa e di Mohamad Kassem, due studiosi rinomati sul piano internazionale, colloquio moderato dallo scrivente, assieme a Enrico De Angelis, che del programma è il responsabile.
Ciò che ne è scaturito è stato un paesaggio dai contorni piuttosto nitidi e convergenti, che richiede(rebbe) urgentemente una profonda rivisitazione delle modalità di fare formazione e ricerca, andando a toccare le nuove tematiche che il «dato» solleva.
Il punto è che se si vuol dare fede alla rilevanza, all'interno della cornice della Smart City e dell'Agile Land, di alcune di queste tematiche (quali, ad esempio, l'Artificial Intelligence, il Cognitive Computing o l'Internet of Things) per il comparto, negli anni avvenire, magari declinate tramite il ritorno dell'Off Site e abilitate dal Machine Learninge dai Linked Data, le competenze presenti nelle Scuole di Architettura e di Ingegneria (Civile ed Edile) sono largamente insufficienti.
Anzi, il fatto che in esse sia insegnato, spesso superficialmente, il «BIM», potrebbe risultare addirittura un poco fuorviante, proprio perché si è partiti dall’informazione, anziché dal dato.
Tutto ciò è detto da una prospettiva, quella della Università degli Studi di Brescia, ove, segnatamente attraverso l'eLux Lab, su questi temi vi è ormai una collaborazione quotidiana tra rappresentanti di Dipartimenti che si occupano di Edilizia (e di Infrastrutture), di Informazione e di Meccanica, colle necessarie integrazioni di Giurisprudenza e di Economia.
Da esso stanno nascendo anche iniziative formative ai livelli che anticipano e posticipano il primo e il secondo livello di laurea, dedicate alla Smart City e alla Construction 4.0.
Il fatto è che è tramontata l'idea che vi possa essere un sincretismo transdisciplinare con l’Architectural Engineering (di cui forse i cicli delle lauree magistrali a ciclo unico in Ingegneria Edile Architettura sono stati gli emblemi) e che si inizia a pensare che occorra procedere, invece, a partire dalla multidisciplinarietà, a integrare diversamente gli specialismi che, paradossalmente, anziché dissolversi, debbono consolidarsi.
In realtà, l'atteggiamento «strumentale» con cui, in particolare, la cultura architettonica italiana ha accolto la digitalizzazione si trova agli antipodi rispetto a questo approccio che, per essere credibile, deve essere fortemente critico e, dunque, attrezzato.
Si prenda a titolo esemplificativo il tema degli smart contract e della blockchain, troppo spesso enfatizzato senza riflessioni adeguate.
Che si tratti del tecnico superiore, del laureato, del masterizzato o del dottore di ricerca, è palese che occorra ripensare coraggiosamente i profili e i curriculum formativi.
Il problema è che, in un momento di transizione complessa del mercato, gli operatori appaiono spesso disorientati e gli accademici sovente autoreferenziali.
Ciò, infatti, che rende difficile, di là dai vincoli procedurali di natura ministeriale, è che le nuove tipologie di operatori si trovano a uno stato embrionale e le domande occupazionali sulla digitalizzazione sono ancora incerte e limitate al «BIM», cosicché una offerta formativa spinta potrebbe non incontrare ancora una effettiva domanda di mercato.
D’altra parte, il nuovo mercato del Cognitive Building, della Smart City e dell’Agile Land rischia di avviarsi con competenze separate che, nel momento in cui si passi dalle suggestioni ai prodotti potrebbero risultare inefficaci.
Ma, a partire dalla sensorizzazione dei viadotti per finire alle strutture dei dati geospaziali e immobiliari che governano il rilascio di un titolo abilitativo nell'edilizia privata, molti sono, già ora, i segni di un cambiamento che implicherebbe una progettualità e una dialettica sconosciute nelle nostre Scuole.
Certo, i soggetti professionali ibridi che divengono anche imprenditivi sono, allo stato attuale, rarissimi, i confini tra sviluppatori immobiliari, erogatori di pubbliche utilità (incluse le TLC) e gestori di piattaforme digitali ancora labili, ma come nel colloquio è emerso, l'aspettativa del mercato, almeno della formazione e della ricerca, a livello internazionale è ormai quella: ben oltre il BIM.