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DDL Lavoro Autonomo, Architetti di Roma: TESTO da MODIFICARE

Le Norme devono ricoprire la libera professione in tutte le sue accezioni

“Il ddl sul Lavoro Autonomo presentato dal Governo rappresenta un passo avanti perché per la prima volta la politica redige un documento organico sul lavoro autonomo, introducendo alcune tutele e riconoscendolo come uno dei pilastri importanti del sistema economico italiano.

Nel complesso l’OAR ritiene quindi positivo l’interessamento da parte del Governo al mondo del lavoro autonomo.Tuttavia risultano evidenti alcune gravi mancanze nel testo presentato: senza opportuni correttivi questo provvedimento rischia di incidere ben poco nella vita professionale e personale dei lavoratori autonomi e in particolare dei professionisti iscritti agli Albi, che rappresentano una parte preponderante del lavoro autonomo”.

Si legge nel documento del Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Roma che chiede al Governo Renzi una necessaria e urgente revisione del testo.

“Il principale problema dei lavoratori autonomi è il diritto a contrattare una prestazione compensata equamente e il ddl non prevede, per i mancati pagamenti, la possibilità di ricorrere al rito del lavoro crediamo sia giunto - si legge ancora nella nota - il momento di affrontare il tema del compenso equo per il lavoro professionale: le tariffe professionali, eliminate nella rincorsa al modello liberista, costituivano l’affermazione di questo principio e, pur non rappresentando un sistema perfetto, dobbiamo chiederci come regolamentare un mondo del lavoro in cui, all’architetto con redditi medi di € 17.000 lordi annui, si arriva a chiedere prestazioni di altissimo livello per pochi euro l’ora. Limitare inoltre molte delle norme del ddl ai soli professionisti iscritti alla Gestione separata INPS limita e depotenzia un testo che potrebbe avere ben altro rilievo e valore qualora parlasse della libera professione in tutte le sue accezioni”.

“Pur preservando l'autonomia statutaria e regolamentare delle Casse Professionali, va ribadito con forza che alcuni diritti fondamentali, come quello alla salute e al concepimento, appartengono al lavoratore in quanto tale e non perché iscritto o meno a un certo istituto di previdenza: per questo chiediamo al Governo, ma anche a Inarcassa – si legge in conclusione - di aprire il dibattito in merito alla possibilità di considerare le tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori Autonomi come diritti minimi a cui i diversi istituti di previdenza si adeguano.