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Distanza minima dal confine di proprietà e distanze tra edifici: nessuna deroga per i privati

Le convenzioni tra privati che mirano ad introdurre deroghe alle disposizioni regolamentari (urbanistiche) in materia di distanze tra le costruzioni sono invalide.

I privati non possono accordarsi tra loro per derogare alle norme vigenti in materia di distanze tra costruzioni e tra i confini di proprietà, con atti o convenzioni che operano 'bypassando' le norme del piano regolatore comunale.

Nella sentenza 65/2023 del Tar Liguria, si dibatte su un provvedimento comunale che ha rigettato la «richiesta di permesso di costruire in sanatoria» presentata in relazione al porticato pertinenziale realizzato nell’immobile.

A sostegno delle proprie pretese i ricorrenti hanno riferito che il provvedimento gravato era stato adottato esclusivamente in ragione del fatto che la Commissione Edilizia Integrata aveva espresso parere contrario su detta istanza in ragione del fatto che «non viene rispettata la distanza minima di m. 5 dai confini».

Ancora: secondo parte ricorrente, l’amministrazione ha ritenuto violato «un precetto non previsto» (dal P.R.G.) e «le norme sulle distanze dai confini sono derogabili mediante convenzione tra privati».

Il rispetto delle distanze tra pareti finestrate: spunti di riflessione

Focus: quadro di riferimento e dettaglio della materia sulle distanze tra pareti finestrate ai sensi dell’art. 9 del D.M. 1444/1968, con spunti di riflessione volti a comprendere l’ambito applicativo/giurisprudenziale della disposizione.


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Distanze tra edifici: non esiste deroga tra privati

Per il Tar il ricorso è da respingere, in quanto le Norme Tecniche Attuative del Piano Regolatore Generale del Comune prevedono che «la distanza dei fabbricati dai confini non può essere mai inferiore a mt 5,00».

Tale disposizione integra le disposizioni stabilite dal codice civile e dall’art. 9 del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, in materia di distanze tra gli edifici, stabilendo che i fabbricati debbano possedere una determinata distanza dal confine, e ciò al fine non solo «di regolare i rapporti di vicinato evitando intercapedini nocive [ma anche e soprattutto di] soddisfare esigenze più generali quali ad esempio l’assetto urbanistico di una certa zona assicurando comunque uno spazio libero tra le costruzioni» (cfr. ex multis Cassazione civile, II, 26 marzo 2001 , n. 4366).

Proprio in ragione della peculiare finalità di tali disposizioni adottate a livello locale, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che «le convenzioni tra privati che mirano ad introdurre deroghe alle disposizioni regolamentari (urbanistiche) in materia di distanze sono invalide; e ciò in quanto le norme contenute nei regolamenti comunali che prevedono distanze delle costruzioni dal confine rivestono carattere assoluto ed inderogabile, atteso che non mirano soltanto ad evitare intercapedini dannose o pericolose, ma anche a tutelare l’assetto urbanistico di una determinata zona e la densità degli edifici» (cfr. Tar L’Aquila, I, 6 dicembre 2021, n. 543).


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