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Distanze tra costruzioni, quali regole prevalgono? Il tempo giusto è il momento della realizzazione dell'opera

Cassazione: anche in materia di distanze, le costruzioni devono sempre essere adeguate alla disciplina vigente al momento della loro realizzazione, non alla normativa regolatrice al tempo dell’autorizzazione a costruire.

Oggi viriamo sulle distanze tra costruzioni in senso civilistico ma non solo, andando a commentare un'interessante ordinanza della Corte di Cassazione - la n.28263/2022 del 28 settembre scorso - che 'nasce' dal contenzioso tra due privati e che spiega bene il 'giusto tempo' da considerare relativamente alle regole per le distanze legali tra edifici.

L'oggetto del contendere

Le ricorrenti lamentavano che le convenute avevano realizzato una rimessa per autovetture sul confine, a distanza inferiore a quella di 5 metri in mancanza di loro espresso consenso.

Tale distanza era stata stabilita per le costruzioni di altezza superiore - come nella fattispecie - a 1,80 metri dalla variante del Comune di Parma entrata in vigore in data 9/11/05.

La variante era applicabile in quanto la costruzione era stata iniziata nel 2006 eultimata nel 2007.

Le convenute affermarono di aver rispettato le prescrizioni delle le NTA vigenti all’epoca di presentazione della DIA, che legittimavano tutti gli interventi edilizi sull’edificio di loro proprietà e sulle pertinenze. Il Tribunale ordinario accolse la domanda, ordinando l’arretramento dell’autorimessa fino alla distanza di 5 metri dal confine degli attori.

Con sentenza n. 942/2018, in accoglimento dell’appello spiegato dalle convenute e in riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’Appello di Bolognarigettò la domanda, in quanto la variante non era applicabile quale ius superveniens perché «il punto 2 del deliberato consiliare di adozione della variante prevede(va) di dare atto che i procedimenti edilizi, le cui istanze siano state presentate anteriormente all’adozione della presente variante, siano conclusi in conformità alle disposizioni normative e regolamentari previgenti”»; in conseguenza, poiché il procedimento amministrativo risultava già «definito con la DIA», la normativa invocata dagli attori non risultava applicabile.

Contro questa pronuncia, infine, si arrivava in Cassazione.

Distanze tra costruzioni: quali regole valgono?

la Corte suprema inizia evidenziando che, in tema di distanze, sia le norme tecniche di attuazione dei piani regolatori generali, sia i regolamenti edilizi comunali che hanno natura regolamentare o di atti amministrativi generali hanno valenza integrativa dell'art. 873 cod.civ.

Conseguentemente, sono subordinati solamente alle norme di rango primario in esecuzione delle quali sono stati emanati e la loro gerarchia è fondata unicamente sul criterio di successione temporale (Sez. 2 - Ordinanza n. 3241 del 02/02/2022).

Le disposizioni in materia di edilizia sono, infatti, di immediata applicazione poiché i piani regolatori, come i regolamenti edilizi comunali sono essenzialmente diretti alla tutela dell'interesse generale alla gestione del territorio che prevale sull'interesse del singolo privato nell’esercizio dello ius edificandi.

In conseguenza, le costruzioni devono sempre essere adeguate alla disciplina vigente al momento della loro realizzazione, non alla normativa regolatrice al tempo dell’autorizzazione a costruire: la rilevanza giuridica del titolo edilizio investe, infatti, soltanto l'aspetto formale dell'attività costruttiva e si esaurisce nell'ambito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato, ma il conflitto tra proprietari interessati deve essere risolto in base al diretto raffronto tra le caratteristiche oggettive dell'opera e le norme edilizie che disciplinano le distanze legali al tempo della costruzione (Sez. 2 - Ordinanza n. 4833 del 19/02/2019).

La disposizione edilizia sopraggiunta 'in corso' di costruzione è inapplicabile

Quindi, se alla data di entrata in vigore della normativa sopravvenuta l'esercizio dello ius aedificandi abbia già avuto inizio e concreta attuazione, devono essere salvaguardati i diritti quesiti: conseguentemente, la disposizione edilizia che stabilisca distanze maggiori, sopraggiunta nel corso della costruzione anteriormente iniziata, è inapplicabile, non potendo avere efficacia retroattiva ed incidere su situazioni pregresse, neppure ove l'esecuzione dei lavori si sia protratta oltre il termine previsto dalla suddetta licenza edilizia. (Sez. 2, Ordinanza n. 24206 del 04/10/2018).

Cosa conta quindi? L'epoca in cui la costruzione possa considerarsi già sorta, in ragione dell'avvenuta realizzazione delle strutture organiche, costituenti punti di riferimento essenziali per la misurazione delle distanze.

La Corte territoriale non ha correttamente applicato questi principi, perché ha considerato «irrilevante» che all’epoca di entrata in vigore della «disciplina sopraggiunta più restrittiva» la costruzione non fosse ancora «sorta».

Così facendo ha erroneamente ritenuto che «l’opera assentita mediante DIA [fosse]... sorretta dal principio tempus regist actum», «in riferimento al punto 2 del deliberato consiliare di adozione della variante, resa esecutiva solo dal 3 ottobre 2005», secondo cui i procedimenti edilizi, le cui istanze fossero state presentate anteriormente all’adozione della presente variante, avrebbero dovuto essere conclusi in conformità delle disposizioni normative e regolamentari previgenti.

La delibera del consiglio comunale di adozione della variante del piano regolatore generale è un atto endoprocedimentale di un complesso iter amministrativo che si conclude soltanto con l'approvazione regionale di quella variante; come tale, per sé solo, ancora non è atto idoneo a modificare la disciplina urbanistica; la disposizione transitoria era certamente riferita soltanto alla conclusione dei procedimenti amministrativi di rilascio dei titoli e non prevedeva una deroga all’applicabilità della normativa sopravvenuta alle costruzioni assentite ma non ancora realizzate.


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