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Edifici esistenti: scegliere la tecnica diagnostica ottimale a seconda della tipologia strutturale

Quali sono le principali metodologie diagnostiche attualmente utilizzabili in situ per le diverse tipologie strutturali

L’importanza della conoscenza nello studio degli interventi sugli edifici esistenti

Il buon risultato di un progetto di recupero strutturale fonda la sua validità soprattutto nella fase iniziale di conoscenza. La modellazione coerente del comportamento strutturale di un edificio esistente deriva prima di tutto da una approfondita campagna di prove preliminari al cantiere, senza la quale risulta difficile interpretare correttamente sia le resistenze meccaniche dei materiali sia le vulnerabilità insite nella qualità edificatoria.
Le prove diagnostiche di caratterizzazione meccanica delle strutture devono entrare nella buona prassi progettuale, quale fase preliminare indispensabile (per quanto possibile, non derogabile) per approfondire la conoscenza delle diverse fasi edificatorie della struttura esistente, la qualità e la resistenza dei materiali, le forme di degrado a cui è soggetto. Investire più interesse e risorse economiche nella diagnostica significa un risparmio economico nell’esecuzione delle tecniche di consolidamento, che proprio perché l’edificio è stato indagato più approfonditamente, risulteranno meno invasive e più efficaci. 

Dal paragrafo 8.5.4 delle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC2018) e relativa Circolare esplicativa 21/01/2019 n. 7, fino al paragrafo 4.1.7 del D.P.C.M. 9 febbraio 2011(valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale tutelato), la normativa tecnica suggerisce l’utilizzo delle moderne tecniche diagnostiche, preferibilmente di tipo non distruttivo o al più semi-distruttivo, quale approccio indispensabile per la corretta progettazione da intraprendere sull’edilizia esistente. Particolare attenzione deve essere posta, soprattutto in campo sismico, a tutte quelle potenziali vulnerabilità, spesso non visibili ad occhio nudo, che il progettista deve indagare per una corretta modellazione del fabbricato esistente e conseguente valutazione della sua sicurezza sismica.

Il progettista dovrà progettare la fase diagnostica per confermare e approfondire le sue prime valutazioni, le ipotesi di danneggiamento e vulnerabilità della struttura desunte da analisi visive o da consultazione della documentazione progettuale pregressa.  

Vediamo per le diverse tipologie strutturali quali sono le principali metodologie diagnostiche attualmente utilizzabili in situ. Ricordando che una buona progettazione della campagna diagnostica dovrà avvalersi della indispensabile correlazione tra prove distruttive e non distruttive, laddove quest’ultime, se adeguatamente tarate con i risultati delle prime, potranno sostituirsi a queste per limitare il numero e l’invasività di quelle distruttive.

 

ndagine termografica sulle pareti del Santuario di Santa Maria delle Grazie a Varoni (Amatrice)

Figura 1–Indagine termografica sulle pareti del Santuario di Santa Maria delle Grazie a Varoni (Amatrice)

 

Fattori di confidenza: cosa sono

La normativa tecnica chiede innanzi tutto la definizione del livello di conoscenza con cui approfondire lo scheletro strutturale dell’edificio esistente. Le NTC2018 e la Circolare 21/01/2019 n. 7 sensibilizzano il progettista riguardo la convenienza ad eseguire una campagna diagnostica preliminare alla progettazione. Viene infatti introdotta una categoria di fattori rispetto alle nuove costruzioni, i cosidetti «fattori di confidenza» (FC), strettamente legati al livello di conoscenza (LC) conseguito nelle indagini conoscitive.

Tali fattori riducono i valori medi di resistenza dei materiali della struttura esistente, per ricavare i valori da adottare secondo la seguente formula: formual-fattore-confidenza.jpg

dove fd è la resistenza di progetto, fm è la resistenza media (desunti da prove in situ, in laboratorio o reperibili, nel caso delle murature, nella tabella C.8.5.I della Circolare), FC è il fattore di confidenza e γM è il fattore di sicurezza specifico per ogni materiale.

   

Da cosa dipendono i Livelli di Conoscenza

Gli aspetti che definiscono i livelli di conoscenza sono: geometria della struttura, dettagli costruttivi, proprietà dei materiali, connessioni tra i diversi elementi e loro presumibili modalità di collasso. Il progettista deve confrontarsi con diversi livelli di approfondimento, in funzione dell’accuratezza delle operazioni di rilievo, delle ricerche storiche, e delle indagini sperimentali. Tali operazioni saranno funzione degli obiettivi preposti e andranno ad interessare una diversa percentuale di indagine della struttura, in funzione dell’ampiezza e della rilevanza dell’intervento proposto sull’edificio esistente.

   

Tabella 1 - Fattori di confidenza e approfondimento delle indagini corrispondenti ai relativi livelli di conoscenza.

Fattori di confidenza e approfondimento delle indagini corrispondenti ai relativi livelli di conoscenza.

  

La circolare 21/01/2019 n. 7 qualifica per ogni tipologia di materiale strutturale (cemento, acciaio, muratura, legno) il diverso livello di conoscenza tra prove cosiddette limitate, estese ed esaustive.


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Per limitate sono da intendersi tutte quelle verifiche eseguibili facilmente in situ consistenti in minimi saggi esplorativi per la valutazione visiva della struttura e delle connessioni tra gli elementi (per esempio mediante puntuali rimozioni d’intonaco).

Estese laddove si procederà con prove in situ di tipo semi-distruttivo correlate da altre non distruttive

Esaustive quando la diagnostica impegna porzioni significative del fabbricato, con prove invasive e diffuse, eseguibili in situ e/o in laboratorio su provini in scala.

Risulta pertanto chiaro il peso che il normatore tecnico ha voluto dare al fattore di confidenza: più estesa è la campagna diagnostica (compatibilmente con le risorse economiche e la conservazione del fabbricato storico), minore sarà l’incertezza assegnata al valore della resistenza di progetto di ogni materiale indagato; più limitata sarà la campagna di prove, maggiore sarà il coefficiente di sicurezza che andrà a ridurre la resistenza di progetto.

La scelta del livello di conoscenza avrà pertanto un peso anche nei risultati della modellazione analitica, al cui interno confluiranno i valori delle resistenze di progetto calcolate in base alla formula sopra citata. Limitandosi ad un livello di conoscenza minimo (LC1), ossia laddove il progettista si è fermato alla sola indagine visiva, si rischia spesso di non raggiungere risultati positivi nella modellazione strutturale dell’edificio esistente, soprattutto in riferimento alle verifiche sismiche intraprese con bassi valori ipotizzabili riguardo le resistenze di progetto. Questa situazione può influire sulle scelte di intervento strutturale, rivelandosi magari più pesanti di quanto realmente necessiti l’edificio se la sua conoscenza fosse stata maggiormente approfondita. 

 

Prove non distruttive sulle strutture esistenti

L’approccio diagnostico con tecniche non invasive offre il vantaggio di non perturbare la materia indagata, in particolare nel contesto dell’edilizia storica e monumentale la cui identità deve essere preservata. Le più diffuse tecniche non distruttive derivano da applicazioni in campo fisico basate sul flusso di onde soniche, termiche o elettromagnetiche. Sono rappresentate dalle indagini ultrasoniche, termografiche, radar e dalle loro ricostruzioni tomografiche. Ad esse si aggiungono anche metodi basati sull’impatto finalizzati alla valutazione della durezza superficiale. La loro applicazione offre un’interpretazione solo qualitativa, tuttavia molto utile se correlata ad altre prove semi distruttive.

Pertanto le tecniche non distruttive non possono fornire valori diretti delle resistenze dei materiali; al massimo ricavabili indirettamente da correlazioni empiriche che andrebbero sempre confermate e tarate eseguendo prove semi-distruttive o distruttive (che offrono risultati quantitativi più sicuri) nei medesimi punti di indagine.

   

La prova a ultrasuoni

La tecnica si basa sulla generazione di onde elastiche, nell'ambito di frequenze soniche o ultrasoniche in un punto della struttura, attraverso la percussione con appositi strumenti (prove soniche) o con trasduttori elettrodinamici (prove ultrasoniche). L’elaborazione dei dati consiste nel calcolo del tempo, della velocità e della frequenza di attraversamento dell’impulso nell’elemento strutturale. La sonda emettitrice e la sonda ricevente possono essere poste su facce opposte dell’elemento da indagare (misura diretta), sulla stessa faccia (misura indiretta) oppure su facce perpendicolari (misura semidiretta).I punti indagati sull’elemento sono suddivisi equidistanziati in una scacchiera.

Le indagini di tipo sonico sono utilizzate prevalentemente nella diagnosi delle murature per valutare la qualità della tessitura muraria, individuando la presenza di vuoti o lesioni; oppure per controllare le caratteristiche della muratura dopo interventi di consolidamento (molto indicata per leiniezioni di malte).

In presenza di lesioni o fratture o altri tipi di discontinuità la velocità sonica diminuisce in quanto l’onda è più lenta in corrispondenza del vuoto; in questo caso essa produce rifrazioni multiple del segnale, cosicché il percorso si allunga e non risulta più quello diretto tra sorgente e ricevitore. Per velocità inferiori a 1000 m/s si è in presenza di murature fortemente danneggiate con presenza di grossi vuoti interni; velocità comprese tra 1000 m/s e 2000 m/s solo rilevabili su murature di media qualità; velocità oltre 2000 m/s sono riscontrabili su murature accuratamente costruite e conservate. Le prove soniche vengono effettuate con vibrazioni elastiche di frequenze variabili tra i 16 e i 20000 Hz prodotte da un martellino. Il rilievo delle velocità trasmesse lungo diversi percorsi possibili, all’interno della porzione muraria, consente di effettuare una mappatura delle velocità (tomografia sonica) mediante specifici algoritmi.

 

Prova sonica sulle murature storiche della Reggia di Venaria Reale
                            (a)                                                                            (b)

Figura 2–Prova sonica sulle murature storiche della Reggia di Venaria Reale (TO): (a) martello emittente; (b) sonda ricevente.

   

Le prove ultrasoniche utilizzano, invece, una banda di frequenza che varia da 20kHza 1000MHz. Tali onde non riescono a essere trasmesse da mezzi gassosi, per cui sono sfruttate per l'individuazione di microfessure che riescono a riflettere il fronte d'onda; per contro, il segnale ultrasonico risulta altamente attenuato per via della sua lunghezza d'onda troppo piccola in confronto alle dimensioni dei componenti della muratura. Per questo motivo la tecnica ad ultrasuoni è maggiormente utilizzabile su materiali sufficientemente omogenei, come ad esempio elementi in cemento armato. La propagazione della velocità delle onde in un materiale omogeneo dipende dalla sua densità, dalle sue caratteristiche elastiche (modulo elastico, coefficiente di Poisson) strettamente legate alla qualità e alla resistenza a compressione del materiale stesso. La velocità dell'onda sarà infatti bassa se il materiale presenta vuoti, crepe o distacchi tali da rallentare il percorso dell'onda; viceversa sarà elevato se il materiale è compatto e omogeneo dimostrando una buona qualità. Le misurazioni sono condotte secondo i metodi proposti in ASTM D2845 1995 e UNI EN 12504-4: 2005. Le prove si basano sulla determinazione della velocità di propagazione (v) degli impulsi delle onde longitudinali ultrasoniche nel materiale i cui valori, in prima approssimazione, sono correlati al modulo dinamico (Ed) del materiale mediante la seguente formula: formula-modulo-dianamico.jpg

dove ρ è la densità del materiale indagato e ν è il coefficiente di Poisson ipotizzato. La determinazione del modulo di elasticità dinamico può essere utilizzata mediante la prova ultrasonica per qualsiasi materiale sufficientemente omogeneo, quindi anche per elementi in pietra (ad esempio le colonne nell’edilizia monumentale). Esistono in letteratura scientifica molte curve di correlazione tra misure di velocità ultrasonica e resistenza a compressione del calcestruzzo o della pietra. Tuttavia hanno un margine di imprecisione da non sottovalutare. Pertanto possono rappresentare valori di confronto, da confermare mediante prove di laboratorio su carote prelevate dai medesimi elementi indagati.

 

Test ultrasonico sulle colonne in granito del Portico della Crocifissione presso il Sacro Monte di Ghiffa (VB)
                            (a)                                                                    (b)

Figura 3–Test ultrasonico sulle colonne in granito del Portico della Crocifissione presso il Sacro Monte di Ghiffa (VB): (a) misura diretta attraverso il diametro della colonna; (b) misura semidiretta in corrispondenza di una fessura.


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Termografia

La tecnica termografica opera nella banda delle radiazioni infrarosse, sfruttando le proprietà di ogni materiale dotato di propria conducibilità termica, ovvero dalla capacità di trasmettere calore, e di proprio calore specifico, ossia la capacità di trattenere calore. L’analisi termografica, normata dalla UNI-EN-16714 – 1:2016, può essere condotta in modo attivo o passivo. In entrambi i casi rappresenta una tecnica diagnostica non invasiva che non perturba la materia oggetto di indagine. Nelle applicazioni di tipo passivo si analizzano gli effetti di cicli termici naturali (insolazione e successivo raffreddamento). Nel caso attivo, invece, le superfici sono riscaldate artificialmente. Il risultato è una immagine termica dell’oggetto, visualizzabile attraverso scale di colori o di toni del grigio.

Con la termografia è possibile rilevare la tessitura di murature intonacate o affrescate, individuare la presenza di vuoti all’interno dell’elemento edilizio, rilevare gli impianti elettrici, termici ed idrici sottotraccia. In presenza di umidità l’indagine evidenzia le aree superficiali più fredde, dove si manifesta una evaporazione continua.

   

Termografia su diverse pareti del Santuario di Santa Maria delle Grazie a Varoni

Figura 4–Termografia su diverse pareti del Santuario di Santa Maria delle Grazie a Varoni (Amatrice – RI): si evincono le differenze della qualità della tessitura muraria, la presenza di distacchi d’intonaco e la presenza delle originarie travi lignee con la funzione di “cordolatura” delle pareti (immagine per gentile concessione dell’Arch. Monica Volinia).

 

Georadar

Tomografia radar di un pilastro di una chiesaQuesta tecnica non invasiva si basa sul principio fisico secondo cui un flusso di energia elettromagnetica è alterato dagli oggetti incontrati sul suo percorso, e che tale alterazione possa essere rilevata attraverso degli echi di ritorno. Nel caso della muratura, per esempio, essendo un materiale molto eterogeneo, gli impulsi possono essere riflessi dalle interfacce tra materiali con differenti proprietà dielettriche, come ad esempio la superficie, vuoti, discontinuità, distacchi.

Figura 5–Tomografia radar di un pilastro di una chiesa. Gli alti valori di velocità di trasmissione delle onde elettromagnetiche possono indicare una zona a densità minore all’interno del pilastro (immagine contenuta in “Il ruolo delle indagini in situ nella diagnostica strutturale degli edifici storici” Prof.ssa Luigia Binda - Progetto Mestieri Reali, 2005).

La strumentazione consiste in un trasmettitore e un ricevitore, capaci di emettere impulsi in brevi successioni di onde elettromagnetiche ad alta frequenza che si propagano nel materiale da indagare, e di riceverne gli echi. Muovendo l’antenna lungo l’elemento strutturale si ottengono delle sezioni radar, che esprimono l’andamento dei segnali ricevuti in funzione del tempo. Le forme d’onda sono messe in sequenze di diagrammi, riportando la profondità o il tempo di attraversamento di andata e ritorno sull’asse verticale, e la posizione dell’eco, indice della presenza di un disturbo, captata sull’asse orizzontale.

In analogia a quanto descritto per la termografia, l’indagine georadar permette di vedere la presenza di vuoti o discontinuità interne, nonché la presenza di impianti o elementi sottotraccia.

   

Sclerometro di Schmidt

La determinazione dell’indice sclerometrico è una prova non distruttiva basata sul principio per cui il rimbalzo di una massa elastica dipende dalle caratteristiche di resistenza e rigidezza della superficie su cui urta. Le modalità di prova sono descritte dalla UNI EN 12504-2:2012, che al punto 1 nota 2, prescrive che: “… il metodo di prova non è inteso come una alternativa per la determinazione della resistenza alla compressione del calcestruzzo ma, con una opportuna correlazione, può fornire una stima della resistenza in sito”.

   

Sclerometro per la stima della resistenza a compressione del calcestruzzo

Figura 6–Sclerometro per la stima della resistenza a compressione del calcestruzzo (immagine da web)

 

Lo sclerometro di Schmidt è costituito da un corpo cilindrico munito di un’asta che fuoriesce da un’estremità dell’involucro ed è caricata da una molla. L’asta è premuta sulla superficie da testare fino a raggiungere il limite della sua corsa. A questo punto una massa interna, guidata da una molla, colpisce la ghiera fissata rigidamente all’asta, che a sua volta, è a contatto della superficie in prova. La massa dopo aver battuto sull’asta, rimbalza ad una certa altezza ed è mostrata da un indice posto su una scala graduata.

Le prove sclerometriche consentono di stimare la resistenza a compressione del calcestruzzo in strutture già realizzate, o anche negli edifici di nuova costruzioneE’ consigliabile eseguire molte battute per ogni punto d’indagine per avere un valore statistico più accurato.

   

   

Grafico di correlazione tra l’indice di rimbalzo e la stima della resistenza caratteristica a compressione del calcestruzzo

Figura 7–Grafico di correlazione tra l’indice di rimbalzo e la stima della resistenza caratteristica a compressione del calcestruzzo

 

Metodo Sonreb

SONic + REBound, ovvero SONREB, è il metodo che combina le due prove non distruttive per calcestruzzo attualmente più utilizzate: la prova ultrasonica e quella sclerometrica. Dalla combinazione dei risultati delle due prove è possibile stimare la resistenza caratteristica a compressione del calcestruzzo mediante l'utilizzo di formule dedotte da correlazioni di tipo sperimentale, tra le quali si ricordano: formula di Giacchetti e Lacquaniti (1980), formula di Di Leo e Pascale (1994), formula di Gasparik (1992). Come già descritto per le singole prove non distruttive, se ad esse sono associate anche i risultati dello schiacciamento di carote prelevate nei medesimi punti di indagine, la correlazione SONREB aumenta notevolmente di accuratezza. 

 

Metodo Sonreb: uso del grafico con curve di isoresistenza

Figura 8–Metodo Sonreb: uso del grafico con curve di isoresistenza (ricavate da RILEM, 1993)

 

Pacometro

Prova pacometrica su pilastro in c.a. e contemporanea messa a vista delle armature per verifica diametro e tipologiaL’indagine pacometrica è finalizzata all’identificazione, con buona precisione, della posizione delle armature all’interno dei getti di calcestruzzo, della loro profondità e del loro diametro. Può essere utilizzata anche per la ricerca di tubazioni, cavidotti e tirantature sotto traccia. La metodologia si basa sul principio della misurazione dell’assorbimento del campo magnetico, prodotto dalla stessa apparecchiatura pacometrica, che viene evidenziato tramite un sistema analogico o digitale accoppiato ad un sistema acustico per una più comoda effettuazione della ricerca degli elementi metallici.

 

Figura 9–Prova pacometrica su pilastro in c.a. e contemporanea messa a vista delle armature per verifica diametro e tipologia (edifiio commerciale a Torino).

  

Monitoraggio strutturale

La valutazione della stabilità di un quadro fessurativo può essere intrapresa mediante un monitoraggio prolungato nel tempo. La tecnica più tradizionale prevede l’installazione di trasduttori di spostamento a cavallo delle fessure, per registrare le aperture o gli scorrimenti, e di un trasduttore applicato in zona neutra per la sola registrazione delle deformazioni termiche. Poiché parte degli spostamenti a cavallo delle fessure avviene per deformazioni termiche stagionali (nella stagione fredda le fessure si aprono per la contrazione dei materali, in quella calda tendono a richiudersi per effetto della dilatazione), è importante che la durata del monitoraggio sia almeno di un anno al fine di decurtare gli spostamenti termici dai valori registrati dai trasduttori a cavallo delle fessure. Se dopo un anno i valori ritorneranno a quelli iniziali, significherà che, a meno delle normali deformazioni termiche stagionali, il quadro fessurativo è stabile. Altrimenti, se i valori, già decurtati degli effetti termici, non torneranno a quelli iniziali bensì registreranno un incremento, significherà che il quadro fessurativo è in movimento.
Alcuni monitoraggi utilizzano accelerometri piezoelettrici e capacitivi per l’analisi dinamica della struttura muraria, ricavando i diversi modi di vibrazione in corrispondenza di azioni sismiche o dovute al vento (ad esempio sulle torri murarie, particolarmente sensibili alle azioni dinamiche). 

   

Monitoraggio strutturale su quadro fessurativo presente all’intradosso della volta nella chiesa degli Appartamenti Reali del Borgo Castello della Mandria

Figura 10–Monitoraggio strutturale su quadro fessurativo presente all’intradosso della volta nella chiesa degli Appartamenti Reali del Borgo Castello della Mandria (Venaria Reale – TO) 

 

Prove semi distruttive

Pull-out

L’indagine pull-out è una prova semidistruttiva che arreca un danno limitato all’elemento di calcestruzzo e si basa sulla corrispondenza tra il carico unitario di rottura a compressione del calcestruzzo e la forza necessaria ad estrarre un inserto metallico standardizzato inserito nel calcestruzzo indurito. Il test è normato dalla UNI EN 12504-3:2005. Può rappresentare un’alternativa al carotaggio, laddove l’estensione della struttura da indagare non permetta prove troppo invasive. 

 

(a) cono cementizio di distacco attorno alla porzione di tassello estratto; (b) martinetto posizionato per prova di pull-out su soletta piena in c.a. all’interno di un edificio antico a Colloro – Premosello Chiovenda (VB)

Figura 11–(a) cono cementizio di distacco attorno alla porzione di tassello estratto; (b) martinetto posizionato per prova di pull-out su soletta piena in c.a. all’interno di un edificio antico a Colloro – Premosello Chiovenda (VB)

 

Prova di estrazione di barre filettate precedentemente inghisate su muratura in pietra presso antico edificio a Colloro

Figura 12–Prova di estrazione di barre filettate precedentemente inghisate su muratura in pietra presso antico edificio a Colloro – Premosello Chiovenda (VB): (a) barre di differente diametro inghisate per definire quale sezione resistente utilizzare ai fini del progetto di ancoraggio di una scala metallica; (b) prova di trazione a rottura con chiave dinamometrica. 

 

La prova di estrazione può avvenire anche su barre ad aderenza migliorata inserite con maggiore profondità, per valutare la capacità di carico dell’ancorante sul materiale di base (calcestruzzo, laterizio o pietra). Questo test consente di determinare quale sistema di ancoraggio sia più idoneo per l'installazione prevista. La prova di estrazione avviene sottoponendo l’ancoraggio ad un carico di estrazione pari al carico di rottura. La forza di trazione è generata dalla rotazione manuale, con chiave, di un bullone ingranato sulla barra filettata, ed è misurata tramite cella dinanometrica ad anello.

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