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Eroi morali: no grazie

Una manciata di giorni fa Angelina Jolie si è fatta asportare i seni: un boom pazzesco di tweet, post e “mi piace” sui social network. Poi il manager che si fa togliere la prostata, le numerose fan che seguono l’esempio della Jolie e quelle che chiedono di accedere – previo versamento in contanti, ovviamente – ad infallibili test genetici.
Il caso mediatico ha fatto il giro del pianeta a tempo di un clic, scatenando commenti, suscitando dissensi o favori, orientando comportamenti e indirizzando scelte. Che la scelta sia buona o cattiva non ci interessa, almeno per ora. Che invece l’attrice abbia voluto spiegare le ragioni della sua scelta sul New York Times – e non sul bollettino parrocchiale – ci interessa eccome. Perché una scelta, da privata che era, diventa così di dominio pubblico. Tanto più se è un’icona della bellezza (e della bravura!) come lei ad aver preso quella decisione. Tanto più se quella stessa decisione viene presentata come la migliore possibile non solo per lei, ma per le molte donne (e non solo…) che si trovano in una situazione simile.
C’è un concetto che i filosofi morali chiamano “universalizzazione”: Kant ci ha costruito sopra una teoria etica. Consiste nell’elevare la propria scelta a scelta universale, per tutti, riproponibile in ambiti e circostanze diverse (ma simili). La Jolie è a Hollywood, Maria a Cinecittà, ma la situazione nella quale si trovano è affine: entrambe sono donne ed hanno avuto esperienza di famigliari affetti dalla medesima malattia. C’è poi la motivazione della scelta: tutte e due hanno paura di morire e desiderano sopravvivere.
Ecco che l’atto si compie, seppur a migliaia di chilometri di distanza, seppur in circostanze diverse e coinvolgendo attori diversi, nel medesimo modo: entrambe decidono di sottoporsi a mastectomia. Il punto qui è chi ha deciso per prima… o meglio: chi lo ha fatto con piena consapevolezza. Se Maria ha scelto perché “lo ha fatto anche la Jolie”, allora qualcosa che non va c’è. E il gesto dell’attrice – il gesto di scrivere quella lettera aperta – è un gesto traditore, perché sta richiamando ad una bontà “assoluta”, universale. Ci sta dicendo: “fallo anche tu, io l’ho fatto e ora sono più tranquilla”… E io sono la Jolie, mica pizza e fichi.
Una bella scorciatoia, quella dell’universalità.
Una bella fregatura quella dell’universalizzabilità, se male interpretata. Perché ci porta a mettere tra parentesi la coscienza, affidandoci all’imitazione dei nostri personali eroi morali: quell’attrice o quel calciatore, questo politico o quest’altro manager, e così via. Se l’hanno fatto loro, allora è giusto. Il fatto è che – certo – esiste una verità universalmente riconoscibile nelle azioni, ma le azioni non sono mai universalizzabili. Perché a farle, poi, siamo sempre noi, mica gli altri. E la nostra vita – quella no – non è mai la vita d’altri.
Eppure oggi siamo bombardati da notizie simili, sia online che offline. Le conoscenze dell’umanità – scientifiche o meno – progrediscono con una rapidità tale da non lasciarci lo spazio ed il tempo per una serena e ponderata riflessione. Siamo sovra-esposti moralmente: riceviamo una miriade di notizie, ma troppe volte non sappiamo che farcene. Non sappiamo valutare se le cose che accadono sono giuste o sbagliate, se bisogna sostenere il nucleare o le energie rinnovabili, se in Pakistan potevano fare di più per evitare quella tragedia, se la Jolie ha fatto bene ad accedere a quell’intervento. Però sappiamo che queste cose sono accadute, molto lontano da casa nostra… ma le osserviamo da casa nostra. Grazie ad un semplice clic, del telecomando o del mouse. L’ansia dell’Ansa: bramiamo notizie pruriginose… per il gusto della notizia. Una volta archiviata quella news – nel giro di una manciata di secondi – si passa a quella dopo, e via di clic. E ci rimane il contenuto, e quei pochi commenti sbirciati a fondo pagina, che bisogna aver pronti da ripetere ad amici e colleghi.
In questo contesto, l’etica dell’eroe morale – o del supereroe – ha buon gioco: è un’ottima scorciatoia, in situazioni dove se rimani indietro non sei più al passo coi tempi. E finché non ne va della nostra vita, può anche passare: Dr. House avrebbe fatto così, la Jolie colà, Benigni in questo modo e Saviano in quest’altro. Una sorta di Bignami delle azioni, un prontuario per l’uso.
Ma quando poi la realtà non è più fiction, quando il collega, il parente o il vicino di casa mi interpellano su questioni non ancora affrontate nei libri di Saviano, è lì che si deve dimostrare di avere una coscienza morale ben formata. Anche perché quella – la coscienza morale – rimane, come disse la giovane Sophie Scholl. I supereroi, invece, svaniscono con un clic.
 

Luca Valera

FAST - Istituto di Filosofia dell'Agire Scientifico e Tecnologico, Università Campus Bio-Medico di Roma

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