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Focus sugli additivi chimici per il calcestruzzo: tipologie esistenti e loro peculiarità

Questo articolo è tratto dal libro "Dizionario Enciclopedico del Calcestruzzo-II edizione" scritto da Mario Collepardi e presenta le diverse tipologie di additivi chimici esistenti, sostanze che vengono aggiunte al calcestruzzo per migliorarne le prestazioni.

Che cosa sono gli additivi chimici

Gli additivi, noti anche come additivi chimici, sono prodotti chimici aggiunti, solitamente in piccole quantità, agli altri ingredienti del calcestruzzo al fine di migliorarne una o più prestazioni (M. Collepardi, “Advances in Chemical Admixtures for Concrete”, Proceedings of “Advances in Cement and Concrete”, Durham, New England, pp. 257-291, July 24-29, 1994). A seconda della funzione coinvolta nel miglioramento gli additivi possono essere classificati in vari tipi, i più importanti dei quali sono: acceleranti, aeranti, anti-ritiro, battericidi, fluidificanti, fungicidi, idrofobizzanti, inibitori di corrosione, ritardanti, superfluidificanti.

Un eccellente manuale sugli additivi (“Concrete admixtures handbook: properties, science and technology”) è stato scritto da V. S. Ramachandran. Un altro ottimo libro sugli additivi è stato scritto da M.R. Rixom e Noel P. Mailvaganam intitolato “Chemical Admixtures for Concrete”, E&FN Spon, 1999.

 

Additivi acceleranti

Gli additivi acceleranti hanno la funzione di modificare il grado di idratazione del cemento solo alle brevi stagionature e modificano, quindi, le prestazioni del calcestruzzo in corso di esecuzione ma non le prestazioni delle strutture in esercizio.

Gli acceleranti fanno aumentare il grado di idratazione del cemento durante le prime ore in modo da accorciare i tempi di presa – additivi acceleranti di presa - o di incrementare la resistenza meccanica nei primi giorni – additivi acceleranti di indurimento- soprattutto nei climi invernali quando la bassa temperatura rallenta il decorso della reazione iniziale tra l’acqua ed il cemento, soprattutto se esiste il rischio di gelo.

L’effetto accelerante serve, per esempio, all’impresa per stagionare e rifinire più in fretta un pavimento in calcestruzzo che presenta tempi di presa troppo lunghi, o per scasserare più in fretta i getti di calcestruzzo senza immobilizzare troppo a lungo le casseforme. Gli additivi acceleranti non modificano la resistenza meccanica del calcestruzzo alle lunghe stagionature, cioè in servizio, e pertanto le prestazioni delle strutture in opera non risentono beneficamente dell’eventuale presenza di acceleranti. Le materie prime più impiegate per formulare gli additivi acceleranti di indurimento sono il nitrato di calcio, il tiocianato di sodio, e la trietanolammina, nota come TEA.

Particolarmente interessanti, sempre per ragioni esecutive, sono gli acceleranti di presa per il calcestruzzo proiettato, —noto come shotcrete in Inglese, o spritz beton in Tedesco, detto anche gunite dall’Inglese to gun che significa “sparare”. Questi additivi consentono di spruzzare un betoncino (caratterizzati da inerti con una pezzatura massima di 8-10 mm) in galleria con uno sfrido minimo grazie all’accelerazione della presa.

Essi consentono, inoltre, di accelerare anche l’indurimento nelle prime 24 ore senza penalizzazione delle prestazioni meccaniche in servizio, purché si impieghino acceleranti privi di alcali (alkali-free). Gli acceleranti alcalini, infatti, quelli a base di silicato o alluminato o carbonato di sodio —oltre ad essere molto caustici per i danni che provocano all’epidermide ed alle mucose degli operai— penalizzano le resistenze meccaniche alle lunghe stagionature, cioè le prestazioni in servizio. Gli acceleranti alkali-free (a base di solfato ferrico o di alluminio), invece, non riducono le prestazioni in servizio e, proprio per l’assenza di alcali, non sono caustici per chi lavora con il calcestruzzo spruzzato (P. Zaffaroni, C. Pistolesi, E. Dal Negro, L. Coppola and M. Collepardi, “Calcestruzzi Proiettati ad Alte Prestazioni/High Performance Shotcrete”, Industria Italiana del Cemento, n. 756, Luglio/Agosto 2000, pp. 598-605). La Figura che segue mostra le tipiche prestazioni ottenibili con acceleranti alkali-free e con quelli a base di silicato di sodio in un calcestruzzo proiettato.

 

Influenza degli additivi acceleranti di presa

IMMAGINE 1: Influenza degli additivi acceleranti di presa sulla resistenza meccanica del calcestruzzo proiettato

 

Additivi acceleranti di indurimento

Incrementano l’indurimento del calcestruzzo alle brevi stagionature e sono particolarmente utili quando il calcestruzzo è gettato nei periodi invernali con rischio di gelo vedi Additivi acceleranti.

 

Additivi acceleranti di presa

Riducono il tempo di presa del cemento (vedi Additivi acceleranti).

 

Additivi aeranti

Gli additivi aeranti (air-entraining agents, AEA, in Inglese) modificano le prestazioni del calcestruzzo in servizio migliorandone la resistenza al ghiaccio cioè le prestazioni in servizio delle strutture che si trovano in classe di esposizione XF. 

La formazione del ghiaccio che avviene con aumento di volume spinge l’acqua non ancora congelata verso l’esterno e determina una forte pressione idraulica se il percorso è molto lungo capace di danneggiare il calcestruzzo (vedi Fisica dell’acqua nel calcestruzzo: formazione di ghiaccio). La presenza di micro-bolle d’aria, tra loro non molto distanti (con una spaziatura, spacing in Inglese, di 300-400 μm), consente di allentare la pressione idraulica perché l’acqua sotto pressione per la formazione del ghiaccio è ospitata nelle micro-bolle.

 

Micro-bolle (100-300 μm) d’aria disperse nella pasta di cemento che avvolge gli inerti

IMMAGINE 2: Micro-bolle (100-300 μm) d’aria disperse nella pasta di cemento che avvolge gli inerti (da “Il Nuovo Calcestruzzo” per gentile concessione di Tiziano Cerulli e Davide Salvioni, Mapei)

 

L’aria inglobata, in forma di micro-bolle sferiche, si sviluppa per effetto degli additivi aeranti, mentre l’aria intrappolata, in forma di macrovuoti di forma irregolare, è dovuta alla incompleta compattazione del calcestruzzo durante la messa in opera. Solo l’aria inglobata, e non da quella intrappolata, ha un’influenza positiva sul comportamento del calcestruzzo quando è esposto a cicli di gelo-disgelo vedi classe di esposizione XF. 

Gli additivi aeranti, aggiunti in quantità piccolissima (0,04-0,06% sul peso del cemento) modificano la tensione superficiale dell’acqua (e per questo sono detti anche tensioattivi), cosicché per effetto dell’agitazione meccanica nella miscelazione del calcestruzzo si formano micro-bolle d’aria con diametro di circa 100-300 µm. Quindi, la formazione delle bolle d’aria è dovuta ad un fenomeno fisico, come quello che provoca la formazione di schiuma allorquando si agita acqua in presenza di detersivi, anch’essi prodotti tensioattivi ancorché di tipo diverso rispetto agli additivi aeranti. Un’azione collaterale, ma benefica, degli additivi aeranti consiste nella riduzione di circa il 5% nell’acqua di impasto (a) per ottenere una determinata classe di consistenza.

D’altra parte occorre tener conto che la presenza delle bolle d’aria comporta una penalizzazione di circa il 20% nella resistenza meccanica a compressione del calcestruzzo alla quale si può far fronte riducendo il rapporto a/c.

 

Additivi anti-ritiro

Sono additivi, noti anche come SRA (da Shrinkage-Reducing Admixtures in Inglese) a base di etere poliglicoli e polioli che hanno la capacità di ridurre il ritiro igrometrico, il ritiro plastico e il ritiro autogeno.

L’iniziale stagionatura del calcestruzzo, subito dopo la rimozione delle casseforme, è un’operazione tanto importane quanto disattesa sui cantieri di tutto il mondo. La stagionatura consiste nel proteggere la superficie del calcestruzzo dall’evaporazione dell’acqua. L’asciugamento avviene se l’umidità relativa (U.R.) dell’ambiente è minore del 95%, ed è aggravato in condizioni di vento e di caldo che favoriscono l’evaporazione dell’acqua. Se la parte corticale della superficie a vista delle strutture in C.A., cioè il copriferro, si asciuga, si verifica una serie di inconvenienti che comprendono:

  • a) blocco del grado di idratazione del cemento per mancanza di acqua con conseguente arresto del processo di indurimento sulla superficie del calcestruzzo;
  • b) maggiore permeabilità agli agenti aggressivi come la CO2, l’aria, l’umidità ed i cloruri, con conseguente maggior rischio di corrosione dei ferri di armatura;
  • c) fessurazione superficiale —che coinvolge soprattutto il copriferro —  provocata dalla sollecitazione di trazione (σt) indotta dal ritiro igrometrico sulla parte corticale contrastato dalla stabilità dimensionale del calcestruzzo interno, ancora umido e quindi non esposto ancora a ritiro, con conseguente fessurazione ed accelerazione esponenziale del processo di degrado, se si verifica:

σt = εr • E > Rt

dove εr è il ritiro igrometrico libero, E è il modulo elastico a trazione ed Rt è la resistenza a trazione del calcestruzzo.

Per impedire questi inconvenienti, e soprattutto la fessurazione del copriferro, occorre impedire l’evaporazione dell’acqua soprattutto nei primi giorni che seguono la rimozione dei casseri, quando maggiore è la spinta ad evaporare dell’acqua non ancora combinata e quindi maggiore è il ritiro εr, ed ancora troppo bassa è la resistenza meccanica a trazione (Rt) del calcestruzzo. Nel caso delle superfici non casserate, come avviene tipicamente nelle superfici delle pavimentazioni industriali in calcestruzzo, il fenomeno dell’asciugamento e del conseguente ritiro è ancor più grave in quanto coinvolge un materiale ancora nello stato plastico e quindi privo di qualsiasi resistenza meccanica a trazione (Rt =0). La protezione della superficie del calcestruzzo in fase plastica (nelle pavimentazioni) o appena indurita (nelle strutture appena sformate) può avvenire con una delle seguenti metodologie, applicate immediatamente e protratte permanentemente per qualche tempo (da 3 a 7 giorni), finché il calcestruzzo non abbia raggiunto un’adeguata σt (≥ 1 MPa):

  • Spruzzare acqua nebulizzata sulla superficie dopo aver rimosso le casseforme;
  • Coprire con teli impermeabili le superfici appena scasserate;
  • Proteggere subito la superficie con teli di iuta bagnati;
  • Applicare una membrana anti-evaporante, nota anche come agente stagionante, oppure curing compound in Inglese.

L’applicazione a spruzzo del curing compound è sicuramente il procedimento più semplice ed economico in quanto - una volta applicato - non richiede il controllo e l’impegno continuo di manodopera previsti con gli altri sistemi di stagionatura per mantenere umida la superficie del calcestruzzo. Tuttavia, il suo intervento complica e rallenta comunque il processo produttivo sul cantiere dovendosi utilizzare, subito dopo la rimozione dei casseri, delle impalcature dalle quali appunto si procede all’applicazione della membrana anti-evaporante.

La stagionatura è disattesa anche dalla maggior parte delle imprese per la semplice ragione che essa, qualunque sia la sua specifica modalità esecutiva, ha un costo. D’altra parte la stagionatura non potrà essere mai apprezzata fino a quando, in presenza di un accurato controllo immediato dello stato fessurativo, non ci si renderà conto della sua importanza ai fini della durabilità delle opere. Pertanto, a meno che la stagionatura non venga specificamente prescritta, controllata, e rimborsata, con un costo ad hoc previsto in capitolato e disgiunto dagli altri costi esecutivi, la stagionatura viene ignorata. Le cause della mancata stagionatura sono in sostanza imputabili alla complicazione esecutiva, al mancato riconoscimento del costo, ed all’assenza di controllo da parte del Direttore dei Lavori.

Una soluzione al problema della stagionatura iniziale più gradita dalle imprese —per il minor intralcio delle fasi esecutive— appare l’impiego di additivi anti-ritiro SRA. In questo caso, infatti, il prodotto viene aggiunto nell’impasto e non già applicato sulla superficie, come avviene per la membrana anti-evaporante con qualche ulteriore complicazione sul cantiere per la sua applicazione. Ovviamente, anche per l’impiego dell’additivo SRA, deve essere inserita una specifica voce nel capitolato che preveda il rimborso all’impresa per questo costo aggiuntivo. Inoltre, il calcestruzzo che ne risulta, che possiamo definire calcestruzzo auto-stagionante, Self-Curing Concrete, in Inglese, non appare ancora una soluzione tecnicamente accettabile e definitiva. Infatti, in un calcestruzzo contenente SRA, in confronto a quello di un calcestruzzo di riferimento privo di questo additivo, si registra una discreta riduzione del ritiro soprattutto quello iniziale (durante i primi mesi), ma non una sua totale eliminazione come è mostrato in Figura:

Quest’obiettivo può, invece, essere utilmente perseguito, purché  l’SRA sia impiegato in combinazione con gli agenti espansivi  a base di CaO, per eliminare completamente gli effetti del ritiro igrometrico. Nella Figura che segue si vede come l’azione combinata di SRA con un agente espansivo a base di CaO presenti due benefici: una maggiore efficacia dell’agente espansivo consistente in una maggiore espansione all’interno dei casseri (U.R. = 99%) ed una minore riduzione dell’espansione nella successiva esposizione all’aria insatura (U.R.= 65%). Questi benefici rendono particolarmente interessante l’impiego congiunto di SRA ed agenti espansivi a base di CaO nel campo dei calcestruzzi a ritiro compensato.

Un’altra interessante applicazione dell’additivo SRA, in combinazione con un additivo superfluidificante per ridurre l’acqua e il cemento, e con macro-fibre polimeriche per ridurre la propagazione delle microfessure incipienti, riguarda le pavimentazioni industriali in calcestruzzo. Grazie a questa terna di prodotti (due additivi più fibre) viene eliminata la formazione di fessure ancorché la superficie non venga stagionata a umido (A. Borsoi, M. Collepardi, J.J. Ogoumah Olagot, R. Troli, E. Strazzer, “Chemical Use of admixtures and polymer macro-fibers in crack-free industrial concrete floors without wire-mesh”, Supplementary Papers of the 8th International ACI/CANMET Conference on Superplasticizers and Other Chemical Admixtures, Sorrento, 2006, pp. 201-211).

Per quanto concerne il meccanismo di azione, l’SRA sorprendentemente non riduce l’evaporazione dell’acqua. L’evaporazione dell’acqua, infatti, rimane sostanzialmente la stessa nel calcestruzzo con SRA ed in quello di riferimento senza SRA (M. Collepardi, A. Borsoi, S. Collepardi, J.J. Ogoumah Olagot, R. Troli “Effects of Shrinkage Reducing Admixture in Shrinkage Compensating Concrete”, Proceedings of VII AIMAT Congress, Ancona, Italy, 26 June - 2 July 2004) come è mostrato nella seguente Figura:

Una spiegazione di questo singolare comportamento (riduzione del ritiro da essiccamento senza, però, ridurre l’essiccamento stesso del calcestruzzo) è stata trovata attribuendo l’effetto dell’SRA alla riduzione della contrazione da ritiro igrometrico (εr) a seguito della diminuzione della tensione superficiale dell’acqua che rimane nei pori capillari. E’ noto, infatti, che a seguito della perdita di acqua in ambienti insaturi di vapore con U.R.

L’attrazione delle fibre di C-S-H —e quindi la contrazione da ritiro— riguarda soprattutto i pori con diametro tra 2,5 e 50 nm, ed è tanto maggiore quanto maggiore è la tensione superficiale come è mostrato nella seguente equazione:

Pc = 2σ•cos θ/r

dove Pc è la pressione capillare che spinge le particelle di cemento idratate l’una verso l’altra provocando il ritiro igrometrico, σ è la tensione superficiale dell’acqua contenuta nei menischi, r è il raggio di curvatura dei menischi e θ l’angolo di bagnatura dell’acqua a contatto del cemento idratato.

Conseguentemente, i prodotti chimici che costituiscono l’SRA, che provocano una riduzione nella tensione superficiale (σ) dell’acqua, sono responsabili della riduzione del ritiro igrometrico senza modificare il trasferimento di acqua dal calcestruzzo verso l’ambiente insaturo di umidità vedi Fisica dell’acqua nel calcestruzzo: influenza dell’acqua sulle alterazioni biologiche.

 

Dizionario Enciclopedico del Calcestruzzo-Collepardi

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