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Google punta sulla fusione nucleare per alimentare i data center: accordo da 200 MW con CFS

Google sigla il più grande accordo privato di acquisto di energia da fusione, impegnandosi a prelevare 200 megawatt dal futuro impianto ARC di Commonwealth Fusion Systems. La mossa punta a sostenere l'obiettivo di alimentare i data center con elettricità carbon free, frenando le emissioni crescenti generate dall'intelligenza artificiale, in attesa del via commerciale entro i primi anni Trenta negli USA.

Google e CFS: accordo da 200 MW di fusione nucleare

Il colosso di Mountain View firma il più grande accordo di acquisto diretto di energia da fusione con la Commonwealth Fusion Systems: 200 megawatt di potenza pulita che, a partire dagli anni Trenta, potrebbero alimentare data center sempre più affamati di elettricità e frenare le emissioni schizzate in alto nell’era dell’intelligenza artificiale. Secondo gli analisti, la mossa potrebbe accelerare l’intera filiera.

Google investe nella fusione nucleare: accordo da 200 MW con CFS e nuova tranche di capitale per il reattore ARC; la scommessa intende frenare le emissioni in crescita nell’era dell’AI.

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AI, affamata di energia

La corsa all’IA sta triplicando la domanda elettrica dei data center globali: solo Google ha consumato oltre 30 TWh nel 2024, il doppio rispetto al 2020, mentre le sue emissioni complessive sono salite del 51 % dal 2019.

L’accordo annunciato il 30 giugno 2025 prevede l’acquisto di 200 MW di energia da fusione dal futuro impianto ARC di Commonwealth Fusion Systems (CFS) in Virginia — la metà della capacità prevista — a sostegno dell’obiettivo 24/7 carbon-free entro il 2030.

«Secondo l’articolo “We got two big pieces of energy news from Google this week” di Casey Crownhart, pubblicato su MIT Technology Review – The Spark il 30 giugno 2025, Google affianca il nuovo contratto di fusione al suo report ambientale che mostra il raddoppio dei consumi energetici dei data center.»

Sintesi ragionata del contenuto originale

L’accordo: offtake da 200 MW e seconda iniezione di capitale di Google in CFS.
Tempistiche: dimostratore SPARC in Massachusetts operativo nel 2026; ARC connesso alla rete nei primi anni ’30.
Motivazioni: frenare l’impennata di consumi elettrici, trainati da AI, Cloud e YouTube.
Confronto: Microsoft aveva già firmato un PPA da 50 MW con Helion; Google raddoppia la posta.
Criticità: tecnologia non ancora “net energy positive”; serve raggiungere Q > 1 in esercizio industriale.

    

Accordo Google e CFS: Approfondimento / Analisi

L’impegno di Google non è filantropico: senza “capacity firm” a zero emissioni, la transizione energetica digitale rischia di incepparsi.

L’affidamento su rinnovabili variabili, pur essenziale, non basta a garantire la continuità di calcolo richiesta da modelli IA distribuiti.

Se ARC manterrà la promessa — magneti HTS compatti, Q≈11 e potenza continua — potrà:

  • fornire energia distribuita vicino ai cluster di server, riducendo congestioni di rete;
  • diventare benchmark normativo per licenze di reattori compatti, accelerando l’iter dell’ITER-like europeo;
  • catalizzare una filiera industriale per superconduttori e criogenia avanzata, con spill-over su SMR fissione e rete HVDC.

Restano sfide: costi iniziali elevati (CAPEX > 5 k$/kW), incertezza sugli scarti neutronici e sulla durata dei componenti interni.

L’Inflation Reduction Act statunitense e i CBAM europei potrebbero però compensare con incentivi a zero carbon.

   

Riflessioni conclusive

Il “salto” di Google conferma che la decarbonizzazione dell’informatica passerà da tecnologie di frontiera oltre eolico e solare.

Per industria e policymaker europei è un campanello d’allarme: occorre sostenere dimostratori nazionali, standardizzare il quadro di safety e accelerare i Power Purchase Agreement per l’energia di fusione.

La partita per l’energia delle stelle è iniziata: resteremo a osservare chi saprà trasformare la promessa in gigawatt reali.

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