Il Capitolato Informativo tipo: qual è la sua utilità?
Il Capitolato Informativo è un documento chiave nella gestione informativa digitale per le stazioni appaltanti, rischia però di essere banalizzato e disconnesso dai processi decisionali complessi richiesti dalla digitalizzazione moderna e perdere così di efficacia.
Verso un Capitolato Informativo Dinamico: necessità di personalizzazione e integrazione nei contratti pubblici
Il Capitolato Informativo rappresenta, in termini di adempimento agli obblighi legislativi in materia di Gestione Informativa Digitale, una delle maggiori preoccupazioni delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti, assieme all’acquisizione dell’Ambiente di Condivisione dei Dati e al reclutamento di profili professionali dedicati (e certificati).
La dizione di Capitolato Informativo costituisce la interpretazione a livello nazionale di ciò che attualmente sono definiti Exchange Information Requirements (EIR), ovvero sia requisiti informativi di scambio di dati e di informazioni.
Del Capitolato Informativo, inteso come documento formale, esiste ormai una struttura consolidata, articolata sostanzialmente in tre elementi, sia pure con variazioni:
- organizzativo,
- gestionale,
- tecnico.
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La struttura consolidata del Capitolato Informativo
La funzione del Capitolato Informativo è, in definitiva, quella di contrattualizzare le richieste della stazione appaltante o dell’ente concedente nei confronti del fornitore, esterno o interno che sia.
La necessità di disporre di un tale documento, entro il complesso dei documenti relativi alla fase di affidamento del contratto pubblico, ha fatto sì che di esso si predisponessero le cosiddette versioni tipo o tipologiche. Se, per un verso, ciò è giustificato dalla invarianza strutturale del documento, per un altro, questo atteggiamento contribuisce alla banalizzazione dell’argomento.
Bisogna, infatti, considerare che, da un lato, la normativa internazionale fa degli EIR il solo passaggio conclusivo di un processo di formulazione dei requisiti informativi che nasce a monte del singolo investimento e del singolo contratto, prevedendo gli OIR (a livello dell’organizzazione) e gli AIR (a livello del patrimonio).
Questo avviene perché la normativa internazionale si sta orientando nella dimensione della centralità della gestione integrata del ciclo di vita utile di servizio dei beni immobiliari e infrastrutturali.
Il che comporta la necessità di disporre di un Sistema di Gestione dei Processi Digitalizzati, che dovrebbe essere descritto nell’Atto dell’Organizzazione. In altre parole, l’organizzazione è anteposta all’intervento, il dirigente apicale al RUP, la programmazione pluriennale al singolo investimento, e così via.
Per un altro canto, il Codice dei Contratti Pubblici lega indissolubilmente la prima definizione del Capitolato Informativo al Documento di Indirizzo alla Progettazione e, indirettamente, al Quadro Esigenziale e al Documento di Fattibilità delle Alternative Progettuali, per i quali il Codice introduce l’approccio geo-spaziale o GEOBIM.
Dal che si deduce, anzitutto, che la presenza avulsa di Capitolati Informativi tipologici generalizzati abbia poco senso, se non quello di esimere la Pubblica Amministrazione da uno sforzo di comprensione e di interiorizzazione.
Vi è, poi, soprattutto, da dire che una parte rilevante del Capitolato Informativo, relativa alla configurazione dei requisiti informativi veri e propri, connessa ai cosiddetti Livelli di Fabbisogno Informativo, non dovrebbe nemmeno più essere espressa tramite porzioni documentali, bensì attraverso strumenti che ne consentano la specificazione in termini leggibili dalla macchina, strettamente interoperabili con i dispositivi di produzione dei modelli informativi.
La qual cosa esclude che la stazione appaltante o l’ente concedente possa chiamarsi fuori da una azione specifica e puntuale di manifestazione professionale delle proprie richieste.
Soprattutto, si tratta di integrare le procedure relative ai flussi informativi con i processi di carattere decisionale.
Ancora una volta, documenti generici appaiono incompatibili con le capacità professionali da prevedere per una committenza digitalizzata, coerente con le politiche di qualificazione delle stazioni appaltanti.
Un altro fattore da considerare è dato dal fatto che solitamente le sintetiche prescrizioni inerenti alle caratteristiche dell’Ambiente di Condivisione dei Dati erano incluse proprio nel Capitolato Informativo, mentre ora tale Ambiente è strutturalmente già presente, pre-esistente, ma pone l’esigenza di considerare, contrattualmente, appunto, tutte le informazioni e, dunque, tutti i dati: non solo i modelli informativi.
Questo Ambiente appare, in effetti, ben più di un archivio passivo, proponendosi gradualmente come ecosistema digitale in cui potenzialmente si possano governare semi-automaticamente i processi.
D’altronde, l’ipotesi che la controparte contrattuale possa utilizzare un proprio Ambiente di Condivisione deve confrontarsi con la nuova definizione di Ambiente, articolato in uno strato superiore e in uno inferiore, l’uno processuale e l’altro strumentale, oltre che con lo sfidante argomento della interoperabilità degli Ambienti stessi e con piattaforme e sistemi esterni.
A queste considerazioni si aggiunga il fatto che vi sia, per ora, ben poca esperienza di Capitolati Informativi specificamente rivolti ai servizi di coordinamento per la sicurezza, di verifica del progetto ai fini della validazione, di direzione dei lavori e di collaudo tecnico-amministrativo, nonché di esecuzione dei lavori e di gestione delle forniture.
Più in generale, poco si comprende come ormai la produzione e l’elaborazione dei dati nell’ambito dei contratti pubblici abbia largamente esondato, in tutte le sue fasi temporali, dagli angusti alvei della modellazione informativa (del cosiddetto BIM): basti pensare all’introduzione di soluzioni di Machine Learning per la progettazione, di Internet of Things per la realizzazione dei lavori, di loro combinatorie per la gestione dei cespiti con i Gemelli Digitali.
Possiamo davvero credere che sia sufficiente una superficiale normalizzazione del Capitolato Informativo?
Tanto più che la dilatazione dei confini dell’universo digitale pone pressanti quesiti attinenti alla proprietà del dato, alla cyber sicurezza, all’eticità dell’uso dei dati, alla spiegabilità e all’affidabilità delle soluzioni suggerite dalla macchina.
Più in generale, il tema richiede competenze sempre più avanzate, ingegneristiche e giuridiche, che il settore non possiede.
Se, perciò, è difficile scorgere e ipotizzare particolari innovazioni nella struttura intrinseca del Capitolato Informativo esclusivamente indirizzato alla modellazione informativa, occorre, invece, porsi alcuni interrogativi sia sul fatto che esso possa continuare a essere solo un documento, e non anche uno strumento, sia sulle conseguenze che la gestione complessiva dei dati prodotti in un Ambiente di Condivisione nelle diverse fasi temporali dell’investimento induce.
Tra l’altro, solitamente la stesura del Capitolato Informativo è acriticamente scissa dalla redazione dello schema di contratto: il che risulta piuttosto singolare, data la natura e la finalità del Capitolato.
Vi è, infine, da tenere in conto il soggetto a cui è rivolto il Capitolato Informativo, vale a dire la controparte contrattuale.
È evidente che una generalizzazione acritica del Capitolato Informativo implicitamente ingeneri analogo esito nella risposta pre-contrattuale e contrattuale data dal Piano di Gestione Informativa.
D’altra parte, se il Capitolato Informativo costituisce il principale riferimento contrattuale per accertare la conformità delle prestazioni erogate dalla controparte, come ciò potrà credibilmente avvenire senza una personalizzazione delle richieste?
Certamente è opportuno sostenere e supportare stazioni appaltanti ed enti concedenti, in buona parte digitalmente immaturi, forse anche comprensibilmente, al netto di pose dilatorie, ma il punto è che si tratta di acquisire per essi, una nuova professionalità.
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