Digitalizzazione
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Il DM 560/2017, la Domanda Digitale e il Massimalismo della Committenza

Una riflessione del prof. Angelo Ciribini

Nel presente tempo della eccezionalità pandemica risuonano le invocazioni alla abolizione del codice dei contratti pubblici, sino al punto di augurarsi, dopo la caduta della cosiddetta soft law, anche il differimento della entrata in vigore del nuovo regolamento generale di attuazione, inteso come sostitutivo della impostazione predetta, differimento proposto in nome della semplificazione e della sburocratizzazione, all’insegna del cosiddetto Modello Genova, i cui tratti di riproducibilità sistematica appaiono, invero, dubbi.

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La digitalizzazione, un motore irrinunciabile per il Paese

Tutto ciò è comprensibile alla luce di circostanze non del tutto inedite, ma invita, piuttosto, a una riflessione più equilibrata, sistematica e sistemica sulla necessità di una politica industriale che punti ai tratti di debolezza strutturale del mercato, non risolvibili attraverso una stretta regolamentare né grazie al venir meno di lacci e di lacciuoli.

In altro ambito economico e industriale, le posizioni di Carlo Bonomi e di Michele Bentivogli ben esemplificano un simile approccio prospettico di grande respiro.

Naturalmente, entro questo quadro, la digitalizzazione è dipinta come un motore irrinunciabile.

Corre anche, sul fronte opposto, in proposito, in parte sotto traccia, una, più o meno velata, critica al decreto ministeriale 560/2017, accusato da alcuni osservatori, con argomentate obiezioni, di aver limitato i propri contenuti a un livello sintetico, senza averne ulteriormente approfondito i dettagli.

A prescindere dal fatto che, presumibilmente, il disposto sarà riassorbito nel futuro regolamento generale di attuazione, a parere dello scrivente è palese che vi sia, anzitutto, un esteso e crescente corpo normativo nazionale, sovranazionale e internazionale, disponibile, da porre in relazione a esso e che, in secondo luogo, sussistano, altresì numerose linee guida societarie, manifestazione della cultura delle singole organizzazioni.

Bisogna anche ricordare che, in definitiva, a prescindere dalle formule impiegate, concettualmente tutti gli approcci praticati non siano poi così dissimili tra loro da giustificare clamorose distinzioni.

L’attività normativa, d’altronde, oggi in costante evoluzione tra pre-normazione e post-normazione, vanta una tradizione antica e costitutivamente esprime la tutela degli interessi del Sistema Paese o del Sistema Continente.

Semmai, se proprio si volesse riflettere propositivamente sull’evoluzione del tema, due sarebbero le questioni: una maggiore focalizzazione multi-procedimentale nell’economia generale delle strategie organizzative e patrimoniali delle amministrazioni pubbliche, abilitata da una stretta connessione tra Information e Portfolio Management; l’istituzione di una agenzia pubblica di riferimento, quale esito della mai avviata commissione di monitoraggio, prevista dal decreto ministeriale.

Sulla questione della Domanda digitale e dei capitolati informativi

Il punto saliente risiede, tuttavia, in ben altra considerazione: una sistematica analisi comparata dei capitolati informativi redatti da stazioni appaltanti e, più raramente, da amministrazioni concedenti, vertenti prevalentemente sulla fase di progettazione, metterebbe facilmente in luce una concezione sostanzialmente analogica della transizione digitale, di fatto imperniata sulla centralità documentale, specie di carattere geometrico-dimensionale, in cui i modelli informativi hanno la meglio, per così dire, sugli ambienti di condivisione dei dati.

Questa impostazione, peraltro, nonostante alcuni casi che sembrerebbero smentire una preoccupazione invero generalizzata, vede profonde cesure nei modelli e nelle strutture dei dati  nella transizione di fase tra ideazione e realizzazione, con conseguenze nefaste sulla operabilità dei cespiti, ancor prima che sulla loro costruibilità.

All’inverso, però, occorre, ora che, a livello internazionale, l’argomento si profila, interrogarsi sulle modalità che dovrebbero ispirare la Domanda autenticamente digitale.

Poiché essa, infatti, assumerebbe un tono sempre più numerico-computazionale, per cui il capitolato informativo si tradurrebbe esso stesso in un dispositivo operativo che immettesse direttamente i requisiti informativi (organizzativi, patrimoniali e procedimentali) maturati internamente alla fase meta-progettuale di committenza nelle azioni progettuali, si potrebbe profilare una sorta di dittatura del committente, che si esplicherebbe sia in una forma sempre più pervasiva di accertamento sui modelli informativi sia di intelligence inerente alla modellazione informativa, una prospettiva inquietante anche se remota.

Ora, se è chiara, già nel decreto, l’intenzione di volere la committenza quale driver dei processi e dei procedimenti, è altrettanto evidente il rischio di una «subordinazione» della Offerta professionale e imprenditoriale a una accezione totalitaria di dominio per istruttoria e per conformità da parte dei soggetti proponenti della Domanda.

Digitalizzazione della Domanda Pubblica

Se, infatti, sinora le amministrazioni pubbliche hanno tendenzialmente «chiesto il BIM», la prospettiva per esse appare quella di «praticare il BIM».

Se, come, ad esempio, è testimoniato dallo scenario numerico-computazionale che caratterizza la formulazione dei requisiti informativi di tipo regolamentare, l’idea fosse quella di ricondurre la progettazione entro un contesto riconoscibile (o dominabile?) dagli algoritmi, sarebbe possibile che ciò avvenisse in maniera deterministica, anziché probabilistica, a dispetto di tutti i generativismi attualmente tanto in voga.

Il pensiero, vale a dire, secondo cui occorra favorire un ritrovato protagonismo della committenza, pubblica o privata che sia, rischia, infatti, di sfociare in una ideologia tanto pericolosa quanto può risultare, al contrario, l’odierna sua debolezza.

Le più recenti acquisizioni relative ai processi digitalizzati implicano, senza alcun dubbio, un ruolo primario della committenza, nella fattispecie della amministrazione pubblica, all’interno dei contratti pubblici, laddove la gestione delle informazioni sia posta in stretta correlazione con la gestione delle decisioni.

Occorre, però, prestare attenzione a una deriva da accertamento di conformità che vorrebbe il committente in un ruolo egemonico, che scontasse una pregiudiziale negativa nei confronti di professionisti e di imprenditori e che, ad esempio, riconducesse integralmente le attività di verifica del progetto e di direzione dei lavori a oggettivo controllo, una condizione, per certi versi, auspicabile, ma, al contempo, da discutere nelle sue implicazioni.

Tale condizione potrebbe, in realtà, accentuare forse le condizioni di conflittualità e di dis-integrazione, già oggi assai rimarchevoli ovvero essa sarebbe praticabile solo entro una riconfigurazione del mercato e dei quadri giuridici che lo regolano.

Un ruolo del genere sarebbe, del resto, forse meglio praticabile in alcune operazioni di sviluppo immobiliare, ma, in generale, ciò che servirebbe sarebbe una capacità dialogica di natura digitale tra le parti, anche in virtù del fatto che nel rapporto tra il capitolato informativo e il piano di gestione informativa, bidirezionale, i requisiti informativi possono essere, in maniera additiva, presenti anche nelle richieste rivolte dal soggetto contraente nei confronti della propria catena dei fornitori.

È importante, perciò, agli albori effettivi della digitalizzazione della Domanda Pubblica (le punte più avanzate non sono che una esigua percentuale dei committenti), domandarsi in che maniera un rafforzamento delle abilità, delle conoscenze e delle competenze digitali delle stazioni appaltanti e delle amministrazioni concedenti possa permettere l’instaurarsi di relazioni contrattuali collaborative tra le parti.

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