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Il muro di contenimento abusivo si può sequestrare solo in presenza di rischi per la sicurezza

Cassazione: il sequestro di un muro di contenimento, può essere effettuato nel solo caso in cui dallo stesso derivi un pericolo per la pubblica incolumità o che la sua presenza possa facilitare la commissione di nuovi reati

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Il sequestro preventivo di un'opera abusiva (come un muro di contenimento) è possibile solo se la sua presenza comporti precisi rischi. Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza 37363/2019 dello scorso 9 settembre, dove si mettono alcuni, importanti paletti sul tema.

Nel caso specifico, il Gip aveva disposto il sequestro di un muro di contenimento di una scarpata sulla base della constatazione che lo stesso realizzato sul territorio, in difformità alle cautele previste dalla normativa, costituisse un evidente pericolo per la pubblica incolumità. Di opposto parere era il Tribunale del Riesame, secondo cui la semplice presenza di un elementare costruzione come un muro di contenimento di una scarpata non potesse di per se costituire una fonte di pericolo. Di conseguenza, veniva restituita la disponibilità a chi lo aveva edificato.

Sequestro del manufatto abusivo: i paletti della Cassazione

Quanto affermato dalla Cassazione per dirimere la questione assume una certa rilevanza poiché riguarda i casi in cui si possa dare corso ad un sequestro in forma preventiva, provvedimento che precede la decisione definitiva del procedimento, e che consiste nella privazione della disponibilità del bene, realizzato in maniera difforme dalla normativa, a chi lo aveva invece realizzato o ne aveva comunque la disponibilità.

I giudici supremi ricordano che, in tema di reati edilizi o urbanistici, la valutazione che, al fine di disporre il sequestro preventivo di manufatto abusivo, il giudice di merito ha il dovere di compiere in ordine al pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa agevolare o protrarre le conseguenze di esso o agevolare la commissione di altri reati, va diretta in particolare ad accertare se esista un reale pregiudizio degli interessi attinenti al territorio o una ulteriore lesione del bene giuridico protetto (anche con riferimento ad eventuali interventi di competenza della p.a. in relazione a costruzioni non assistite da concessione edilizia, ma tuttavia conformi agli strumenti urbanistici), ovvero se la persistente disponibilità del bene costituisca un elemento neutro sotto il profilo dell'offensività (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003 - dep. 20/03/2003, P.M.in proc. Innocenti, Rv. 223722).

Per il ricorrente, c'è insussistenza sia del fumus commissi delicti giustificativo della misura cautelare reale, sia del periculum in mora (dalla costruzione abusiva non deriva cioè un rischio per la pubblica incolumità e la presenza dello stesso non facilita o comunque non agevola la realizzazione di nuovi reati).

Il Tribunale aveva escluso la sussistenza del fumus del reato edilizio sul presupposto che l'opera, a lavori ultimati, era stata ricondotta entro i limiti di altezza consentiti, sicché non sarebbe stata ravvisabile qualche difformità rispetto a quanto dichiarato mediante s.c.i.a., con ciò implicitamente escludendo anche il fumus dei reati di cui agli artt. 95 del dpr 380/2001 e 734 cod. pen.

Per quanto accertato dal Tribunale - e la Cassazione concorda -, i lavori sono stati ultimati, di talché - oltre all'insussistenza del fumus - non appare configurabile il periculum in mora, in quanto la persistente disponibilità del bene appare un elemento neutro sotto il profilo dell'offensività.

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