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Il «Prodotto» Casa

Una riflessione di Angelo Ciribini

Come cambia il prodotto immobiliare

Tra qualche mese saranno resi noti i risultati ottenuti da ELISIR, un programma di ricerca finanziato dalla Regione Lombardia entro il bando Smart Living, di cui l’Università degli Studi di Brescia è capofila, che vede la partecipazione di importanti realtà accademiche e imprenditoriali.

Ciribini parla dei cespiti immateriali del nuovo mercato immobiiareDei contenuti specifici del programma si avrà modo di discutere e di ragionare in sedi opportune.

Ciò che si desidererebbe, in questa sede, sottolineare è la natura ultima dell’idea originaria, che riguarda un Business Model non distante dalla comune tendenza oggi presente nel settore della costruzione e dell’immobiliare a «dematerializzare» il prodotto, all’insegna dello "as a Service" o "as an Experience", che si risolve secondo uno spettro che intercorre tra una offerta tradizionale di locazione sempre più sofisticata e modalità innovative di Co-working o di Co-Housing.

Si tratta, vale a dire, una volta convenuto sulla tendenza, di capire, per la destinazione residenziale, oltre che per quella terziaria, dello spazio di vita, oltre che di lavoro, in che modo concreto questa accezione possa trasformarsi in offerta reale e se essa possa trovare nel mercato soggetti disposti ad acquisirla garantendo ai fornitori elevati margini di redditività.

I nuovi parametri di interesse immobiliare

ELISIR, in particolare, si rivolge all’edilizia condominiale esistente, agendo su alcuni parametri sensibili per i cittadini, quali la sicurezza (il miglioramento delle prestazioni strutturali in caso di eventi sismici), la sostenibilità (l’efficienza energetica e il benessere fisico-ambientale), la circolarità (il consumo di acqua ai fini dell’esercizio degli impianti idroelettrici-sanitari).

Cribini: nuovi contratti immobiliari per tenere conto dei servizi digitaliEvidentemente, però, anche le altre forme di edilizia residenziale, a cominciare da quelle esistenti, potrebbero prestarsi allo stesso approccio: si pensi, ad esempio, alle agenzie territoriali per la casa o alle società di gestione del risparmio impegnate nel Social Housing.

Benché tutti questi aspetti si inverino in ELISIR in puntuali innovazioni tecnologiche delle quali qui non sarebbe corretto dare anticipazioni, ciò che conta è che esse, alla conclusione dei lavori di ricerca, in parte sperimentali e prototipali, non siano che i materiali e i componenti iniziali di un assai più vasto repertorio, embrionale, che fa riferimento a una intelligenza computazionale di sistema che si occupa degli stili di vita delle comunità e delle persone.

Così come la cappa domestica, in altra sede, è parsa «ansiosa» di collegarsi all’assistente vocale della casa, oppure come il forno dialoga, in alcuni scenari, col frigorifero sulla base del programma nutrizionale degli occupanti.

Come cambieranno i contratti immobiliari ?

Quantunque sia chiaro che non si possano intendere espressioni quali «comunità» o «stile di vita» in termini meramente tecnologici né che si possa immaginare che i cespiti fisici, tanto più se già esistenti, siano così evolutivi e personalizzabili, si impongono due aspetti cruciali: il grado di predizione e di anticipazione tollerabile; la forma contrattuale praticabile.

Ciribini: i condomini diventeranno troppo ossessiviSe i risultati di programmi come ELISIR o altri simili potranno avere un prosieguo in termini di progetti industriali, è palese, anzitutto, che molti dei dispositivi strumentali che ne saranno parte integrante dipenderanno dalla qualità dell’interazione tra gli stessi e gli utenti: il che richiede che vi sia una intelligenza, centralizzata o distribuita, che capitalizzi i dati relativi a tali aspetti comportamentali e produca azioni previsionali sulla scorta di ciò che da essi apprende.

Ciò, tuttavia, pone l’interrogativo su quali sia il grado di anticipazione delle esigenze degli individui e delle comunità che questi ultimi siano in grado di apprezzare senza che la predizione divenga turbolenta e opprimente.

In secondo luogo, occorre comprendere quali siano i termini proponibili delle pattuizioni contrattuali inerenti a queste case che, effettivamente, appaiono più «giovevoli» che non «intelligenti», nel senso di vertere sugli stili di vita, ancor prima che su Building Automation o simili.

Si tratta, allora, di capire se gli indicatori prestazionali relativi a tali contratti possano limitarsi a garantire migliori esiti del funzionamento dei cespiti (anche, appunto, grazie all’interazione cogli occupanti), magari tramite il famigerato «gemello digitale», oppure se si giunga a estenderne l’ambito ad aspetti di carattere «esistenziale», come, ad esempio, su risvolti di carattere sanitario o, più semplicemente, salutistico.

Un edificio che sia in grado di «dialogare», nelle sue componenti mobili e immobili, cogli abitanti, intuendone e anticipandone i bisogni (persino quelli emozionali) potrebbe, infine, divenire ossessivo, per quanto l’interazione possa avvenire secondo modalità «naturali».

angelo-ciribimi-bim-digitalizzazione.jpgParimenti, ampliare l’oggetto di un contratto di acquisizione o di locazione di un immobile a temi «immateriali» potrebbe comportare difficoltà oggi non facilmente immaginabili.

Il punto, però, è che è giunto il momento di andare oltre gli scenari e i prototipi per stabilire se le opzioni proposte rimangano una semplice suggestione, utile a mostrare tendenze di lungo periodo, oppure se si sia davvero in prossimità di un cambio di paradigma.

Quello che il dibattito sorto in occasione dell’IPO presentata da WeWork, anche nella comparazione con IWG, ha suggerito, in questo caso per i luoghi di lavoro, è che se, da un lato, i notevoli investimenti tecnologici tesi a monitorare e a prevedere i comportamenti specifici di singoli individui o gruppi di lavoratori sono fondamentali, ciò che il cliente societario si attende è un incremento di produttività tradotto in stato di benessere e di socialità, per cui è evidente che non si tratti solo del ruolo effettuato dallo «spazio», ma, soprattutto, di quello assunto dalla «relazione».

Quanto, poi, questo assunto sia trasponibile dall’ufficio all’abitazione è da discutere, ma sta di fatto che le parole «flessibilità» e «versatilità», usate spesso in apparenza come istanze generiche e, in definitiva, piuttosto vuote, stanno a indicare una progressione che intercorre tra componenti fisici, spazi intangibili, relazioni immateriali: da rendere concretamente in contratti e redditività.

 

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