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India AI: sfida all’autonomia tra lingue, GPU e modelli sovrani

Il boom dell’intelligenza artificiale trova in India un terreno sfidante ma determinato. Tra lingue locali, carenza di risorse e rincorsa alla sovranità tecnologica, il governo ha lanciato il programma IndiaAI e puntato su modelli come Sarvam per costruire un’infrastruttura nazionale dell’IA. Una strategia che unisce pubblico e privato per recuperare terreno su Cina e Stati Uniti.

L’ambizione dell’India di rendersi indipendente nell’IA

Mentre Cina e Stati Uniti dominano lo sviluppo dei modelli fondamentali di intelligenza artificiale, l’India – da sempre hub mondiale dei servizi IT – cerca ora di recuperare terreno.

Ma a differenza dei giganti globali, deve fare i conti con una doppia sfida strutturale: l’estrema frammentazione linguistica e una storica sotto-investitura in R&D (appena lo 0,65% del PIL nel 2024, contro il 2,68% della Cina e il 3,5% degli USA).

Eppure, qualcosa sta cambiando.

Il successo del modello cinese open-source DeepSeek-R1 ha scatenato una risposta politica e imprenditoriale senza precedenti, accendendo una corsa verso una “IA sovrana” su misura per la popolazione e le lingue indiane.

Secondo l’articolo “Inside India’s scramble for AI independence” di Shadma Shaikh, pubblicato su MIT Technology Review il 4 luglio 2025, l’India ha lanciato una serie di iniziative per sviluppare grandi modelli linguistici (LLM) e dotarsi di infrastrutture computazionali pubbliche in risposta al ritardo accumulato nel settore.

   

Sintesi dei contenuti principali

L’articolo illustra il contrasto tra entusiasmo e frustrazione nella comunità tech indiana: da un lato Adithya Kolavi (CognitiveLab) si dice ispirato dal successo cinese di DeepSeek (“This is how we disrupt with less”), dall’altro Abhishek Upperwal (Soket AI Labs), autore del modello Pragna-1B, lamenta la cronica mancanza di fondi per fare il salto di scala.

Il governo indiano ha reagito rapidamente:

  • Gennaio 2025: MeitY ha lanciato una call per riservare capacità GPU a progetti AI pubblici.
  • In poche settimane sono arrivate oltre 200 proposte da startup e centri di ricerca.
  • Ad aprile, è stato annunciato lo sviluppo di sei modelli fondamentali e 18 applicazioni verticali (agricoltura, educazione, clima).
  • Sarvam AI è stato incaricato di addestrare un modello da 70 miliardi di parametri ottimizzato per le lingue indiane.

Problema chiave: la diversità linguistica.

L’India ha 22 lingue ufficiali e centinaia di dialetti, ma questi rappresentano meno dell’1% dei contenuti digitali. I tokenizzatori globali spesso falliscono su script complessi come il Devanagari.

Da qui la necessità di modelli come:

  • OpenHathi-Hi-v0.1 (Hindi, su architettura LLaMA 2)
  • Krutrim-2 (12B parametri, 22 lingue)
  • Sarvam-M (24B parametri, multilingue, basato su Mistral Small)
  • Pragna-1B, con “balanced tokenization”, capace di performare come un modello LLaMA da 7B con soli 1,25B parametri.

La IndiaAI Mission, con 1,25 miliardi di dollari di dotazione, è il cuore dell’ambizione nazionale. Prevede:

  • 18.000 GPU pubbliche (tra cui 13.000 Nvidia H100)
  • Centri di ricerca decentralizzati
  • Dataset nazionali multilingue
  • Fondi diretti a startup deep-tech e AI

Tuttavia, la scelta di rendere chiuso il modello Sarvam ha acceso il dibattito. «True sovereignty should be rooted in openness and transparency», afferma Amlan Mohanty, mentre altri difendono l’approccio “neutrale” del governo, che lascia alle aziende la scelta del modello di licenza.

   

Analisi e commento: IA sovrana o IA nazionale?

L’approccio indiano si differenzia da quello di USA e Cina: mentre questi cercano la supremazia globale, l’India mira a un’autonomia contestualizzata e regionale. Non costruire tutto lo stack, ma diventare insostituibili in un punto chiave – ad esempio, i servizi vocali per il Global South o le app per l’agricoltura multilingue. Come afferma Bharath Reddy del Takshashila Institution: «Dominate one layer, like applications, services, or talent, so you remain indispensable».

Il richiamo all’esperienza Mangalyaan – la missione marziana low-cost – è calzante. L’obiettivo non è battere OpenAI, ma creare strumenti utili, economici e inclusivi.

L’infrastruttura cresce, ma resta fragile: l’India importa quasi tutte le GPU e la scarsità di chip è un limite alla scalabilità.

Tuttavia, grazie a un vantaggio competitivo nei costi (data center a metà prezzo rispetto a USA/UE), le premesse per un’accelerazione sostenuta ci sono.

   

Conclusione riflessiva

L’India si trova in un momento di svolta. Non solo per la sua corsa all’IA, ma per il significato profondo che attribuisce a questa tecnologia: un’occasione per colmare il divario linguistico e sociale, più che per dominare il mercato globale.

Il successo della strategia dipenderà dalla capacità di mantenere aperti i ponti tra scienza, industria e pubblico. La vera sfida non è costruire un clone indiano di ChatGPT, ma creare un’IA che parli Bhojpuri, comprenda il contesto rurale e sia accessibile anche senza fibra ottica.

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