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Intervento della Cassazione su trasferimento della servitù e distanze tra edifici

La Corte di cassazione, ribaltando una sentenza della locale Corte di Bolzano, ha statuito che la mera ridefinizione dei  limiti o dei confini dell'area destinata all'esercizio della  servitù non integra gli estremi della violazione dell'art. 1068 cod. civ., recante il divieto per il  proprietario del fondo servente di trasferire la servitù in luogo diverso da quello originario.

Pertanto, con sentenza n. 10875 del 25 maggio 2016, la Corte ha ribadito il principio in forza del quale non costituisce trasferimento della servitù in luogo diverso la sostituzione, ad opera del proprietario del fondo servente, di una vecchia scala in legno, su cui veniva esercitato, da parte dei titolari della servitù, il diritto di passaggio per accedere al fondo dominante, con una nuova scala  in muratura, anche se, in occasione della sostituzione della  scala, ne sia stato ridefinito il tracciato.

D'altra parte, nel valutare se l'innovazione compiuta dai proprietari del fondo servente abbia diminuito l'esercizio della servitù o lo abbia reso più incomodo, la Corte d'appello aveva dato rilievo esclusivo alla circostanza che, per effetto del compimento dell'opera (la nuova scala), è stato creato un dislivello a seguito dell'innalzamento della quota del pianerottolo antistante l'alloggio degli attori, tanto che, a superamento del dislivello, sono stati inseriti, nell'ultimo tratto, due scalini antistanti la porta di ingresso: il che - ha sottolineato la  sentenza impugnata - ha reso anche più scomodo l'accesso al fondo dominante, perlomeno nel suo ultimo tratto.

Sennonché, così argomentando, i giudici di merito non hanno logicamente motivato, secondo la Corte di legittimità, le basi del proprio conclusivo convincimento, perché hanno desunto il danno e lo svantaggio per i titolari del diritto di servitù esclusivamente dall'inserimento, nell'ultimo tratto, di due scalini, reso necessario dal rialzo di 35 cm., per motivi costruttivi, del pianerottolo, ma hanno omesso di effettuare una valutazione complessiva e non parcellizzata, trascurando di considerare il beneficio derivante dalla sostituzione della insicura e vetusta scala in legno con una nuova, solida scala in muratura.

Cogliendo poi l'occasione di un diverso motivo di diritto introdotto con il ricorso, la Corte si è occupata del tema delle distanze legali tra edifici, poiché i ricorrenti avevano dato luogo alla realizzazione di alcuni abbaini, sul tetto di copertura, in luogo di una pregressa vetrata, distanti meno di tre metri dai muri dell'edificio dei resistenti, che la Corte di appello aveva ritenuto illegittimi.

I giudici di Piazza Cavour hanno sentenziato che la modificazione del tetto di un fabbricato integra sopraelevazione e, come tale, una nuova costruzione soltanto se essa produce un aumento della superficie esterna e della volumetria dei piani sottostanti, così incidendo sulla struttura e sul modo di essere della copertura; spetta al giudice di merito di volta in volta verificare, in concreto, se l'opera eseguita abbia le anzidette caratteristiche ovvero se, in ipotesi, avendo carattere ornamentale e funzioni meramente accessorie rispetto al fabbricato, vada esclusa dal calcolo delle distanze.

A tale principio si era attenuta la Corte di appello, la quale ha ordinato l'eliminazione degli abbaini nella misura in cui distano meno di tre metri dai muri dell'edificio degli appellanti dopo aver sottolineato che i nuovi abbaini, evidentemente hanno comportato un aumento sensibile sia della superficie esterna che anche della volumetria del piano sottostante: in violazione, cioè, dell'art. 873 c.c.

Rodolfo Murra - Gazzetta Amministrativa 

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