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Intervista a Luca Sanpaolesi, Presidente AICAP

In seguito al sisma che ha colpito l'Emilia Romagna, Ingenio ha intervistato Luca Sanpaolesi, Presidente AICAP

Intervista a:
Luca Sanpaolesi
Presidente AICAP

 

 

 


Dopo ogni evento sismico, l’attenzione si sposta inevitabilmente sui controlli, sui soggetti abilitati ad eseguire le verifiche e sulla normativa di riferimento e su un suo possibile aggiornamento per evitare i crolli che si sono verificati con il sisma che ha colpito l’Emilia Romagna.

INGENIO ha intervistato il professor Luca Sanpaolesi, Presidente AICAP.
Andrea Dari

Caro Professore,
non pubblichiamo la sua data di nascita, ma la quantità delle sue pubblicazioni e interventi nel mondo delle costruzioni in qualche modo ce la fa supporre. Eppure la vediamo ogni giorno estremamente attivo sia nello sviluppo delle norme che dell'evoluzione tecnica della progettazione. Da cosa nasce questo entusiasmo, qual è il segreto che è alla base di questa straordinaria forza?

Non saprei rispondere a questa domanda, ma credo che chi ha avuto una vita con tanta attività come la mia debba continuare finché può a portare avanti bene la sua attività. Gli esempi nel nostro Paese non mancano assolutamente, cito solo Piero Pozzati che ha compiuto 90 anni pochi giorni or sono e con il quale mi sento molto spesso, ricevendone consigli a cui tengo molto.

Negli ultimi anni, con l'introduzione degli eurocodici e lo sviluppo della normativa nazionale, abbiamo assistito al confronto di due scuole di pensiero: chi è favorevole alla presenza di una normativa cogente molto ampia, in grado quindi di comprendere ogni situazione e applicazione affrontata dal progettista, e chi ad una cogenza più leggera, in cui quindi le norme siano più un supporto volontario che un vincolo. Qual è la sua valutazione?

La questione non è semplice ma io propendo per una normativa con cogenza leggera e che lasci al Progettista molte decisioni. Si dice che le Norme Tecniche italiane e gli Eurocodici siano “prestazionali” e quindi lascino molta libertà, ma a me non sembra così e pare che entrambe siano sostanzialmente cogenti. Salvo per gli EC voler considerare la nota differenza di denominazione di ciascun capoverso, P (per Principi obbligatori) e A (Regole di applicazioni facoltative). Ma di fatto la notevole costruzione degli EC, EC che io sostengo, non mi pare prestazionale.

Lei si è occupato di progettazione con diversi materiali, non solo il calcestruzzo armato: questo le consente di avere una visione a più ampio spettro. In questi ultimi anni stiamo assistendo a una forte evoluzione sia dei sistemi/materiali che della tecnica, con situazioni anche molto particolari, come la progettazione di edifici multipiano in legno. Quale sarà secondo lei il prossimo sviluppo che dovremo attenderci, il prevalere di un materiale sugli altri o una migliore integrazione?

È vero che negli ultimi anni si sono diffuse tecniche per noi meno consuete, come il Legno, o il Vetro, o strutture in calcestruzzo con strati leggeri isolanti, e molti altre tipologie. Io credo che la tecnica debba andare avanti e innovarsi, e quindi apprezzo queste novità, ma ritengo che giustamente ci vorrà molto tempo prima che queste tipologie possano soppiantare su larga scala quelle tradizionali e consolidate.

Con il SISMA accaduto al centro dell'Emilia nelle settimane scorse si sono avuti problemi rilevanti negli edifici industriali monopiano. Leggendo i diversi pareri si ha la sensazione che non ci siano colpevoli: il problema è stato solo il recente aggiornamento della normativa (zona non sismica prima del 2005). È d'accordo anche Lei? Non si sono anche altre cause e colpevoli?

No. Credo ad una concomitanza di fattori. In sintesi certamente vi è una non applicazione delle Nuove norme perché non richiesta (ed anche qui dovremmo riflettere), ma gli Ingegneri non debbono riferirsi solo a normative e realizzare strutture che appaiono manifestamente “poco” stabili o comunque suscettibili di crisi in casi difformi non grandemente da quelli normativi ipotizzati. E credo che quegli edifici si potevano fare meglio.


Sull'effettuazione dei controlli è nata una polemica su quali fossero i requisiti che dovessero possedere i soggetti abilitati per fare le verifiche sugli edifici esistenti. Secondo il CNI ogni ingegnere strutturista, secondo altri solo figure ulteriormente qualificate. Cosa ne pensa, un ingegnere che in genere si occupa di progettazione e direzione lavori è in grado anche di occuparsi di indagini su edifici danneggiati?

Non ho dubbi su questo punto. I controlli vanno eseguiti da Ingegneri competenti in strutture indipendentemente dall’aver seguito corsi di Vulnerabilità o di una qualifica di Progettista o Direttore dei Lavori. Poi capisco le difficoltà di definire chi sono gli “Ingegneri competenti in strutture” ma di fatto tutti noi sappiamo riconoscerli.

Da alcuni anni ha chiuso l'Industria Italiana del Cemento, una testata storica dell'ingegneria italiana. La diffusione dei portali internet commerciali e la crisi del settore sta mettendo a rischio altre testate. Non crede che come si sostiene l'editoria politica si dovrebbero trovare forme di sostegno per l'editoria tecnica qualificata?

La cessazione della pubblicazione della Rivista l’Industria Italiana del Cemento ha aperto certamente una notevole mancanza nella editoria tecnica qualificata italiana, ma io vedo sforzi importanti per coprire tale carenza e sono fiducioso nel risultato. Penso che forme di sostegno siano utili, ma non dovrebbero provenire dallo Stato.

Mentre il mondo dell'università si interroga sulla validità della divisione tra triennio e biennio, stanno nascendo corsi di laurea interamente in lingua inglese e, in altri paesi, si stanno investendo cifre considerevoli per creare politecnici forti. Per dare maggiore concretezza e forza al nostro mondo accademico qual è la strada che si dovrebbe perseguire?

Anzitutto nell’Ingegneria Civile cancellerei la laurea, cioè la laurea triennale, come di fatto avviene in quasi tutti i Paesi Europei. Semmai vedo una necessità di estendere Dottorati e Master specialistici, o Istituti analoghi, che formano i veri Tecnici Specialistici del futuro. Comunque il problema è molto difficile. Almeno per gli Enti pubblici, io credo anche che non funzioni il metodo di concorso.

La crescita tecnologica dell'hardware e delle reti telematiche sta portando a uno sviluppo senza precedenti dei software di progettazione e questo sta portando a dei cambiamenti non solo nei metodi di calcolo ma anche sotto il profilo dell'organizzazione. Nei paesi nordici è ormai universalmente richiesto di progettare con sistemi BIM, nella meccanica ai software tridimensionale si stanno affiancando gli scanner tridimensionali, negli Stati Uniti stanno prendendo sempre più piede i software Open Source. Cosa cambierà nel modo di fare l'ingegnere del XXI secolo, l'uomo continuerà ad avere un peso o sarà una semplice "interfaccia"?

Non ho sufficiente esperienza nel settore dell’Hardware e del Software per poterLe rispondere, ma penso comunque che il contributo dell’uomo continuerà sempre ad essere molto importante. Semmai già oggi vedo professionisti che si affidano troppo alle strutture informatiche e troppo poco alla loro diretta competenza.

Anche con il recente decreto sviluppo si sono dati incentivi per il recupero/restauro degli edifici, mentre se si decide di demolire e ricostruire un fabbricato non solo non ci sono incentivi, ma si devono ripagare gli oneri di urbanizzazione. Noi pensiamo che sia necessario rinnovare il patrimonio immobiliare italiano - al di là degli edifici di valore storico - attraverso una ricostruzione completa e che quindi sia necessario cambiare anche rotta da un punto vista dei sostegni economici. Cosa ne pensa?

A me pare che i contributi, o meglio le deduzioni concesse, per interventi di ristrutturazione siano un buon metodo per incentivare i lavori. Ma certamente dovrebbe essere considerato, in modo prioritario, la strada della demolizione e ricostruzione di nuovi edifici.

Il mondo dell'ingegneria non ha mai avuto degli archistar, come nell'architettura, ma piuttosto dei capiscuola, ovvero figure in grado di costruire intorno a se un nucleo di giovani in grado di contribuire in modo significativo allo sviluppo della tecnica delle costruzioni. Lei ha avuto un caposcuola? E secondo lei ce ne sono nelle nuove generazioni?

Il mio Maestro è stato Letterio Donato che ha insegnato a Pisa dal 1935 al 1971, e proveniva dal Politecnico di Torino. Lo ricordo con grande affetto, come Professore, ma più ancora come grande Uomo e Ingegnere. Credo effettivamente che con l’incremento fortissimo del numero di docenti sia diventato più difficile mettere in evidenza i grandi Professori e Ingegneri, che tuttavia certamente ci sono.