Edilizia
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L'edilizia del 2021

Convulso. Il 2021 è stato un anno convulso.

Credo sia questo l’aggettivo che meglio caratterizza questo anno appena terminato. E convulsa è stata anche la materia edilizia, percorsa da tensioni economiche, caratterizzata da una bulimia legislativa negli aspetti normativi e da una ripresa caotica nei fatti.

Tutto giustificabile (ci mancherebbe altro) in un periodo eccezionale scosso da “fatti imprevisti e imprevedibili”, per usare un termine ben noto a chi opera nei lavori pubblici.

E quando si è di fronte a fatti imprevisti e imprevedibili si tampona come si può o come meglio si crede non potendo avere la lucidità di giudizio e la necessaria freddezza di una decisione ponderata e basata (come sarebbe giusto) sulla conoscenza della dinamica del fenomeno che ci ha investito.

Dinamica che nessuno conosce nel suo sviluppo: viviamo di ipotesi; più o meno ottimistiche, ma sempre ipotesi sono. Per affrontare la contingenza (auspicando che di contingenza si tratti) si sono adottate misure legislative ritenute idonee in campo sociale ed economico e quando si investe l’economia la materia edilizia non è mai secondaria.

E anch’essa è stata coinvolta (forse sarebbe meglio dire travolta) da una serie concitata di provvedimenti che stanno lasciando il segno. Non vogliamo qui enfatizzarne gli aspetti positivi (ché sarebbe propaganda), ma neppure demonizzarne quelli negativi (ché sarebbe critica sterile e autolesionista).


La disamina dei fatti

Rivendicando però un ruolo tecnico che ci appartiene come professionisti che svolgono un servizio di interesse collettivo, non possiamo esimerci dal guardare con occhio disincantato lo stato dell’arte e (soprattutto) le prospettive future per migliorare (si può sempre migliorare) e meglio aderire alle finalità poste.

I provvedimenti assunti in materia edilizia - è noto - non sono stati motivati da interesse accademico al riordino di una materia di cui pure si sentiva (e si dichiarava) da tempo la necessità, ma da finalità economiche di ripresa; non ne parleremo allora sotto quel profilo: non ne abbiamo la competenza.

Lasciamo la valutazione dell’efficacia delle misure assunte agli economisti (che è materia loro) così come lasciamo le valutazioni della pandemia ai virologi, agli infettivologi, agli epidemiologi…

 

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Una valutazione delle ricadute tecniche sulla Tecnica Edilizia sì però, quella ci spetta e non possiamo (non dobbiamo) delegarla a chi competenza non ce l’ha. Anche perché poi molte innovazioni “contingenti e temporanee” resteranno a vita e ne dovremo “gestire le conseguenze” per molto tempo.

Per carità, potrebbe anche essere che talune innovazioni - pur assunte in situazioni di forte pressione - si rivelino salutari e, anzi, l’eccezionalità della situazione abbia rimosso ostacoli o tatticismi che ne avevano impedito dianzi l’approvazione: per questo dobbiamo essere sereni e oggettivi nella valutazione.

 

Le innovazioni normative

Dobbiamo distinguere tra provvedimenti prevalentemente fiscali (di cui l’Edilizia è mero veicolo di perseguimento) e provvedimenti normativi in senso stretto adottati per “incentivare” l’attuazione dei primi.

 

I Bonus

Tra i provvedimenti eminentemente fiscali vanno annoverati i “Bonus” di diversa natura, funzione e finalità la cui messa in opera ha coinvolto schiere di tecnici che sono stati colti di sorpresa e, quindi, in molti casi non avevano una preparazione specifica.

Tutti però ora “fanno i Bonus” perché il mercato lo richiede e molti professionisti hanno passato notti insonni (anche durante le festività di fine anno) per soddisfare le richieste dei committenti.

Siccome la richiesta è affannosa se l’adeguata preparazione professionale uno l’aveva già bene, sennò il tempo per farla ora non c’è.

E poiché i Bonus si presentano con l’aria accattivante della gratuità (o quasi), l’italiano medio non rinuncerebbe mai ad un’offerta simile, anche se non ne ha bisogno.

Per cui si assiste alla pretesa di applicare Bonus anche laddove non ci sono le oggettive condizioni, così che la pur encomiabile finalità del Legislatore di favorire la “rigenerazione edilizia” migliorando le condizioni di rendimento energetico o di sicurezza sismica (tutto il nostro territorio è a rischio sismico) va elusa.

Tanto che una parte delle notti insonni di cui si diceva poc’anzi non sono state dovute a nuovi lavori ma all’uscita del decreto antifrodi che il Governo è stato costretto a fare per arginare una deriva disdicevole nell’uso dei Bonus.

 

L’alterazione del mercato

La supposta gratuità dell’intervento coi Bonus (totale o parziale che sia o addirittura con premio del 10%) ha poi indotto una deformazione delle regole di mercato che basano il “prezzo” sulla “contrattazione”.

Se chi paga non è il committente, ma un terzo (lo Stato in questo caso), il committente non ha alcun interesse a contrattare al ribasso le offerte dell’esecutore e questa è una delle cause dell’incontrollato e ingiustificato aumento dei prezzi che è sotto gli occhi di tutti e che tutti lamentano. Dovuto anche a questo aspetto, oltre che alla mancanza delle materie prime e dei prodotti conseguente sia alla mancata produzione causa pandemia, sia alla concentrazione della domanda nei tempi ristretti dei Bonus (da qui la non irragionevole proposta di dilazionarne l’applicazione).

Il Mercato oggi è drogato non solo dunque per aspetti oggettivi, ma anche di metodo: manca l’elemento che lo deve caratterizzare e senza il quale non esiste neppure mercato: la contrattazione. E questo è un aspetto concettuale.

Se i Bonus sono in sostanza l’introduzione di una liquidità immediata (ancorché virtuale perché senza esborso di denaro pubblico, ma comunque con formazione di debito collettivo futuro) per riavviare un motore fermo, non si può pensare di continuare a sovralimentare questo motore per sempre, sennò si ingolfa. Da qui la limitazione temporale della loro applicazione, che però produce gli effetti distorcenti di cui si è detto e altri di cui si dirà.

Ma tornando all’attualità si nota che la “rimessa in moto” ha scontato difficoltà normative prima e interpretative poi.

 

La semplificazione normativa

Il Legislatore si è accorto che nel tempo Lui stesso (non altri) aveva messo in campo norme farraginose (burocratiche) vincolanti l’esercizio di impresa e quindi oggi, ancor di più, impedienti la ripresa economica.

Allora ha approvato d’urgenza provvedimenti di “semplificazione”: uno nel 2020 e un altro nel 2021. Ma l’efficacia è stata relativa; non è “di semplificazione” un atto che necessita di plurime circolari interpretative (statali e regionali) e di un numero imprecisato di “interpelli” e ciononostante lascia quotidiani dubbi applicativi affondando gli operatori in un mare di carte da compilare.

 

I troppi interpreti

Al di la della formulazione giuridica (migliorabile) questi provvedimenti hanno peccato di frettolosità (una sorta di ansia da prestazione) e di una non coerenza degli obiettivi finali, ancora incerti tra liberalizzazione e controllo e scontano – va detto – una non sempre adeguata cultura tecnico-amministrativa anche da parte dei destinatari; cultura che (nonostante ripetuti quanto inascoltati appelli alla formazione) è stata poco coltivata da troppi anni a questa parte.

Questa carenza induce incertezze e (anziché l’approfondimento individuale per tematiche) il ricorso all’interpello su casi specifici. Più comodo e (apparentemente) più rassicurante.

Che ancora sarebbe tollerabile e utile se le “letture” fossero univoche, ma troppi sono gli interpreti (e troppo divaricati i loro punti di vista): L’Agenzia delle Entrate, l’ENEA, la Commissione Speciale presso la Presidenza del Consiglio, il Ministero (rectius: i Ministeri), il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, …. e, perché no?, gli Ordini Professionali.

Tutti animati da nobili e condivisibili intenti (ma con diverso mandato e diversi poteri), complessivamente costituenti però un coro spesso discordante e foriero di ulteriori dubbi e confusioni. E ad efficacia limitata al solo caso esaminato e non generalizzabile come ci si è affrettati a precisare.

Occorrerà ripartire dalle fondamenta, ma non sarà cosa facile, né breve. E qui il tempo stringe.

 

La spada di Damocle dei controlli

L’incertezza dell’applicazione normativa (in verità troppo articolata e capziosa di cui spesso sfugge la logica) non sarà indolore perché gravata dai futuri controlli della Pubblica Amministrazione, sia essa nelle vesti dell’Agenzia deputata alla verifica degli adempimenti fiscali (i benefici oggetto dei Bonus), sia nelle vesti dell’Autorità locale che ne accerta i presupposti di conformità edilizia.

Su quest’ultimo punto è emerso con tutta evidenza l’inefficienza e i ritardi accumulati nella gestione di un’altra norma speciale (quella del condono) che, pur non essendo nata dalla contingenza ed essendo stata compiutamente impostata, ha preteso di essere applicata in tempi ristretti e inadeguati, il che ne ha comportato il sostanziale fallimento. Complice, ancora una volta, la fetta e l’approssimazione applicativa.

Se ora stuoli di tecnici e imprese si affannano a testa bassa a raccogliere i frutti insperati dei benefici fiscali, in prospettiva vedo generazioni di avvocati che camperanno sui contenziosi che si instaureranno (in sede civile, amministrativa e penale) in merito a lavori frettolosamente e male eseguiti da improvvisate imprese edili che edili non sono (lo ha denunciato l’ANCE), pratiche contestate per errata interpretazione o superficiale redazione, risposte incoerenti a domande incomplete, sanzioni applicate…

 

Si può correggere il tiro

La finalità politica è stata giusta, la cura anche; la medicina usata ha però ha qualche elemento di tossicità e induce effetti collaterali devianti. Poteva essere meglio calibrata e meglio formulata.

La sua disamina non è sterile critica, ma presa d’atto e consapevolezza delle ricadute, come si fa (come si deve fare) per testare l’efficacia dei provvedimenti assunti e la loro rispondenza agli obiettivi. Quelli cui si deve ispirare la Pubblica Amministrazione (e che ci ripetiamo fin dagli anni novanta): efficienza, efficacia, economicità.

Sui temi fin qui solo accennati torneremo perché, se il 2021 è stato l’anno dell’impulso, il 2022 dovrà essere quello della corretta messa a regime.

Ermete Dalprato

Professore a c. di “Laboratorio di Pianificazione territoriale e urbanistica” all’Università degli Studi della Repubblica di San Marino

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