Codice Appalti | BIM | Digitalizzazione
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L’Information Management e la Digitalizzazione nel Codice dei Contratti Pubblici

Il Codice dei Contratti Pubblici, ovvero sia il D.Lgs. 36/2023, opera una sistematizzazione della tematica relativa all’Information Management, già avviata dal precedente D.Lgs. 50/2016 e s.m.i., emanato a seguito della Direttiva Comunitaria del 2014 sul Public Procurement, e resa attuativa attraverso il D.M. 560/2017, poi novellato dal D.M. 312/2021. Approfondiamo il tema.

Sull'obbligatorietà dell'uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale

Giova ricordare che, rispetto al dispositivo della legislazione comunitaria, il Codice nazionale aveva, nel 2016, introdotto una condizione di progressiva obbligatorietà e, soprattutto, una estensione dello scopo ai metodi e non solo agli strumenti.

Tale cogenza, in un primo tempo generalizzata al 1° Gennaio 2025, era stata in seguito ridimensionata, per giungere nella attuale versione alle opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti per importo a base di gara superiore a 1 milione di euro, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, a meno che essi non riguardino opere precedentemente eseguite con l’uso dei metodi e degli strumenti di gestione informativa digitale.

Resta inteso che l’esclusione dall’obbligo, come ribadito in altra parte dell’atto, non impedisce certo la sua adozione volontaria da parte delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti, tanto più che, come si vedrà, inevitabilmente la stazione appaltante o l’amministrazione concedente sarà indotta a creare un ecosistema unitario.

Tra l’altro, nello scenario della volontarietà e dell’ultroneità, il Codice fornisce un ampio elenco di applicazioni digitali che possano essere oggetto di premialità all’interno delle procedure di selezione dei contraenti e di affidamento dei contratti, che siano essi assegnati per via diretta, negoziata o attraverso procedure aperte o ristrette.

Il D.Lgs. 36/2023 propone una definizione di metodi e di strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni basata sulla interconnessione tra processi, metodologie e tecnologie, la cui finalità è incentrata sulla mitigazione del rischio in funzione dell’efficacia dell’investimento pubblico e sulla centralità del ciclo di vita del cespite (edificio, infrastruttura o rete) per il mezzo di strutture di dati, tanto in termini di gestione quanto di valorizzazione dei beni in funzione di una possibile alienazione.

È palese che dietro questa definizione vi sia l’intenzione di enfatizzare la centralità delle logiche di investimento riferite alla spesa pubblica (eventualmente anche nella accezione non esclusivamente finanziaria del social impact e dei criteri ESG), al partenariato pubblico privato e al ruolo che gli operatori finanziari possano giocare nelle operazioni di rigenerazione urbana.

Il BIM nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici

In realtà, poiché nel testo la gestione informativa digitale delle costruzioni è talora, un poco estemporaneamente affiancata dalla locuzione Building Information Modelling (BIM), mai citata esplicitamente nemmeno dalla legislazione comunitaria, occorre tenere in considerazione anche la definizione di BIM fornita dalla norma UNI EN ISO 19650-1, citata, peraltro, indirettamente nel testo legislativo quale documento appartenente alla serie normativa omonima di riferimento.

Il riferimento al BIM compare, anzitutto, oltre che con riferimento alla riconfigurazione dei prezzari, a proposito dell’incremento percentuale pari al 10 per cento sul complessivo di calcolo degli onorari e prima dell’applicazione della percentuale relativa alle spese e oneri accessori, che sono calcolate anche sull’incremento percentuale cosiddetto BIM, applicato a tutti i servizi e a tutte le prestazioni.

Si ricorda, altresì, che per le amministrazioni che adottano i metodi e gli strumenti digitali per la gestione informativa dell’appalto il limite dell’incentivazione interna sia stato aumentato del 15 per cento.

Di là degli aspetti relativi alla remunerazione accessoria o incrementale dei soggetti coinvolti, il Codice prevede, inoltre, la presenza di adeguate polizze e di coperture assicurative nell’ambito dell’Information Management.

Sulla gestione digitalizzata dei processi di affidamento e approvvigionamento

La comprensione della natura del lavoro di sistematizzazione della materia, a differenza del tema complementare della gestione digitalizzata dei processi di affidamento e di approvvigionamento, richiede una analisi complessiva del testo, non potendosi essa racchiudere unicamente nell’articolo 43 e nell’allegato I.9.

Bisogna, per prima cosa, osservare come la trattazione verta sui due distinti piani della intera organizzazione (stazione appaltante o ente concedente) e del singolo procedimento tecnico-amministrativo (per il quale si utilizza l’espressione progetto, di impronta anglosassone, da project).

È, invero, da sottolineare come si precisi che la prassi da implementare debba partire dall’interno della amministrazione pubblica, in uno sforzo di interiorizzazione della maturità digitale, facendone un motore essenziale della riconfigurazione della Twin Transition (digitale e sostenibile) del settore della costruzione e dell’immobiliare.

Vale, ancora, la pena di sottolineare come i ripetuti riferimenti, presenti nel testo, alla interoperabilità e alla neutralità rispetto alle transazioni informative implichino non solo una connotazione strumentale, ma richiedano implicitamente una consapevolezza della essenza degli schemi inerenti o dei dizionari dei dati e, in prospettiva, delle ontologie e delle semantiche che si renderanno sempre più necessarie.

Parimenti, il concetto di interoperabilità appare sempre più stringente nei confronti del sistema informativo di approvvigionamento e di rendicontazione, nella prospettiva del principio dell’once only e alla luce delle esperienze contemporanee e delle banche dati disponibili, nonché del Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (FVOE).

A questo proposito, rilevano sia l’introduzione in essa (e non solo) dei profili professionali legati alla gestione informativa sia il rilievo assunto dai programmi formativi, tanto che i primi debbano essere finalizzati al conseguimento della adeguata competenza, dimostrabile pure mediante la frequenza, con profitto, ad appositi corsi di formazione, da parte dei soggetti operanti, per conto della stazione appaltante e dell’ente concedente nella gestione integrale dei processi delle amministrazioni stesse in argomento e nelle fasi di progettazione e di direzione dei lavori.

Si prevede, infatti, che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti nominino un gestore dell’ambiente di condivisione dei dati e almeno un gestore dei processi digitali supportati da modelli informativi, a livello della intera organizzazione, oltre che per ogni intervento (ovvero procedimento tecnico-amministrativo) un coordinatore dei flussi informativi operante all’interno della struttura di supporto al Responsabile Unico del Progetto (RUP).

In questa sede si ritrova uno dei tratti essenziali di ciò che è, più in generale, esplicitato nei criteri di qualificazione delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti, tema rilevantissimo nell’economia del Codice.

In secondo luogo, della questione non sono investiti solo l’istituto dell’appalto e quella della concessione, ma pure quelli della locazione finanziaria e del contratto di disponibilità, per i quali compare una esplicita citazione riguarda alla direzione dell’esecuzione del contratto pubblico.

Atto Organizzativo

Per ciò che concerne la sfera della organizzazione, rileva la definizione di atto organizzativo, finalizzato alla «formale e analitica esplicazione delle procedure di controllo e gestione volte a digitalizzare il sistema organizzativo dei processi relativi all’affidamento e alla esecuzione dei contratti pubblici, oltre che per la gestione del ciclo di vita dei beni disponibili e indisponibili».

Esso dovrebbe, inoltre, essere integrato con gli eventuali sistemi di gestione e di gestione per la qualità presenti nella stazione appaltante o nell’ente concedente, tra cui, come citato nell’allegato II.13, il sistema di gestione BIM, disciplinato dalla UNI/PdR 74:2019, prossimamente oggetto di un processo di trasposizione da prassi di riferimento a norma volontaria.

Più in generale, è da osservarsi il ruolo svolto nel Codice, quale apparato di orientamento, anche in assenza di un esplicito glossario dedicato, dalla normativa volontaria, a partire da quella internazionale e sovranazionale, per terminare con quella nazionale, in corso di ampliamento e, in particolare, di adattamento alla prima.

Resta, comunque, impregiudicata la valenza esplicitamente attribuita a linee guida specifiche o a librerie di oggetti informativi.

In questa ottica, il programma formativo e il piano strumentale non sono che conseguenze della rivisitazione in chiave digitale dei processi procedurali e gestionali in essere, oltreché dei requisiti informativi, da ricollegarsi al ripensamento della natura dell’ambiente di condivisione dei dati, anche con riferimento alla piattaforma telematica di approvvigionamento.

Naturalmente, l’adozione dell’atto di organizzazione costringerà le amministrazioni pubbliche a mettere in stretta relazione gli attori e le unità organizzative operanti nella sfera amministrativa, in quella finanziaria e in quella tecnica, all’interno della transizione digitale tout court della amministrazione e in riferimento al Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD).

Tale considerazione è avvalorata dal fatto che la digitalizzazione, nel senso dell’Information Management e non dell’e-Procurement, dei processi, dei procedimenti e dei project (progetto è, purtroppo, in italiano, parola dal duplice significato: da disambiguare) deve essere affrontata sin dalla formulazione del programma triennale e biennale e dell’elenco annuale dei lavori pubblici.

La digitalizzazione insita nella redazione del QE, del DOCFAP e del DIP

Si prevede, infatti, nel testo di legge che già all’interno del Quadro Esigenziale (QE) possano figurare requisiti informativi (dalla normativa internazionale denominati come organizzativi ed eventualmente patrimoniali: OIR e AIR) e modelli informativi, di carattere urbano o territoriale, comprensivi dei piani di cantiere e da modelli informativi che riflettano lo stato dei luoghi e dei cespiti immobiliari o infrastrutturali esistenti, ricollegandosi idealmente (e praticamente) alla anagrafe digitale patrimoniale di specifici enti oppure all’Archivio Informatico delle Opere Pubbliche (AINOP).

In realtà, tali studi e analisi, che si concludono con il Documento di Fattibilità delle Alternative Progettuali (DOCFAP), possono essere supportati da un approccio cosiddetto GEOBIM o geo-spaziale, vale a dire, nel quale si rendono integrate e interoperabili le soluzioni proprie al BIM e al GIS (Geographical Information System).

È utile ricordare come il PFTE medesimo debba essere elaborato sulla base della valutazione delle caratteristiche del contesto nel quale andrà inserita la nuova opera, anche con l’ausilio di modelli informativi digitali dello stato dei luoghi, che per il Codice possono essere supportati da metodologie di rilievo digitale, eventualmente configurato anche in termini geospaziali (Geographical Information System): con un approccio, pertanto, legato al cosiddetto GEOBIM.

Se, perciò, la gestione informativa, al livello integrato, territoriale, urbano ed edilizio o infrastrutturale, è, nel Codice, ampiamente presente, non di meno lo è, a una scala inferiore, a partire dal PFTE per giungere al cosiddetto As Built, per quanto concerne i temi della ispezionabilità e della manutenibilità degli interventi e delle opere realizzati, in accordo alle previsioni proprie al piano di manutenzione e al manuale di uso.

È questo uno dei passaggi più innovativi proposti dal D.Lgs. 36/2023 in argomento, poiché pone direttamente in essere una stretta correlazione tra le strategie di investimento dell’amministrazione pubblica, contenute nel programma triennale (e biennale) e nell’elenco annuale, al fine di soddisfare le esigenze delle comunità e dei territori, compatibilmente con i limiti della spesa pubblica (anche in ottica partenariale), e la funzione meta-progettuale e proattiva del versante della domanda pubblica, digitalmente abilitata.

In altre parole, la digitalizzazione insita nella redazione del QE, del DOCFAP e del DIP, a prescindere dal coinvolgimento diretto delle unità organizzative della stazione appaltante o dell’ente concedente nella progettazione, costituisce la nascita di una specifica professionalità in tema di progettualità del versante della domanda pubblica, digitalmente abilitata.

Ovvio portato di questa premessa è che il Capitolato Informativo (CI) sia previsto dal Codice quale atto terminale (a evidenza pubblica) di un processo di determinazione progressiva dei requisiti informativi, evolutosi nello sviluppo del QE e del DOCFAP, cosicché il CI costituisca un sotto-insieme, o meglio, un insieme nell’insieme, del Documento di Indirizzo alla Progettazione (DIP), erede del precedente Documento Preliminare alla Progettazione (DPP), sorto in passato come versione autoctona del brief anglosassone.

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