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La certificazione delle professioni non regolamentate

La certificazione delle professioni non regolamentate è stata la risposta del settore privato alla necessità di migliaia di professionisti le cui professionalità non sono intercettate nell'ambito del sistema nazionale di certificazione ma sono richieste dagli operatori del mercato attuale.

Certificazione per professioni non regolamentate: necessaria per definire i criteri minimi per riconoscimento professionalità

L’attuale fenomeno della certificazione delle professioni non regolamentate si origina dalla necessità, in un mercato sempre più globalizzato e caratterizzato dalla fluidità di ruoli, attività e competenze, di definire dei criteri minimi per il riconoscimento delle professionalità. Tale riconoscimento risulta ancor più necessario se messo in relazione alla portabilità del bagaglio di conoscenze, abilità e competenze dei professionisti all’interno del mercato del lavoro nazionale e transazionale1. Il fenomeno sopra descritto è fortemente legato alla crisi del lavoro dipendente, in favore del lavoro autonomo, da cui dipendono sia la necessità di vedersi riconosciute le proprie conoscenze e abilità, sia il continuo aggiornamento delle stesse.

La certificazione delle professioni non regolamentate è stata quindi la risposta del settore privato alla necessità espressa da migliaia di professionisti le cui professionalità non sono intercettate nell’ambito del sistema nazionale di certificazione delle competenze (SNCC, D. lgsl 13/2013)2, ma sono comunque richieste dagli operatori del mercato attuale. Si pensi ad esempio alle figure manageriali dell’Innovation Manager, del Project Manager o dell’EXIM Manager, professioni non corrispondenti ad uno specifico titolo di studio o esame abilitante, ma costantemente richieste dalle aziende a prescindere dalle forme/tipologie contrattuali.

All’interno di tale contesto, si colloca la pietra miliare (per lo meno per la normazione) del meccanismo di autoregolamentazione volontaria delle professioni non regolamentate introdotto dalla Legge n.4 del 2013. La L.4/2013, come già delineato nel precedente articolo, individua il canale preferenziale della qualificazione a norma UNI e della certificazione del professionista ad opera degli organismi di certificazione accreditati da Accredia. La certificazione in conformità alla norma UNI (la norma rimane intrinsecamente qualificante e non abilitante, collocandosi nell’ambito delle professioni libere che quindi non necessitano di abilitazione) si differenzia dalla certificazione a fronte di schemi proprietari sulle professioni in quanto: 1) in presenza di una norma UNI gli OdC sono tenuti ad uniformare i propri schemi proprietari alla norma UNI per poter continuare a certificare la determinata figura professionale sotto accreditamento, 2) la norma UNI rappresenta un riferimento unico e univoco per tutti gli stakeholder dello specifico settore mentre gli schemi proprietari sono per propria natura diversi a seconda dell’OdC che li elabora e quindi anche i requisiti variano, 3) la norma nasce all’interno di un contesto riconosciuto dal Legislatore e nel rispetto del principio del consenso in ogni fase del processo di elaborazione.

Fra le professioni non regolamentate qualificate a norma UNI e certificabili ai sensi della L.4/2013 rientrano tutte le professioni riportate all’interno dell’apposito elenco UNI a cui rimanda la pagina informativa sulla L.4/2013 del Ministero dello Sviluppo Economico. Si noti che l’elenco si compone non solo di norme UNI propriamente dette, ma anche di Prassi di Riferimento (UNI/PdR), riconosciute come possibile deliverable della normazione ai sensi del Regolamento UE 1025/2012. Le certificazioni in conformità alle norme/PdR UNI possono essere emesse da tutti gli Organismi di Certificazione accreditati da Accredia che operano nell’ambito della certificazione delle persone (UNI CEI EN ISO/IEC 17024:2012) e che sono stati accreditati per la specifica norma/PdR (per dettagli si invita il lettore a fare uso della maschera d’interrogazione Accredia).


1 Si segnala, in proposito, la dichiarazione di apertura al Support Study del 2018 dal titolo “Supporting learning, work and cross-bordermobility” della Commissaria Marianna Thyssen: “[…]…in our modern world, people need opportunities to build their skills and put them to use as they move between jobs, types of work, and  further training. The European Qualifications Framework is a cornerstone of our cooperation on making people’s skills and qualifications more easily understood and recognized when they move either at home or abroad for work or study”.

2 Si denoti la fondamentale distinzione fra la certificazione delle competenze, appannaggio esclusivo del sistema di certificazione pubblica da ricondursi agli Enti Titolati e agli Enti Pubblici Titolari ex. Decreto Legislativo n.13 del 2013, e la certificazione delle professioni (o ancor meglio, delle attività professionali), appannaggio del settore privato e quindi, nell’ambito della L.4/2013, degli OdC accreditati. I due sistemi possono essere contemplati in un’ottica di sinergia, come espresso all’interno del Decreto Interministeriale dell’08/01/2018 (art.4,6) per l’istituzione del Quadro Nazionale delle Qualificazioni (QNQ) e riportato anche all’interno dello Schema APNR di UNI. D’altronde, è lo stesso European Qualifications Framework (Raccomandazione del 2017) a contemplare l’esistenza di tre percorsi di apprendimento (formale, non formale ed informale) e a porre l’accento non già sul percorso quanto sulle conoscenze, abilità e i livelli di autonomia e responsabilità acquisiti.

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