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La questione idraulica dell'Emilia-Romagna: scenari di rischio

Dopo le alluvioni che hanno colpito l'Emilia-Romagna negli ultimi due anni servono strategie nuove e concrete. Dimentichiamoci il “come prima”: spazio a opere mirate e prevenzione intelligente. La relazione di Armando Brath (UniBO) in occasione della Giornata dei SAIE LAB di Bologna, dedicata al dissesto idrogeologico.

Durante la Giornata dei SAIE LAB dedicata al dissesto idrogeologico, Armando Brath, professore dell’Università di Bologna e presidente della commissione tecnico-scientifica regionale, ha tenuto un intervento riguardante gli eventi estremi che hanno colpito l’Emilia-Romagna nel maggio 2023 e tra settembre e ottobre 2024.

Questi eventi – quattro episodi alluvionali con tempi di ritorno superiori ai 100-200 anni concentrati in appena due anni – hanno rappresentato un vero spartiacque, dimostrando in modo drammatico quanto il territorio regionale sia esposto al rischio idrogeologico. E non si tratta solo di una mappa colorata su carta: i dati mostrano che l’Emilia-Romagna è una delle regioni più vulnerabili d’Italia sul fronte del rischio idraulico e alluvionale.

 

Le nuove Linee Guida per affrontare il rischio

Brath sottolinea che non è più possibile, né sensato, ricostruire come prima. Serve una profonda revisione dell’approccio tradizionale alla difesa idraulica, alla luce sia del cambiamento climatico sia delle vulnerabilità strutturali del territorio.

Tra i punti chiave evidenziati da Brath, spicca l’urgenza di realizzare nuove opere di laminazione delle piene: casse di espansione, invasi montani e bacini multifunzionali che non solo contrastino le piene, ma aiutino anche a gestire la siccità. L’esempio della cassa del Secchia – con una capacità di circa 15 milioni di m³ – mostra che, per essere efficaci, queste opere devono essere molteplici e ben distribuite sul territorio.

Un altro concetto innovativo è quello degli allagamenti controllati: aree agricole o a basso valore urbanistico che, in caso di eventi estremi, possono essere allagate in modo pianificato, riducendo il danno complessivo e proteggendo le zone più vulnerabili, come i centri storici. L’esperienza concreta della Cooperativa agricola Braccianti di Ravenna, che ha dato volontariamente disponibilità a inondare i propri terreni durante un evento critico, dimostra quanto questa strategia possa essere efficace.

Brath critica apertamente l’idea, ormai datata, che sia necessario garantire a tutto il territorio lo stesso livello di protezione – ovvero, la piena bicentenaria. Questo approccio non solo è insostenibile per limiti tecnici e finanziari, ma non tiene conto della diversa vulnerabilità e del diverso valore dei beni presenti nelle varie aree. “Ha senso proteggere con lo stesso livello di sicurezza la Basilica di San Vitale a Ravenna e un terreno agricolo?”, si chiede retoricamente Brath. La risposta è ovviamente no.

Occorre dunque passare a una logica di minimizzazione del rischio residuo, basata su analisi costi-benefici e interventi mirati, che garantiscano la salvaguardia delle vite umane in maniera uniforme, ma differenzino il livello di protezione delle infrastrutture e dei beni materiali.

La revisione delle normative – per esempio, per permettere interventi realistici sui ponti esistenti senza pretendere gli stessi standard delle nuove costruzioni – e l’integrazione tra rete naturale e rete artificiale di drenaggio sono altri tasselli fondamentali.

Come ha ricordato Brath in chiusura, citando Paul Valéry: "Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta." Il cambiamento climatico e l’esperienza maturata dopo gli eventi estremi ci impongono di cambiare visione, approcci e strategie. Questo può suscitare preoccupazione, ma è anche – e soprattutto – un’enorme opportunità di ripensamento e innovazione.

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La questione idraulica dell'Emilia-Romagna: scenari di rischio

Armando Brath

Ordinario di Costruzioni Idrauliche, Marittime e Idrologia all'Università di Bologna - Presidente Associazione Idrotecnica Italiana

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