La SCIA in sanatoria: fra vecchie regole e novità del Decreto Salva Casa
Il decreto Salva Casa (DL 69/2024, convertito in legge 105/2024) ha introdotto significative modifiche alla disciplina edilizia. In particolare, è stato abrogato l’art. 37, comma 4, del DPR 380/2001, che disciplinava la SCIA in sanatoria, ora sostituito dal nuovo art. 36-bis. In questo contesto normativo si inserisce la sentenza del TAR Campania n. 854/2025, che chiarisce i limiti della SCIA in sanatoria nel regime precedente: essa non produce effetti automatici e richiede un provvedimento espresso dell’Amministrazione per perfezionarsi.
SCIA in sanatoria e permesso postumo: le nuove regole del DL “Salva Casa”
Il DL 69/2024 (Salva Casa), convertito in legge n. 105/2024, ha introdotto importanti modifiche nel settore edilizio, tra cui:
- l’abolizione della doppia conformità perfetta, ora nel caso di parziali difformità, l’intervento deve essere conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda e alla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento;
- l’ampliamento delle soglie delle tolleranze costruttive, entro cui alcune difformità possono essere considerate legittime;
- il recupero dei sottotetti, rispettando però limiti di altezza e di superficie.
Tra le novità introdotte vi è l’abrogazione dell’art. 37, comma 4, del DPR n. 380/2001, e l’introduzione del nuovo art. 36-bis, riguardante “Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali”, dove al comma 1 viene specificato che “In caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 34 ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 37, fino alla scadenza dei termini di cui all'articolo 34, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso o l'attuale proprietario dell'immobile possono ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle variazioni essenziali di cui all'articolo 32.”
In sintesi, in caso di abusi edilizi rientranti nelle ipotesi della parziale difformità dal permesso di costruire (PdC) o in assenza/difformità della Segnalazione Certificata (SCIA) realizzati entro il 24/5/2024, ovvero entro il congruo termine stabilito dal dirigente del competente ufficio comunale per regolarizzare l’abuso e comunque prima che le sanzioni amministrative vengano effettivamente irrogate, il responsabile dell’abuso può:
- richiedere un permesso di costruire in sanatoria;
- presentare una SCIA in sanatoria.
Ciò deve avvenire a condizione che:
- l'intervento sia conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della sanatoria. La norma, a differenza del passato, accetta che l’abuso sia stato realizzato in difformità ai piani urbanistici vigenti all’atto della realizzazione, purché oggi tale abuso rientri tra le opere invece urbanisticamente conformi;
- sia conforme alla disciplina edilizia, ossia alle prescrizioni tecniche (norme impiantistiche, strutturali e architettoniche) vigenti all’atto della realizzazione dell’abuso. Le opere non devono quindi rispettare i requisiti normativi di tipo tecnologico-tecnico odierni, né devono essere adeguate perché siano considerabili come sanabili.
Quindi l’art. 37 rappresenta un passaggio cruciale nella disciplina della sanatoria edilizia, introducendo la possibilità di ottenere la regolarizzazione a intervento già concluso attraverso la SCIA in sanatoria. La recente sentenza del TAR Campania ha ribadito come questa procedura richieda un provvedimento espresso da parte dell’Amministrazione, senza il quale non si può ritenere concluso favorevolmente il procedimento.
SCIA in sanatoria e doppia conformità: serve sempre un provvedimento espresso
Il TAR Campania si è pronunciato in merito a un ricorso presentato da una società contro un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune, confermando la validità del provvedimento in modo netto ed evidenziando i limiti dell’efficacia della SCIA in sanatoria.
Il contenzioso aveva avuto origine da un intervento edilizio eseguito all’interno di un capannone industriale, in cui era stato realizzato un soppalco in assenza di titolo abilitativo. Tuttavia, l’opera era stata successivamente regolarizzata mediante la presentazione di una SCIA in sanatoria.
L’Ufficio tecnico comunale, ritenendo l’intervento abusivo, aveva ordinato la sospensione dei lavori e la demolizione delle opere.
La società ricorrente aveva quindi impugnato l’atto davanti al TAR.
La decisione del Tribunale si concentra in particolare sulla SCIA in sanatoria presentata a intervento già concluso, in particolare viene precisato che “L'art. 37, comma 4, del d.P.R. n. 380 del 2001 contempla la SCIA in sanatoria a intervento concluso e prevede che il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile possano ottenere la sanatoria dell'intervento ove sussista la doppia conformità (l'intervento realizzato deve risultare conforme tanto alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell'intervento, quanto a quella vigente alla presentazione della domanda), versando una somma il cui valore è stabilito dal responsabile del procedimento.
Tuttavia, a differenza di quanto previsto per l'accertamento di conformità di cui all'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 per il quale, in caso inerzia a seguito della presentazione della domanda, è la stessa norma che qualifica espressamente l'eventuale silenzio dell'amministrazione come diniego, l'art. 37, d.P.R. n. 380 del 2001 nulla dispone sul punto. In assenza di un chiaro dato normativo, deve ritenersi che il procedimento può ritenersi favorevolmente concluso per il privato solo allorquando vi sia un provvedimento espresso dell'amministrazione procedente, pena la sussistenza di un'ipotesi di silenzio inadempimento.”
Viene riconosciuto, quindi, che l’art. 37, comma 4, del DPR n. 380/2001 (ancora vigente per il caso in esame perché già sottoposto a sanzione amministrativa prima dell’entrata in vigore del Decreto Salva Casa) ha consentito la regolarizzazione postuma degli interventi edilizi privi di titolo, purché ricorrano i requisiti della doppia conformità ossia la conformità alle norme urbanistiche ed edilizie vigenti:
- al momento della realizzazione;
- a quello della presentazione della sanatoria.
Tuttavia, il TAR precisa che la SCIA in sanatoria non vale automaticamente e non basta presentarla, ma perché sia concessa occorre una risposta ufficiale del Comune che approvi suddetta sanatoria.
A differenza di un altro tipo di sanatoria (quella prevista dall’art. 36), dove il silenzio del Comune dopo un certo periodo può valere come un “no”, per la SCIA in sanatoria la legge non dice nulla su cosa accada se il Comune non risponde. Di conseguenza, in mancanza di disposizioni espresse in merito i giudici hanno ritenuto che per estensione volesse indicare che anche in taluni casi sia valido il silenzio-dissenso e che quindi senza un provvedimento espresso, la pratica resta in sospeso.
Nel caso esaminato, il Comune non ha dato alcuna risposta alla SCIA presentata. Per questo motivo, la sanatoria non era valida e la demolizione dell’opera abusiva resta legittima.
Anche il rilascio dell’autorizzazione sismica in sanatoria è stato ritenuto irrilevante ai fini edilizi, in quanto non sostitutiva di un valido titolo abilitativo. Inoltre, il TAR ha confermato che la presentazione di un’istanza di sanatoria non determina l'automatica inefficacia del provvedimento repressivo già adottato, ma solo una sua eventuale sospensione temporanea durante la pendenza del procedimento.
La sentenza ribadisce un principio importante: la SCIA in sanatoria non produce effetti automatici. Affinché essa determini la regolarizzazione dell’abuso, è necessario un provvedimento espresso dell’Amministrazione che accerti la doppia conformità e concluda positivamente il procedimento.
In mancanza di tale atto, un provvedimento sanzionatorio, come la demolizione, precedentemente emanato resta pienamente efficace.
LA SENTENZA DEL TAR CAMPANIA È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
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