Il Settore delle Costruzioni in Italia guarda ora con speranza alla possibile ripresa del mercato, a partire dalle leve fiscali e creditizie, avendo di mira la cosiddetta Rigenerazione Urbana, vale a dire un vasto piano di interventi sul costruito esistente, con l'intento di praticare su larga scala l'edilizia di sostituzione a partire dalla legittimazione imputabile all'efficientamento energetico degli edifici.
Di fatto, sembra trattarsi di un disegno tendenzialmente circoscritto entro un orizzonte di competenze disciplinari tradizionali e consolidate, che fa largo uso di nozioni e di categorie ormai storicizzate, ma riproposte con insolito entusiasmo, benché, al contrario, qui si palesi una innovazione di processo che è, in primo luogo, di natura sociale.
Sullo sfondo, però, si stagliano una frammentazione dimensionale dei tessuti professionali e imprenditoriali esasperata (molto simile, peraltro, a quella tedesca), un quadro di conflittualità sulle prerogative tra le rappresentanze e, soprattutto, la riproposizione convinta di formule contrattuali transazionali e sequenziali, giustificate dal contrasto alla corruzione.
Entro uno scenario di perdurante difficoltà della finanza pubblica in relazione agli investimenti in capitale fisso, vi è, del resto, da domandarsi entro che misura tale prospettiva, appena delineata, abbia elevate probabilità di realizzazione, se non con soluzioni partenariali e relazionali che nulla hanno a che fare con approcci conservativi.
Di ciò è testimonianza la controversa accettazione della PPP britannica nei contesti francesi e germanici.
Del resto, anche la rivisitazione di felici esperienze del passato, quali il Piano INA CASA di Fanfani o la Comunità di Olivetti, richiederebbe una chiave di lettura contemporanea oltre Rammendi, Riqualificazioni, Rigenerazioni.
Il punto, tuttavia, è che al Paese, alla Domanda come all'Offerta, sfugge che il nesso tra Economia Circolare ed Economia Circolare sovverte, sul medio-lungo termine, le strutture concettuali abituali.
E lo fa, nel senso che i processi, guidati dalle analitiche dei dati, tendono a mettere in discussione le identità, gli assetti, i prodotti.
È qui, invece, che la ripresa viene letta sotto una chiave quantitativa e conservativa, in cui alla apparente demonizzazione delle cosiddette grandi opere farebbe da contraltare l'avvio di programmi di piccoli e di medi interventi in ambiti cruciali.
Ciò, tuttavia, sembra confermare, anzitutto, una struttura del mercato che non regge nella competizione internazionale (come dimostrano le classifiche ENR), ma che, soprattutto, confligge con una prospettiva evolutiva del settore che si basa sulla gestione del Rischio e della Conoscenza.
Ecco che, in questa congiuntura, irrompe una tecnologia di prodotto, il Building Information Modelling, che tanto inedita non lo è neppure, ma che funge da viatico per fenomeni più vasti.
Quello che il Building Information Modelling sembra, infatti, consentire è una maggiore coerenza tra saperi differenti legata a una migliore condivisione tra di essi.
A parte il fatto che si tratta di istanze che risalgono a molti decenni or sono, la loro difficile praticabilità non è dipesa sinora solo dalla assenza di tecnologie abilitanti.
Sta di fatto che il Building Information Modelling invera alcune condizioni che hanno esiti dirompenti:
i) il grado elevato di trasparenza e di tracciabilità che rende poco praticabili le transazioni grigie consuete tra gli operatori;
ii) il ruolo computazionale e direttivo della struttura di committenza;
iii) l'anticipazione delle scelte progettuali e il conseguente precoce intervento di tutti gli attori nella logica dell'intero ciclo di vita del manufatto;
iv) l'estensione della corresponsabilità tra gli operatori collaborativi.
Ovviamente, tutto questo è da contestualizzare tra Computational Design, Additive Manufacture, Smart Housing, Mixed Reality, ecc.
Proprio il nesso tra Sostenibilità, o meglio, Circolarità, e Digitalizzazione innesca una serie di trasformazioni connesse al fatto che:
a) le prestazioni dei manufatti sono interrelate tra loro e, soprattutto, sono rivolte ai servizi da erogare alla persona;
b) la vita utile di servizio del cespite ne richiede una flessibilità funzionale;
c) la logica del risultato rende imprenditoriale l'attività di concezione delle opere;
d) gli apportatori di capitale di rischio e di debito si attendono evidenza statistica del livello di mitigazione dei rischi degli investimenti loro proposti in condizioni di mercato complesse.
L'assenza di una percezione adeguata dei passaggi epocali è mascherata da uno scetticismo che intravede solo l'aspetto strumentale nel Building Information Modelling e il tratto riduzionista nella Smart City.
Naturalmente questo atteggiamento ha sue valide argomentazioni, ma il suo potenziale critico si attenua in assenza di proposizioni inedite e convincenti.
La posta in gioco è che i tradizionali operatori del settore divengano sempre più entità governate da altri protagonisti: ICT Company, Public Utility, Financial Arranger.
La Integrazione e la Con-fusione, l'Ibridazione, divengono elementi necessitati e, ciò, dunque, innesca cambi significativi di paradigma che trovano impreparato il settore che confida di ricondurre l'evoluzione negli aspetti tangibili, nell'innovazione di prodotto.
Ma è chiaro che il futuro del settore sta nella sua dilatazione.