Le infrastrutture e la mancanza di una loro gestione del rischio
Le infrastrutture e la mancanza di una loro gestione del rischio
Presente e futuro delle infrastrutture in Italia
Le infrastrutture in Italia: da lungaggini burocratiche a intoppi nel ciclo esecutivo, segno di uno stato di congenito ammaloramento. Tante possibili cause ma un’unica plausibile prescrizione: la mancanza di un sistema di controllo adeguato e disciplinato a tutti i livelli e durante tutto l’arco di vita dell’infrastruttura.
Dovendo ripercorrere la storia recente delle infrastrutture in Italia, oltre a una contrazione degli investimenti che rende il settore meno competitivo sia rispetto al periodo precedente alla crisi sia rispetto ai propri partner europei, emerge anche un generale stato di bisogno ed ammaloramento delle opere esistenti che oltre a soffrire di scarse attenzioni da parte di chi le gestisce non lascia intravedere nulla di buono se la strada da intraprendere, in termini di nuove costruzioni, ricalca gli errori e le omissioni del passato.
Si parta col dire che un’infrastruttura è un’opera, o una Grande Opera, d’Ingegneria di per sé complessa se paragonata alle realizzazioni in ambito civile. Essa riguarda comparti della mobilità come strade, ferrovie, porti e aeroporti caratterizzate da un ciclo vita coprente un arco anche molto esteso di tempo.
Nella realizzazione di queste opere stakeholders, operatori e addetti ai lavori si avvicendano ciascuno per proprio conto e con un ruolo ben preciso, ma con il comune obiettivo di creare l’infrastruttura tenendo i costi all’interno della previsione di spesa, consegnarla secondo le scadenze previste e gestirla garantendone una manutenzione sana e sostenibile.
La mancanza di un meccanismo centrale di controllo e monitoraggio dei rischi
Senza voler cercare a tutti costi un colpevole, ma guardando piuttosto a una soluzione di stampo globale e condivisibile, si può affermare che nella storia di insuccessi che attraversa gran parte delle opere, qualunque sia il palcoscenico all’interno del quale un’opera nasce vive e muore, ricorre sempre un sistematismo riscontrabile nella quasi totale mancanza di un meccanismo centrale di controllo e monitoraggio dei rischi che si annidano nel ciclo vita del manufatto e che ne minano il raggiungimento degli obiettivi.
L’esplosione dei ritardi e dei costi non è un problema solamente italiano, ma un elemento naturalmente intrinseco nella realizzazione delle opere infrastrutturali che permea buona parte dei grandi cantieri internazionali.
Mckinsey stima che il 98% dei progetti di investimenti di capitali in asset infrastrutturali possa incorrere nell’ 80% d’aumento di costo dal valore originale e 20 mesi di slittamento dei tempi di consegna della stessa. Anche per progetti ordinari e di cui molte aziende hanno esperienza nella costruzione, pensiamo per esempio alle strade, ritardi e eccedenze di costo sono fatto comune e ricorrente.
È noto e altresì sostenuto da chi osserva e monitora il segmento infrastrutture a livello internazionale che i progetti infrastrutturali risentono di una significativa mancanza di gestione del rischio in quasi tutte le fasi della catena del valore e per tutto il ciclo di vita di un progetto. Tale carenza non risparmia i progetti pubblici gestiti da dipendenti sprovvisti di competenze e risorse per una gestione dei rischi sana, rigorosa e disciplinata. Spesso accade che anche se presente, la sofisticazione e il carattere farraginoso della macchina burocratica vada a spese dell'efficienza del processo stesso mettendone dunque a repentaglio gli obiettivi, talvolta strategici perché legati allo sviluppo stesso del sistema Paese. Ma non tutto il male vien per nuocere: se è vero infatti che i rischi minano gli obiettivi prefissati è altrettanto vero e opinione condivisa che la maggior parte dei rincari dell’opera siano prevedibili e dunque evitabili.
In tal senso una corretta applicazione di un framework che preveda un adeguato impianto di governance dei rischi, teso alla creazione di valore e del suo mantenimento, contribuisce al controllo delle perdite e quindi all’ottimizzazione delle risorse investite.
L'importanza di un approccio di Risk Management per un maggiore risparmio
Se da un lato infatti non è una novità che la valutazione e la manipolazione dei rischi siano necessari all’interno di un quadro operativo di Project Risk Management, è bene sottolineare come ci sia un gran numero di Project Managers che tutt’ora si affidano ad un approccio esclusivamente deterministico in tema di Risk Management. È prassi comune, purtroppo, tendere a "risparmiare" in fase di progettazione iniziale, abbandonandosi spesso all’esperienza e demandando in seguito eventuali modifiche. Questo approccio, tipicamente italiano, non considera che i costi a posteriori causati da errori di valutazione sono molto più alti se paragonati al potenziale "risparmio" che si otterrebbe adottando preventivamente una metodologica in grado di valutare le incertezze a tutto tondo.
Va peraltro notato come un approccio di questo tipo sarebbe di gran lunga giustificabile se si pensa che settori come banking, healthcare e insurance hanno già da molto tempo beneficiato delle moderne tecniche di Risk Management basate sull’analisi e gestione dei dati (datamining e Big data) a supporto delle decisioni.
Attualmente in Italia la media dei tempi di realizzazione delle opere pubbliche è di 4,4 anni e varia da 2,6 anni per i progetti di valore inferiore a 100 mila euro a 15,7 anni per i progetti di valore superiore ai 100 milioni di euro.
Guardando alle diverse fasi, la progettazione richiede tra i 2 e i 6 anni, l’aggiudicazione oscilla tra i 5 e i 20 mesi e la fase dei lavori varia dai 5 mesi agli 8 anni. Oltre metà dei tempi dell’iter complessivo (il 54,3%) è costituita dai cosiddetti “tempi di attraversamento” che intercorrono tra la fine di una fase e l’inizio di quella successive.
Infine è da considerare come i concetti fin qui espressi sono da estendere anche alla fase gestionale-manutentiva delle opere. Il tema della manutenzione è infatti di importanza cruciale nel nostro Paese sia per il fatto che ampia parte del patrimonio infrastrutturale è risalente nel tempo sia per le caratteristiche di rischio idrogeologico, e sismico del nostro territorio. Certamente la realizzazione di una serie di interventi di manutenzione diffusi sul territorio, con un focus sulla viabilità e la sicurezza, anche di piccolo ammontare, rientra tra le esigenze più urgenti. A tal proposito emerge l’esigenza di una mappatura dei manufatti, su scala micro e macro che vada oltre la catalogazione dei manufatti secondo il loro stato corrente e le necessità manutentive, e che ne inglobi anche i rischi finanziari ed economici, oltre a quelli ingegneristici.
Gestire i rischi non sono solo parole
Ciò detto è fondamentale dunque fare proprio, coltivare promuove e mantenere, il concetto che per poter creare e proteggere il valore di un’organizzazione è essenziale gestire i rischi in modo strutturato basandosi su principi ben definiti. Tale assunto va considerato valido sia per Enti pubblici che per Società di costruzioni private di grandi medie e piccole dimensioni. Tant’è che queste peccando della convinzione che gestire i rischi del proprio parco progetti non sia indispensabile, si trovano spesso a fronteggiare situazioni inaspettate e finiscono con l’avere vita dura.
Per rendere possibile questo processo è necessario agire su due fronti: da un lato c’è bisogno che le pubbliche amministrazioni e le aziende private operanti nel settore escano dalla zona di comfort in cui si sono accomodate dotandosi di strumenti e professionalità adeguate per una corretta e sana gestione dei rischi, dall’altro si richiede alla leadership e ai normatori lo sforzo ben più consistente di far si che questo processo non rimanga un esercizio sporadico, ma che la cultura del rischio permei tutti i livelli delle organizzazioni pubbliche e private e con essa cresca e si sviluppi l’assimilazione e la convinzione a livello manageriale dell’idea che il risk management sia l’unico strumento in grado di prevenire le perdite.
Di riflesso l’accresciuta probabilità del rispetto dei tempi e dei costi previsti può essere utile a mitigare il malcontento generale derivante dall’incapacità di portare a termine impegni e opere secondo programma, insieme alle promesse per una rinnovata fiducia nei confronti della pubblica amministrazione.
Solamente aderendo a tali principi sarà possibile pensare di contenere le spese e arginare le perdite, ottenendo così un miglior controllo sui fondi pubblici affinché questi siano meglio spesi, e consentendo alle aziende private di avere un’esposizione al rischio più consapevole e confortevole, che le ponga al riparo da perdite che potrebbero minare il progetto o addirittura l’intero asset aziendale, al fine di garantir loro un vantaggio competitivo di lungo respiro.
I progetti di sviluppo infrastrutturale sono volano di sviluppo, benessere e quindi un vettore imprescindibile per la creazione di valore. Ma perché essi vengano realizzati nel rispetto delle regole di compliance e del buonsenso, è necessario un rinnovato grado di maturità che solamente un approccio di stampo Globale al risk management nelle infrastrutture può garantire.
La strategia di gestione del rischio globale sarà il primo tema affrontato nel nuovo Master in Risk management delle Infrastrutture di Cineas, in partenza il 7 giugno al Politecnico di Milano.