In un Paese come il nostro, così ricco di opere monumentali e al tempo stesso cosi altamente sismico, comprendere come tali opere rispondono agli effetti sismici diventa una priorità. Ad indagare sulla risposta alle sollecitazioni sismiche locali del patrimonio monumentale architettonico calabrese, un progetto denominato “Massimo” che valuta quantitativamente i possibili effetti di terremoti su siti di interesse.
In un Paese come il nostro, così ricco di opere monumentali e al tempo stesso cosi altamente sismico, comprendere come tali opere rispondano agli effetti sismici diventa una priorità. Ad indagare sulla risposta alle sollecitazioni sismiche locali del patrimonio monumentale architettonico calabrese, un progetto denominato “Massimo” che valuta quantitativamente i possibili effetti di terremoti su siti di interesse.
Il Progetto si propone inoltre di fornire alle istituzioni locali competenti le linee guida di supporto al monitoraggio dello stato di conservazione dei beni architettonici.
Le attività svolte nell'ambito del progetto – finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – sono state oggetto di due eventi organizzati lo scorso dicembre a Washington DC negli Stati Uniti d'America.
Il Progetto è stato presentato a fine dicembre dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) presso l'Ambasciata Italiana e la sede della World Bank a Washington DC, in cui sono stati illustrati l'architettura infrastrutturale, il relativo sistema di monitoraggio e i principali risultati tecnico-scientifici ottenuti sui dimostratori individuati dalla Regione Calabria.
Ai due workshop hanno partecipato rappresentanti dell’Ingv, dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), dell’Università della Calabria, oltre ad agenzie federali come United States Geological Survey (Usgs), Smithsonian Institution, Library of Congress, Agenzia americana per la cooperazione allo sviluppo (Usaid), National Gallery, con diverse università e centri di ricerca americani.
“L'evento - spiega Maria Fabrizia Buongiorno, ricercatrice dell’Ingv e responsabile scientifica del progetto - è stato organizzato con il duplice obiettivo di presentare le capacità tecniche sviluppate dagli istituti di ricerca italiani e, contestualmente, instaurare un dialogo e un confronto operativo con le istituzioni americane sulle possibili sinergie per affrontare la complessità delle sfide tecnologiche necessarie a migliorare il monitoraggio dell'ambiente urbano, ponendo particolare attenzione alla sorveglianza, sicurezza e salvaguardia delle aree urbane e delle infrastrutture critiche (come i beni culturali)”.
Le aree urbanizzate sono ambienti molto complessi, in continua evoluzione, che pertanto necessitano di soluzioni tecnologiche real-time o near-real-time, al fine di garantire un efficace monitoraggio delle risorse e affrontare la valutazione multi-rischio, ponendo particolare attenzione alla copertura territoriale, alla risoluzione e ai costi economici e temporali. “Inoltre questo workshop si inquadra nell’ambito delle attività realizzate dal gruppo di lavoro ‘Scienza della Terra’ coordinate da Ingv e Usgs (attivato nel 2013), sotto l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra Italia e Stati Uniti”, prosegue la ricercatrice Ingv.