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NTC: osservazioni e commenti sulle novità presenti nei controlli di accettazione del calcestruzzo

Un approfondito commento di Roberto Marino

AGGIORNAMENTO DELLE NORME TECNICHE PER LE COSTRUZIONI.

DIVERSE E DECISIVE INNOVAZIONI IN ATTESA DEI NUOVI CONTROLLI DI ACCETTAZIONE SUL CALCESTRUZZO

La presente nota desidera esprimere alcune personali considerazioni su determinati paragrafi riguardanti il Capitolo 11, MATERIALI E PRODOTTI PER USO STRUTTURALE, delle Norme Tecniche per le Costruzioni, recentemente aggiornate, e pubblicate il 28 febbraio del corrente anno sulla Gazzetta Ufficiale, Supplemento ordinario n. 8.

Introduzione

Negli ultimi anni, il sottoscritto aveva già pubblicato due articoli (I Controlli di Accettazione. Riflessioni e proposte e I Controlli di Accettazione di Italia e Spagna) che avevano l’ambizione di portare un momento di riflessione sulle criticità delle prescrizioni di legge e proporre soluzioni aventi come obiettivo quello di migliorare in maniera più chiara, e coerente, i compiti e i rapporti esistenti fra i vari attori del processo edilizio.

In particolare, ci si esprimeva prendendo a riferimento:

  • I Controlli di Accettazione previsti dalla legge italiana, ritenuti ormai obsoleti e non coerenti con la stessa NTC
  • La figura del progettista e quella della direzione lavori, che non possono essere la stessa persona
  • L’assoluta necessità di allargare le attività dei Laboratori Ufficiali quale reale “persona” di fiducia del direttore dei lavori

I Controlli di Accettazione sul Calcestruzzo

Per quanto riguarda i Controlli di Accettazione, lo scrivente prendeva in esame un’analisi di raffronto tra gli stessi controlli eseguiti, o previsti, in Italia e quelli prescritti nella normativa spagnola.

Paragone doveroso, dal momento che non si può che prendere atto che dopo tanti decenni di applicazione di tale prescrizione, il bilancio deve considerarsi del tutto negativo.

Forse, alcuni decenni fa, le due tipologie di controlli prendevano spunto da diverse considerazioni, quali la differenziazione tra cantieri piccoli e quelli a maggiore dimensione, la necessità di modelli matematici di valutazione piuttosto semplici e schematici che mirava ad una semplificazione del controllo stesso.

In realtà, è stata proprio quella ideale semplificazione del controllo che ha originato una insufficiente attenzione da parte di chi era e che è tuttora incaricato proprio allo stesso.

A parte i cantieri di grandi dimensioni e di Committenze importanti, dove il controllo prevede qualifiche ben fatte, controlli continui in corso d’opera, ecc., nei cantieri di piccole e medie dimensioni il controllo di accettazione di tipo A è largamente assente e, nel caso che venga applicato, le procedure non sono eseguite correttamente.

Quante volte abbiamo visto prelievi effettuati con stampi di polistirolo, lasciati in giro nei cantieri per mesi, portati per la rottura, dopo molto tempo, ai Laboratori Ufficiali, ancora all’interno delle stesse cubiere?

Oppure prelievi effettuati senza neanche l’identificazione del manufatto e della data di getto, senza una rigorosa applicazione della prima equazione del controllo di tipo A che prevede la media di tre prelievi, e non quattro o cinque, come spesso si osserva?

Senza considerare, inoltre, l’aspetto più preoccupante che questi tipi di controllo hanno generato, e tutt’ora generano: contenziosi, accertamenti tecnici preventivi, cause, con accuse reciproche di responsabilità quando tutti, nella maggior parte dei casi, sono responsabili, soprattutto quando, fin dal 2005, non si prese coscienza dell’importanza della prescrizione della resistenza caratteristica minima in opera, in conformità alla UNI EN 13791.

È parere del sottoscritto che proprio quella fu l’occasione, più opportuna e propizia, per cambiare le metodologie dei controlli di accettazione, con l’obbiettivo di eliminare la evidente “incongruenza” tra i valori di controllo di accettazione e i valori della resistenza strutturale in opera.

Si ricorda di seguito, che nell’articolo I Controlli di Accettazione. Riflessioni e proposte, si proponevano tre controlli che abbracciassero tutte le potenziali strutture, dai pavimenti (importantissimi) fino a strutture più complesse.

Per esempio, il controllo di accettazione di tipo B, potrebbe essere il seguente:

 marino-controlli-accettazione-01.jpg

Naturalmente, una rapida simulazione matematica, impiegando un semplice foglio elettronico, porterebbe alla conclusione che la resistenza media di progetto (qualifica del produttore di calcestruzzo per miscela omogenea) non sarà inferiore ai 10 MPa superiore alla resistenza caratteristica di progetto, Rck.

Sempre per la stessa metodologia di controllo, la conformità riguardano le costruzioni con più di 1500 metri cubi: è un problema di non poco conto, dal momento che i 1500 metri cubi si possono gettare in un solo giorno come in un anno di produzione.

Va da sé che questa prescrizione mette in crisi gli stessi produttori e le stesse direzioni lavori, dal momento che non viene definito un arco temporale “accettabile” entro il quale si potrebbero definire al meglio le reciproche responsabilità e, cosa per me ancora più importante, le differenti tipologie dei manufatti in termini di conformità, per resistenza omogenea.

Sempre nel paragrafo del controllo di accettazione di tipo B, 11.2.5.2, CONTROLLO DI TIPO B, gli ultimi due capoversi hanno sollevato alcune perplessità di comprensione e molti colleghi hanno chiesto che le frasi riportate dovessero essere oggetto di chiarimenti.

Quello che segue è una mia personale interpretazione, in attesa di sapere se tale elaborazione sia corretta o no.

L’ultimo capoverso:

 marino-controlli-accettazione-03.jpg

 deve essere letto tenendo presente ciò che si legge nel penultimo:

 marino-controlli-accettazione-02.jpg

Pertanto, se si eseguono analisi statistiche accurate, si devono impiegare idonei software che ci possano restituire una serie di dati derivati dal controllo di accettazione di tipo B.

Di seguito, si fa un esempio utilizzando dati reali di produzione che ho tratto da uno stabilimento di prefabbricati per un manufatto avente resistenza caratteristica Rck pari a 50 MPa.

Osserviamo i dati di processo riportati in una curva di Gauss, con l’indicazione dei principali valori statistici:

marino-controlli-accettazione-04.jpg

I software permettono anche indagini statistiche più completa.

marino-controlli-accettazione-05.jpg 

L’interpretazione della normativa (personale) è la seguente:

  • La Rck corrispondente al frattile del 5% sarà Rcm – 1,64xσ
    • Pertanto, la Rck sarà: 63,96-1,64x5,09 = 56 MPa (superiore a quella di progetto, calcestruzzo conforme)
  • Il valore Rc,min dovrà essere maggiore del valore corrispondente al frattile dell’1%
    • La distribuzione gaussiana dei dati sopra riportati indica al frattile 1%, il valore di 52,4 MPa

marino-controlli-accettazione-06.jpg

Il valore minimo sperimentale è stato di 54 MPa.

Pertanto: essendo 54 MPa> 52 MPa, la prescrizione della normativa è stata rispettata.

Controlli: Aspetti più chiarificatori

L’aggiornamento contiene alcune prescrizioni innovative sulle quali mi trovo pienamente d’accordo.

Vi è, infatti, e certamente, una maggiore responsabilizzazione dei Laboratori Ufficiali, come auspicavo nei miei articoli citati.

Mi riferisco al CAPITOLO 11, paragrafo 11.2.5.3, PRESCRIZIONI COMUNI PER ENTRAMBI I CRITERI DI CONTROLLO.

Si richiama alla responsabilità dei Laboratori circa la verifica sullo stato dei provini e la documentazione di riferimento ed in caso di anomalie riscontrate sui campioni oppure di mancanza totale o parziale degli strumenti idonei per la identificazione degli stessi, deve sospendere l’esecuzione delle prove e darne notizia al Servizio Tecnico Centrale del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici.

Tale responsabilità è da considerarsi fondamentale: quante volte abbiamo visto portare nei Laboratori, dopo mesi dal getto, e dal prelievo, cubetti ancora negli stampi, con assenza di adeguata cura e stagionatura senza una corretta identificazione?

Si tenga presente, come scritto nei miei articoli, nei quali auspicavo una presenza più costante dei Laboratori anche in fase di prelievo per i Controlli di Accettazione, la norma prescrive ora che il prelievo potrà anche essere eseguito dallo stesso laboratorio incaricato della esecuzione delle prove.

Altra prescrizione importante riguarda l’arco temporale entro il quale i provini di prelievo devono essere portati a rottura.

Tale limite va dai 28-30 giorni ai 45 giorni: vi sono circa 2 settimane entro le quali il Laboratorio dovrà procedere alle prove di compressione.

Per chi ha esperienza e pratica di cantiere non potrà che condividere questa prescrizione: troppe volte abbiamo visto rompere i provini di prelievo a tempi decisamente troppo lontani dai getti e magari quando ulteriori getti sono stati effettuati per il normale avanzamento dei lavori, aumentando enormemente le difficoltà di eventuali opere di consolidamento, o altro, nel caso di non conformità.

Qualcuno già si domanda quale possa essere la differenza, in termini di resistenza a compressione, tra i 28 giorni e i 45 giorni.

Il valore che otterrò, per esempio, a 45 giorni, prendendo il limite temporale imposto, sarà certamente quello “assimilabile” ai 28 giorni.

Non mi sembra che tale prescrizione rappresenti un problema che possa far nascere discussioni in merito alla trascurabile differenza della resistenza tra i 28 e i 45 giorni o, ancora peggio, inventarsi correlazioni o algoritmi, per meglio identificare tale differenza.

Inoltre: in caso di mancato rispetto dei termini temporali per la rottura dei prelievi le prove di compressione vanno integrate da quelle riferite al controllo della resistenza in opera.

Condizione, quest’ultima, su cui tutti gli operatori dovranno riflettere: le procedure devono essere eseguite correttamente, altrimenti si deve accertare la resistenza minima in opera!!

Vorrei, infine, ricordare che la norma al paragrafo 11.2.1 SPECIFICHE PER IL CALCSTRUZZO, permette l’indicazione di altri tempi di maturazione a cui riferire le misure di resistenza e il corrispondente valore caratteristico.

Prescrizione, quest’ultima, la cui importanza risulta “decisiva”, mi si permetta questa definizione, per il raggiungimento delle qualità prestazionali delle opere.

Mi riferisco a due principali tipologie di calcestruzzo: calcestruzzi a basso calore per getti massivi e calcestruzzi ad alta resistenza, calcestruzzi autocompattanti (SCC) compresi.

Per i primi, in cui si deve far largo impiego di aggiunte minerali o di compound con elevati valori di k (UNI EN 206:2006, paragrafo 5.2.5, Impiego di aggiunte), per i secondi, per il raggiungimento, a tempi più lunghi, dei valori di resistenza a compressione conformi alle resistenze caratteristiche di progetto.

Per tali opere, ho sempre incontrato direzioni lavori, e progettisti, assolutamente disponibili ad applicare questa prescrizione nell’interesse delle opere stesse e, soprattutto, in conformità ai requisiti di durabilità.

Ritengo, però, doveroso ricordare che la UNI EN 206:2006, in termini di specifica dei calcestruzzi a resistenza garantita, ha introdotto una variazione nei requisiti per il Diametro nominale massimo del conglomerato cementizio: non più Dmax, ma il Dmax inferiore e il Dmax superiore.

Il produttore avrà l’obbligo di scegliere un Diametro massimo che dovrà ricadere nell’intervallo stabilito dal progettista.

Del resto, con l’aumento delle resistenze a compressione (SCC, Alta Resistenza, ecc.) la UNI EN 206 prende atto che la riduzione del Dmax è tecnologicamente necessaria e indispensabile al raggiungimento dei target di resistenza e reologici: una sorta di inizio tramonto della vecchia tecnologia del calcestruzzo che prevedeva quantità maggiori di aggregato grosso, e relativi Dmax, rispetto a quella attuale fondamentalmente basata sulle proprietà reologiche.

Conclusioni

Ho cercato, brevemente, di esporre le mie personali impressioni su alcune nuove prescrizioni del Capitolo 11, riguardante il calcestruzzo.

È indubbio il fatto che i legislatori abbiano ridefinito con questo importante aggiornamento, responsabilità e competenze dei Laboratori Ufficiali.

Non solo, il loro coinvolgimento anche come “tecnico” o come “persona” di fiducia, all’atto del prelevamento dei campioni di calcestruzzo, per la verifica delle conformità, rappresenta un passo decisamente innovativo e che porterà ad una migliore applicazione dei controlli di accettazione.

Da riflettere anche, e soprattutto, sui termini temporali entro i quali si devono portare a rottura i prelievi dei controlli: se non eseguiti correttamente, si dovrà procedere con il controllo in opera!!

In definitiva, una serie di requisiti e prescrizioni che andranno certamente ad incidere, con chiarezza dei ruoli, sulle operazioni di prelievo, stagionatura, maturazione e rottura dei campioni in tempi definiti: non ci saranno più alibi per nessuno, o si rispettano tali regole o si dovranno eseguire prove di valutazione delle caratteristiche meccaniche dei calcestruzzi in opera.

A conclusione di questo articolo, però, il lettore mi deve consentire un mio profondo rammarico nei riguardi dei controlli di accettazione sia di tipo A che di tipo B.

I legislatori avrebbero potuto considerare approcci, o criteri di verifica delle conformità, più moderni e più scientifici con i quali si sarebbe ottenuto, senza alcun dubbio, un miglioramento netto della qualità dei nostri calcestruzzi a tutto vantaggio della sicurezza strutturale e della durabilità delle opere.

 

 

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