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ODORIZZI: un BIM Manager efficace ed efficiente non si improvvisa

INGENIO: Il mondo del BIM, e più in generale della digitalizzazione nel settore delle costruzioni nel corso di pochi mesi è stato al centro dell’attenzione del Legislatore (Art. 23 – Comma 13 del Codice Appalti) e si sta dotando di un nuovo impianto normativo (il 27 Gennaio sono state pubblicate le prime tranche – 1, 2 3 4 – della UNI 11337-2017). A breve inoltre saranno disponibili i risultati della Commissione Ministeriale Digitalizzazione Appalti Pubblici. Cosa significa tutto ciò per gli operatori della filiera secondo lei?

PAOLO ODORIZZI: Gli ultimi avvenimenti fanno intuire come sia senz’altro giunto il momento per tutti gli operatori della filiera di avviare una riflessione sul tema e di risintonizzare il proprio percorso di cambiamento su metodi, processi, e applicazioni necessari per continuare a competere nel mercato di riferimento. La normativa UNI-11337, per altro prevista in applicazione volontaria, è utilissima in questo senso perché chiarisce, semplificando, quali siano i significati da assegnare alle definizioni dei termini e dei processi comunemente assunti dagli operatori. Sono individuati gli schemi di base necessari ad implementare la contrattualistica per la corretta applicazione del metodo BIM secondo una formulazione che, pur ricalcando lo schema delle PAS 1192 Inglesi, si adatta alle tradizionali peculiarità italiane. La nuova norma costituisce spunto e pretesto per vuole applicare coerentemente gli schemi europei e internazionali unitamente ad un rinnovamento procedurale e tecnologico che ha già portato frutti, dove applicato con efficacia, indipendentemente dalla dimensione e dalla complessità dei progetti.

Certo da sola la norma non basta, occorre ad esempio un piano di lavoro nazionale per la formazione di coloro che andranno ad occupare i nuovi ruoli previsti dalle procedure BIM: i BIM specialist, che si formeranno in ambito scolastico, accademico, autonomo o sfruttando la proposta di formazione commerciale offerta da dealer, consulenti e organizzazioni tecniche di vari livelli, i BIM Coordinator, che hanno senz’altro necessità di comprendere il motivo e i valori che spingono la filiera a muoversi secondo schemi aggiornati e innovativi, e i BIM manager, che oltre a conoscere la materia dovrà per forza di cose sperimentarne l’applicazione attraverso esperienze approfondite, diciamo “sul campo”. Infine una riflessione sulle stazioni appaltanti, pubbliche e private che siano, le quali, se vorranno conseguire gli ambiti margini di risparmio e miglioramento qualitativo sulle opere che il metodo promette, non potranno limitarsi ad invocare le attività nel rispetto di una specifica nuova norma ma dovranno comprenderne appieno il significato di ciascuna informazione richiesta per poter poi valorizzarla nella fase di gestione dell’asset.

 

INGENIO: Quali attenzioni la Commissione Ministeriale dovrà avere, visto che questo lavoro è finalizzato all’applicazione del BIM negli appalti pubblici ? e quali i pericoli che dovranno essere “gestiti” per evitare di arrivare a un blocco dei LL.PP. o ad un’applicazione solo sulla carta ?

P.O.: L’applicazione graduale, per tipologia e importanza di intervento o per importo d’opera, è senz’altro, a mio modesto parere, la strada corretta da perseguire. Lo Stato, identificabile per il mercato come uno tra i “miglior clienti” che professionisti, imprese e gestori possano avere, ha necessità di istruire la costruzione di opere mantenendone elevato il corrispondente valore economico, anche attraverso l’approccio “digitale” al progetto e alla gestione. L’utilizzo del bene collettivo non può prescindere dallo loro “messa a sistema” basata anche sull’ IoT (internet of things) e su una gestione che possa trarre vantaggio dalle innovazioni tecnologiche digitali oggi sempre più disponibili.

L’approccio OpenBIM, richiamato proprio dal’Art. 23, si propone come l’unica soluzione applicabile per salvaguardare la massima trasparenza della pubblica stazione appaltante e per, al tempo stesso, assicurarsi la disponibilità e l’interesse di tutti i professionisti chiamati in causa. Predeterminare strumenti e imporre soluzioni già in fase di gara riduce la base degli interessati alla partecipazione a coloro che né sono già dotati oppure li mette in condizione di doversene dotare nonostante siano stati magari giudicati non confacenti dal punto di vista tecnico. I formati aperti risolvono questo problema e permetto a progettisti e costruttori di poter risparmiare sui costi di apprendimento e acquisizione di nuove soluzioni.

 

INGENIO: Per gli operatori più evoluti  termini come 3D, 4D e 5D corrispondono ad attività sulle quali si è maturata una significativa esperienza. Sono ancora pochi coloro che, viceversa, stanno sperimentando l’impiego di Common Data Environment (CDE) – oppure ACDat se vogliamo utilizzare con la terminologia prevista nelle UNI 11337-2017 – piuttosto che Model e, soprattutto, Code Checking che in realtà, se la modellazione 3D rappresenta i pilastri del BIM, ne costituiscono gli architravi. Che ruolo potranno avere i committenti, pubblici e privati, per la diffusione di tali sistemi? 

P.O.: Da molti anni, i più importanti progetti internazionali, sono stati progettati, realizzati e completati con adeguati sistemi di archiviazione documentale condivisa e centralizzata, sempre più spesso arricchiti e migliorati con spunti di collaborazione progettuale digitale. Non c’è motivo di pensare che quelle esperienze non si debbano applicare anche alle opere più semplici e contenute. I vantaggi conseguibili, qualità, risparmio dei costi, contenimento massimo dei tempi di distribuzione e condivisione dei dati, limitazione della ridondanza dei documenti progettuali, semplificazione delle procedure e maggior controllo da parte della committenza, rimarrebbero significativi e conseguibili anche per i progetti più tradizionali. L’AcDat, termine coniato dalle UNI 11337 per indicare l’equivalente del CDE, Common Data Environment, è lo strumento per mezzo del quale la filiera potrà ottenere risultati importanti: l’archiviazione dei documenti già in fase di “work in progress” permette ai progettisti di individuare le vere origini di errori progettuali e scelte di progetto non ottimali, l’“AcDat”, inteso come strumento garante per tutte le parti in causa, potrà fissare e mantenere la provenienza del dato in termini di autore e data di approvazione consentendo di ricostruire le situazioni con efficacia come necessario per la gestione dei contenziosi, le strutture preposte alla gestione operativa del bene e al facility management potranno trovare nell’AcDat una tecnologia innovativa utilissima per le probabili riprogettazioni, integrazioni, o dismissioni delle strutture durante il loro ciclo di vita.

 

INGENIO: BIM e Università: molti atenei stanno organizzando MASTER dedicati alla figura del BIM MANAGER. E’ sufficiente od occorre ripensare anche il ciclo di studi ante Laurea?

P.O.: Non sono in grado di rispondere alla domanda che penso debba esser posta più correttamente in via diretta al settore universitario. Riterrei tuttavia importante sottolineare che un BIM Manger efficace ed efficiente non si improvvisa. Per operare con successo non basta, anche se comunque indispensabile, che costui abbia conseguito un titolo di studio specifico sul tema, occorre anche e soprattutto che abbia potuto acquisire sul campo esperienza nella gestione dei gruppi di lavoro, nella produzione e gestione delle informazioni, nella modellazione spaziale virtuale 3D con applicazioni basate sugli oggetti. Non dimentichiamo infine che Il BIM manager può svolgere un ruolo importante nelle scelte e negli investimenti in tecnologie informatiche nonché nella direzione della formazione del personale dell’’organizzazione a cui risponde. La scelta ad oggi più comune è quella della formazione post universitaria, forse percorsa proprio perché tutto sommato rapida e in grado di rispondere alla crescente “domanda” del mercato che richiede queste posizioni in tempi rapidi, spesso per competere nel mercato internazionale.