Presentati in Assemblea 6 capitoli della Circolare NTC: si va verso l’approvazione entro l’estate
Un'analisi dei primi due capitoli della circolare presentati all'Assemblea del COnsiglio Superiore dei LLPP
Nel corso dell’Assemblea del Consiglio Superiore dei LL.PP. del 25 maggio sono stati presentati 6 capitoli delle Istruzioni per l’applicazione delle Norme Tecniche per le Costruzioni: i capitoli 2, 3, 4, 6, 9 e 10.
La presentazione è stata curata dall’Ing. Emanuele Renzi, Coordinatore del Servizio Tecnico Centrale e della Commissione Relatrice che si sta occupando dell’affinamento della Circolare, predisposta dalla Commissione Redattrice coordinata dal Prof. Franco Braga.
Riprendiamo qui alcuni dei concetti espressi nei Capitoli 2 e 3, evidenziando che si tratta di un testo ancora in fase di bozza, e quindi potrà essere suscettibile ancora di modifiche.
Capitolo 2 - Sicurezza e prestazioni attese
Nel Cap.2 delle NTC sono illustrati i principi fondamentali per la progettazione strutturale, alla base delle disposizioni applicative trattate nei capitoli successivi. La Circolare da un lato sottolinea che “L’impostazione scientifica e le modalità della trattazione sono state rese il più possibile coerenti con il formato degli Eurocodici” e dall’altro l’abbandono completo del metodo alle tensioni ammissibili: “Il metodo di riferimento per la verifica della sicurezza è quello semiprobabilistico agli Stati Limite, basato sull’impiego dei coefficienti parziali; è stato definitivamente eliminato ogni riferimento al metodo alle tensioni ammissibili. Ovviamente, nel caso di valutazioni di sicurezza di strutture esistenti, laddove si ricorra al “progetto simulato” è ammesso il ricorso ai metodi di verifica previsti all’epoca del progetto originario.”.
Se qualcuno pensava che quindi il vecchio - e da molti amato - metodo alle tensioni ammissibli potesse, attraverso la circolare, essere riammesso a dignità normativa, si sbagliava di grosso: il dado è tratto e occorre guardare oltre.
Per quanto riguarda i requisiti, per quelli inerenti la sicurezza per gli stati limite ultimi, di esercizio e per la sicurezza antincendio è sostanzialmente mantenuta l’impostazione delle precedenti NTC. Ma come le NTC già avevano anticipato, il cambiamento più importante riguarda le parti non strutturali, dove anche la Circolare entra nel merito: “Ferme restando le procedure autorizzative previste per le parti strutturali, viene precisato che i componenti, sistemi e prodotti, edili od impiantistici, non facenti parte del complesso strutturale, ma che svolgono funzione statica autonoma nei casi in cui il loro eventuale cedimento sia causa di conseguenze non trascurabili per la sicurezza, debbano essere progettati ed installati nel rispetto dei livelli di sicurezza e delle prestazioni previste per gli elementi a carattere propriamente strutturale.”
Un solco che ha effetti anche sull'attività professionale. Si pensi al tema degli impianti: in un Paese, unico in Europa, in cui la parte impiantistica è di fatto lasciata in mano al muratore con il trapano per fare le tracce e all'installatore, o idraulico, che poi gli impianti posa, con una davvero scarsa attenzione da parte del progettista e della direzione lavori nel verificare questi prima della chiusura delle tracce qualcosa dovrà cambiare. Innanzitutto con l'inserimento in fase di progetto di dispositivi che siano in grado di intercettare e bloccare le linee in caso di incidente. Tema di cui si sta occumando anche il CTI con la predisposizione di un'apposita norma.
Nella Circolare si parla anche dei requisiti di durabilità: “la norma, oltre a prevedere, ove possibile, verifiche specifiche per i diversi materiali, tali da garantire indirettamente l’ottenimento del livello di durabilità prescritto, individua al § 2.2.4 possibili strategie da seguire, sia in fase di progettazione, sia in fase di esercizio della costruzione, per limitare il degrado dei materiali per uso strutturale entro limiti accettabili."
Il cosiddetto piano di manutenzione ordinaria deve quindi diventare un elemento di progetto fondamentale. Manca però a livello normativo generale ancora un riferimento alla responsabilità sull'applicazione del piano. Se il piano di manutenzione entra di fatto tra gli elementi sostanziali per il mantenimento della durabilità dell'opera e quindi del mantenimento dei livelli minimi di sicurezza, cosa accade quando l'opera è collaudata e, di fatto, decade la presenza di un responsabile qualificato terzo del rispetto del piano ? è responsabilità dell'amministratore del condominio ? oppure di ogni singollo proprietario delle parti dell'immobile ? su questo tema l'Ordine degli Ingengeri di Genova nella figura del suo Presidente Michelini ha fatto delle proposte. Occorrerrà trovare una soluzione.
Tornando alla bozza della Circolare, va evidenziato che rispetto alle precedenti NTC, al § 2.2.5 si sia dato un maggior approfondimento al tema della robustezza strutturale: ”essendo fornite alcune strategie progettuali per il conseguimento di tale requisito, in relazione all’uso previsto per la costruzione.” Per requisito della robustezza si intende “capacità di evitare danni sproporzionati rispetto all’entità di possibili cause innescanti eccezionali quali esplosioni e urti” e, più in generale, rispetto a qualsiasi evento di carattere eccezionale, che possa causare il collasso di una parte limitata dell’organismo strutturale.”
Va sottolineata un’affermazione riportata nei principi generali e riguardante gli edifici esistenti: “Per le opere esistenti, rimandando per maggiori dettagli al Capitolo 8, si precisa che è possibile fare riferimento a livelli di sicurezza diversi da quelli delle nuove opere ed è anche possibile considerare solo gli stati limite ultimi, prescindendo dagli stati limite di servizio.”
La Vita Nominale dell'Opera
E' stato un tema molto equivocato in questi ultimi anni in cui ci si è occupati della durata del patrimonio immobiliare italiano, che le statistiche ci dicono ormai vetusto e inadeguato. Era importante quindi che la Circolare entrasse nel merito dell'argomento, con ulteriori informazioni e istruzioni sulle NTC. Per quanto riguarda la Vita Nominale di Progetto, trattata al punto 2.4.1 delle norme, anche ai fini delle verifiche sismiche, si definisce convenzionalmente come “il numero di anni nel quale l’opera, purché ispezionata e manutenuta come previsto in progetto, manterrà i livelli prestazionali e svolgerà le funzioni per le quali è stata progettata.” Trattato anche il problema delle attività a rischio rilevante.
Ricordiamo che le opere sono classificate in tre differenti categorie, per ciascuna delle quali viene fissato il valore minimo di VN: 10 anni per le strutture temporanee e provvisorie e quelle in fase di costruzione, 50 anni per le opere con livelli di prestazione ordinari, 100 anni per le opere con livelli di prestazione elevati.
Che cosa è quindi la VN: è il “parametro convenzionale correlato alla durata dell’opera alla quale viene fatto riferimento in sede progettuale per le verifiche dei fenomeni dipendenti dal tempo, (ad esempio: fatica, durabilità, ecc.), rispettivamente attraverso la scelta ed il dimensionamento dei particolari costruttivi, dei materiali e delle eventuali applicazioni di misure protettive per garantire il mantenimento dei livelli di affidabilità, funzionalità e durabilità richiesti.” Su questo punto la commissione relatrice è intervenuta con numerose precisazioni, ad esempio sui sovraccarichi, sulle azioni di natura climatica, sul livello di prestazione, sulle costruzioni temporanee e, ovviamente, sull’azione sismica: “Il periodo di ritorno dell’azione sismica agente sulla costruzione, invece, è funzione anche della vita nominale della costruzione, oltre che della classe d’uso, del tipo di terreno e della pericolosità del sito.”
Vita Nominale che peraltro “si rinnova a seguito degli interventi di riparazione o di manutenzione straordinaria.”
Capitolo 3 – Azioni sulle costruzioni
Nel capitolo 3 la versione presentata contiene alcune novità rispetto alla versione rilasciata dalla Commissione redattrice.
Per quanto riguarda i sovraccarichi, per esempio, si fanno alcune precisazioni in merito alle prescrizioni per gli edifici scolastici, per i quali sottolinea na non applicazione del D.M. 18.12.1975.
Per quanto riguarda gli STATI LIMITE e le relative probabilità di superamento, si è mantenuto i testo proposto dalla commissione redatrice, ovvero il riferimento a 4 stati limite per l’azione sismica (SLO, SLD, SLV, SLC):
“Ci si riferisce dunque a due Stati Limite di Esercizio (SLE), lo Stato Limite di immediata Operatività (SLO), particolarmente utile come riferimento progettuale per le opere che debbono restare operative durante e subito dopo il terremoto (ospedali, caserme, centri della protezione civile, etc.) e lo Stato Limite di Danno (SLD) – definito come stato limite da rispettare per garantire inagibilità solo temporanee nelle condizioni post-sismiche, in tal modo articolando le prestazioni della struttura in termini di esercizio.
In modo analogo, ci si riferisce a due Stati Limite Ultimi (SLU) facendo seguire allo Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV), individuato definendo puntualmente lo stato limite ultimo, lo Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC), particolarmente utile come riferimento progettuale per alcune tipologie strutturali (strutture con isolamento e dissipazione di energia) e, più in generale, nel quadro complessivo della progettazione antisismica.”
L'azione del vento
Poche le novità introdotte dalla Commissione Relatrice in questa sezione della Circolare.
Tra queste alcune precisazioni nel capitolo relativo alle azioni del vento, e, più in particolare sui COEFFICIENTI AERODINAMICI. La circolare precisa che “In assenza di valutazioni più precise, suffragate da opportuna documentazione o prove sperimentali in galleria del vento, per i coefficienti di pressione si assumono i valori riportati ai punti seguenti, con l’avvertenza che si intendono positive le pressioni dirette verso l’interno delle costruzioni.”
La Circolare entra quindi nel merito dei coefficienti da adottare per le diverse condizioni, con alcuni approfondimenti molto utili per gli edifici alti. La circolare entra nel merito anche nel delle Pressioni Interne, prevedendo sostanzialmente 3 casi:
“Caso 1
Se per almeno due facce dell’edificio l’area totale delle aperture presenti su ciascuna faccia supera il 30% della superficie totale della faccia stessa si applicano le prescrizioni riportate nel § C3.3.8.2 (tettoie).
Caso 2
Se l’edificio non rientra nel caso precedente, ma presenta una superficie dotata di un’area totale di aperture pari ad almeno il doppio della somma delle aree delle aperture presenti sulle rimanenti superfici, il coefficiente di pressione interna cpi è pari a 0,75∙cpe; se invece l’area delle aperture presenti su detta superficie è pari ad almeno il triplo dell’area delle aperture presenti sulle rimanenti superfici, il coefficiente di pressione interna cpi è pari a 0,90∙cpe. L’altezza di riferimento i z è pari all’altezza di riferimento e z relativa alla superficie dominante.
Caso 3
Se l’edificio non rientra in nessuno dei casi precedenti, ma è dotato di porosità distribuita in maniera circa uniforme, in assenza di determinazioni più dettagliate, per le quali si farà riferimento a documenti di comprovata validità, si possono assumere i valori cpi = +0,2 e cpi = −0,3, considerando il caso che di volta in volta conduce alla situazione maggiormente gravosa. L’altezza di riferimento i z è pari all’altezza massima dell’edificio.”
Neve e Vento
Per quanto riguarda l’azione del carico da neve, sostanzialmente la circolare - per numerose tipologie di coperture (a 2 falde, a più falde, cilindriche, ecc.) - riporta più condizioni di carico alternative per l’azione della neve, che debbono essere tutte considerate, assumendo ovviamente la condizione più severa per la struttura considerata.
L’esistenza di più condizioni di carico deriva dalle modalità dell’effetto combinato neve-vento durante la precipitazione nevosa, che può determinare accumuli di neve o riduzione di neve, a seconda della zona di copertura considerata e della direzione del vento. Questo specifico fenomeno è appunto quello che determina le condizioni di carico alternative considerato nelle norme tecniche e nella presente circolare, che debbono essere tutte considerate nelle verifiche, indipendentemente dalla concomitanza nelle combinazioni con l’azione del vento.
Azioni eccezionali
Novità rispetto alla precedente revisione anche sulle Azioni eccezionali, quali incendi, esplosioni ed urti, trattate al capitolo 3.6. Innanzitutto si richiamano i riferimenti a documenti e normative specifiche; tra queste anche gli eurocodici: la norma UNI EN 1991-1-2 ( EC 1 Azioni sulle strutture – Parte 1-2: Azioni in generale – Azioni sulle strutture esposte al fuoco) per la salvaguardia degli edifici e delle opere di ingegneria civile nei confronti dell’incendio; la norma UNI EN 1991-1-7 (EC 1 Azioni sulle strutture - Parte 1-7: Azioni in generale - Azioni eccezionali) per la salvaguardia degli edifici e delle opere di ingegneria civile nei confronti di azioni derivanti da esplosioni e urti.
Per quanto riguarda i CRITERI di PROGETTAZIONE per il rispetto della sicurezza del sistema strutturale in caso di incendio, si indica che questa può essere determinata “sulla base della resistenza al fuoco dei singoli elementi strutturali, di porzioni di struttura o dell’intero sistema costruttivo, valutando opportunamente lo schema statico di riferimento e secondo l’incendio convenzionale di progetto adottato. In generale, in caso di ricorso a curve di incendio naturali, ci si riferisce all’intero schema strutturale. In caso di adozione di curve di incendio nominali è possibile effettuare analisi per singoli elementi strutturali.”. La circolare da alcune informazioni poi sulle procedure di analisi di resistenza al fuoco.
Considerazioni
Procede quindi l'attività del Servizio Tecnico Centrale per il completamento dell'insieme normativo che caratterizza le NTC. Si confermano sempre più le voci per una pubblicazione entro l'estate, così come richiesto dal mondo dei professionisti tecnici. Nel frattempo il Servizio sta lavorando anche su altri documenti molto attesi, i cosiddetti CIT per i sistemi di miglioramento e rinforzo strutturale.