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Progettazione di un giardino privato con criteri P.E.M. (Principio di Energia Minima)

Progettare un’area verde più o meno complessa è architettura, ingegneria ed è soprattutto ecologia, perché quello spazio, quel terreno, chi lo popola è semplicemente un essere vivente. Per questo è necessaria una visione d'insieme che spesso esula dalla rigida visione di una semplice progettazione.

Il giardino privato: area verde naturalistica

Un tipico giardino privato può estendersi da poche decine fino a qualche centinaio di metri quadrati ed è fruibile solo dal proprietario del terreno dove sorge il giardino stesso, o dai condomini se il giardino è annesso ad un immobile condominiale.

La sua particolarità è la progettazione, la realizzazione, la fruizione rappresentate da poche persone.
La progettazione di questo spazio verde è spessissimo una progettazione di sana pianta. La progettazione è cioè contemporanea a quella dell’edificio.

Molti Regolamenti del Verde pubblico e privato, prevedono infatti che il deposito dell’istanza di richiesta di agibilità o di fine lavori, preveda anche la conclusione con apposita dichiarazione del completamento e messa in esercizio del giardino da parte di tecnico qualificato.
Tuttavia, laddove questa obbligatorietà dovesse mancare, la progettazione può essere anche post realizzazione del fabbricato. Ma in termini di fatto e di concetto la cosa non cambia di molto. Lo spazio è comunque contenuto e la fruizione del giardino è a disposizione di poche persone.

Il giardino è uno spazio ampio quanto si vuole ma dove l’uomo fondamentalmente ritrova sé stesso. In fin dei conti dove… si trova bene con sé stesso e perché no anche con glia altri.
Ma oggi, il progettare un’area verde richiede maestria e professionisti con una certa capacità di osservazione e di interpretazione. La volontà o meglio i desideri della committenza, privata o pubblica, sono principi fondamentali nell’iter di progettazione dell’opera, ma poi è il progettista che indirizza queste scelte verso una bellezza e una concretezza quanto più naturale possibile. Ecco perché il progettista diventa in questo caso progettista naturalista.

Dobbiamo ritornare ad un concetto più naturale con tutto ciò che ci circonda. Dobbiamo cercare di immettere il meno possibile energia ausiliaria al sistema, a qualsiasi sistema. Al sistema prato, al sistema rose, al sistema aiuola, ecc. ecc. In-somma non deve essere più il piacere visuale, del troppo che storpia, dell’architettura e dell’ingegneria tese al massimo, ma devono essere i principi dell’ecologia la guida in tutto e per tutto.
L’opera così progettata, resisterà al tempo, non avrà bisogno di manutenzione, di cure eccessive, di continue riprese
. Perché la progettazione è stata basata sul principio dell’energia minima: un’opera che si autosostiene in omeostasi natura-le con tutto ciò che la circonda. Essa stessa ecosistema nell’ecosistema.
Questo è il concetto di area verde naturalistica.

Livello minimo di energia e sua estensione: Il P.E.M., principio di energia minima

Una qualsiasi progettazione a carattere naturalistico dovrebbe seguire una valutazione che si attenga ad un giusto equilibrio tra la possibilità di incorrere in un errore di sopravvalutazione tecnica (meglio utilizzare tecniche complesse che semplici) o un errore di sopravvalutazione deontologica (meglio far di più che di meno).

Questo equilibrio è una condizione da ricercare soggettivamente e non oggettivamente e che è legata, in qualche modo, ad un livello minimo di energia. Quest’ottica procedurale è ovviamente viziata e l’Autore ha più volte proposto che occorre che il livello minimo di energia sia esteso e integrato in un concetto più profondo e completo: che giusti-fichi e che autorizzi la progettazione di un’opera piuttosto che di un’altra. Si deve parlare quindi di Principio di Energia Minima, PEM.

P.E.M.

La definizione di PEM è semplice, la sua determinazione molto meno. Anzi solo ipotetica, poiché richiede ancora necessarie ricerche e studi di valutazione dei diversi parametri che concorrono alla sua definizione.

Innanzitutto, quando si parla di progettazione naturalistica di giardini o parchi o più generica-mente di aree verdi, è giusto parlare invece di ingecologia urbana, ingecologia del verde, ingecologia dei parchi e giardini. L’ingecologia è la disciplina che unisce l’ingegneria all’ecologia. L’ecologia e l’ingegneria non sono in una qualche forma di subordine tra loro ma ognuna di queste discipline mantiene la propria identità.

Infatti, il giardino o un parco non sono semplici aree verdi, ma devono essere considerati a tutti gli effetti come ecosistemi viventi. Operare al suo interno significa conoscere profondamente le sue funzioni fisiologiche, la sua organizzazione, come vive e come interagisce con l’esterno.

La figura Fig. 2.3 mostra un modello di ecosistema con la sua tipica struttura aperta: materiali entrano nel sistema e altri materiali escono dallo stesso costantemente. Lo schema suggerito per la prima volta da Pattern nel 1978 è molto interessante perché può essere adattato per spiegare il concetto di fondo del Principio di energia minimo cui attenersi per una corretta progettazione di un’opera naturalistica.
L’area del sistema centrale è, per esempio, l’area verde di un parco (delimitato) mentre gli imbuti a destra e a sinistra di questo sistema centrale, sono gli ambienti di entrata e uscita caratterizzati fondamentalmente da flussi entranti e uscenti di energia.

L’intero ecosistema non funziona se non c’è un’entrata di energia, qual è sicuramente l’energia del Sole che sostiene direttamente tutti gli ecosistemi (o quasi tutti). Altre energie di input sono il vento, la pioggia, il flusso d’acqua, il combustibile fossile.
Questo input di energia entrante, una volta trasformata nel sistema delimitato, ne esce finendo nell’ambiente di uscita.

È interessante notare che il flusso di energia che arriva ad un sistema è correttamente coerente con il primo e il secondo principio della termodinamica. L’energia entrante è convertita/trasformata in altra energia e quest’ultima è sempre minore di quella entrante per dissipazione in calore di una parte di essa.

Fig. 1.3 – Sistema energetico (Odum, modificato)

Se esplicitiamo la figura Fig. 1.3 rispetto a flussi di energia ausiliaria, si otterrà un flusso ri-sultante di energia entrante a fronte di quello esterno. La quantità di energia dal bilancio ener-getico è in definitiva quella energia che esprime in qualche modo la fattibilità del progetto.

Fig. 2.3 – Sistema energetico minimo (Martino, 2021)

Il fine della progettazione naturalistica secondo il P.E.M, deve essere la conservazione dello stato del luogo garantendo successivamente, in tempi ragionevolmente brevi, al sistema di mantenersi da solo, senza nessun altro apporto di energia. Un surplus di energia, di qualsiasi quantità, fornita al sistema si traduce solo in un surplus di biomassa (che si potrebbe considerare una cosa buona) o al peggio di calore (che è semplicemente uno spreco di energia).

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Pietro Martino

Dottore in Scienza della Natura in Ingegneria Civile e in Ingegneria Gestionale dei sistemi energetici

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