Per approfondire la condizione dei lavori autonomi, nonché le criticità che hanno portato al deterioramento del reddito di ingegneri architetti uno studio della Fondazione EYU che ne analizza anche l’attuale impianto legislativo riguardante la categoria.
Da 2006°al 2015 -23% e -33% rispettivamente i fatturati di ingegneri e architetti. Una situazione legata si alla difficile congiuntura di mercato, ma anche a ritardi nei pagamenti, ai debiti e non per ultimo a criticità riguardanti l’organizzazione del lavoro. Il quadro della situazione in un rapporto promosso da Inarcassa
La crisi economica e la contrazione dei consumi che hanno caratterizzato gli ultimi 8-9 anni del nostro Paese hanno colpito numerose categorie compresa quella del lavoro indipendente in cui rientrano una buona parte di ingegneri e architetti.
Per approfondire la condizione di queste categorie nonché le criticità che hanno portato al deterioramento del reddito di ingegneri architetti uno studio della
Fondazione EYU che ne analizza anche l’attuale impianto legislativo riguardante la categoria.
La crisi che ha coinvolto la categoria dei professionisti autonomi ed in particolare di ingegneri e architetti non è stata solo una questione di numeri ossia di perdite occupazionali ma ha messo in luce fragilità reddituali un tempo quasi sconosciute per queste categorie.
I numeri emersi nel Rapporto EYU evidenziano una condizione molto difficile per ingegneri e degli architetti, i cui fatturati - tra il 2006 e il 2015 - sono scesi rispettivamente del 23% e del 33%, con un reddito annuo intorno ai 19 mila euro, ossia ben 10 mila euro in meno rispetto alla media europea.
In Italia il settore delle costruzioni, da sempre ritenuto strategico per il Paese, ha poi perso il maggior numero di occupati durante la crisi (-24,4%). Un risultato sconfortante, paragonabile solo a quello conseguito dai vicini spagnoli. E’ chiaro ed evidente che le cause sono state molteplici, a cominciare dalla
In Italia il crollo degli investimenti per la progettazione è stato del 71% tra il 2006 e il 2015 (fonte Cresme), con un elemento sfavorevole in più, ovvero l’enorme crescita dell’offerta di lavoro a ridosso degli anni che hanno preceduto la grande recessione iniziata nel 2008, raggiungendo per esempio la presenza di oltre 150.000 architetti il più alto numero d’Europa.
Una situazione che ha impattato inevitabilmente sulle prestazioni offerte, sempre più legate ad adempimenti tecnico-burocratici (redazione capitolati, perizie, ecc.) e sempre meno agli aspetti propri dell’architettura. Anche agli ingegneri le cose non sembrano essere andate meglio. Infatti, nel 2013, il calo dei fatturati è stato del 4,1% per gli iscritti a Inarcassa e del 13,6% per le società di ingegneria. A pesare sui conti di questi professionisti sono stati anche i ritardi nei pagamenti. Basti pensare che - sempre nel 2013 - la percentuale di architetti con crediti residui si è attestata al 68% (+6% rispetto al 2012). Addirittura nel 2015 i giorni necessari per vedersi saldare una fattura da parte della PA sono arrivati a 141, portando il 31% dei professionisti a indebitarsi con banche e fornitori.
ARIA DI CAMBIAMENTO. Come abbastanza evidente il quadro generale che emerge è fortemente negativo. Ciò nondimeno vanno messe in evidenza anche dinamiche che contribuiscono a fare intravedere segnali di rinnovamento. Se sul piano dei fatturati il 2015 ha evidenziato timidi segnali di ripresa, interessante appaiono alcune innovazioni organizzative cui anche il legislatore potrebbe dare forza.
Il riferimento va qui in particolare all’evoluzione dei modelli organizzativi interni agli studi verso maggiore interdisciplinarità, ricerca di specializzazioni di mercato e diversificazione dei servizi.
Un’altra tendenza riguarda l’organizzazione degli spazi e l’aumento del ricorso al co-working. Di fronte alle pressioni della crisi prende inoltre sempre più piede la ricerca di dimensioni maggiori, attraverso forme di aggregazione tra professionisti sempre più frequenti.
Emerge infine il sempre maggiore ricorso o almeno propensione ad avviare attività all’estero. Si tratta di una tendenza che certamente potrebbe contribuire a ridurre le pressioni su una offerta di lavoro che non ha paragoni in Europa. Tanto più se si considera che ancora oggi il 25% degli architetti continua a non andare oltre l'ambito territoriale comunale, mentre solo il 12% lavora al livello interregionale.
IL COMMENTO. Andrea Tomasi, Presidente Fondazione Inarcassa: “In questo quadro, il Jobs Act per gli autonomi è certamente sintomo di una nuova attenzione riservata dal Governo al mondo delle partite iva e delle professioni ordinistiche, con la finalità di tutelare il lavoro autonomo al fine di riaffermarne la dignità e l’importanza anche per l’economia nazionale. Esso rappresenta anche un primo tassello per la creazione di opportunità di lavoro e per lo sviluppo di filiere produttive nel settore delle costruzioni, con riferimento al quale ci aspettiamo che il nuovo codice degli appalti dia un’effettiva spinta al processo di semplificazione e al riconoscimento del fondamentale ruolo della qualità architettonica, riaffermando così la centralità della progettazione che si è persa in questi anni”.