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Riflessioni sulla riapertura cantieri a seguito del D.P.C.M. del 26 aprile 2020 e successivi atti

L'ordine degli ingegneri de l'Aquila pone delle riflessioni che possano essere la base di un protocollo condiviso da mettersi in atto al momento della riapertura dei cantieri.

Il Presidente dell'Ordine degli Ingegneri de L'Aquila ha scritto una lettera formale a tutte le autorità che hanno peso sulle attività di ricostruzione nell'area del terremoto, da GIuseppe Conte al Presidente della Regione Abruzzo, dal Prefetto al Sindaco del Comune di L’Aquila e al Coordinatore dei Sindaci dei Comuni del Cratere, e a tutto il mondo di rappresentanza delle Professioni.

Ha scritto per riportare le riflessioni che il Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia dell’Aquila, nella riunione del 30 aprile 2020, condividendo pienamente la necessità della ripresa delle attività lavorative e quindi anche la riapertura dei cantieri edili e ritenendo primaria la necessità dell’applicazione di tutte le misure restrittive opportune per contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, ha ritenuto opportuno effettuare delle riflessioni che possano essere la base di un protocollo condiviso da mettersi in atto al momento della riapertura dei cantieri.

Di seguito ne riportiamo i passi fondamentali, rimandando all'allegato per la lettura integrale.

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Un protocollo condiviso da mettersi in atto al momento della riapertura dei cantieri.

In via preliminare, tenuto conto che l’infezione da coronavirus (SARS-CoV-2), come testualmente recita la Legge n. 27 del 24 aprile 202 al comma 2 dell’art. 42, «Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS-CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all'INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell'infortunato», va assimilata alla malattia professionale accertata in occasione di lavoro, il che ne determina lo spazio ed il tempo dove ciò debba avvenire, c’è la necessità di definire se tutte le misure di contenimento – sia individuali che collettive – devono essere inquadrate nell’ambito degli oneri della sicurezza, e quindi quali costi aziendali riconducibili alle spese generali e sostenuti al fine di ridurre i rischi specifici come operatore economico e come misure necessarie alla riduzione dei rischi nelle fasi di lavoro, o debbano essere ricompresi nei costi della sicurezza relativi agli effettivi rischi presenti, con riferimento all’area e alla organizzazione del cantiere, alle lavorazioni e alle loro interferenze, ad esclusione di quelli specifici propri dell’attività d’impresa, con i conseguenti costi aggiuntivi per l’ultimazione dell’opera.

a) Ove le misure di contenimento venissero inquadrate come oneri della sicurezza resterebbero a carico dell’Impresa sia le relative spese che l’applicazione delle stesse, compreso il relativo controllo. In tale circostanza prima della riapertura del cantiere ogni onere, sia economico che di applicazione, dovrebbe essere affrontato e risolto all’interno dell’organizzazione aziendale senza il coinvolgimento di soggetti terzi. Il Coordinatore della Sicurezza sarebbe chiamato in causa, come per disposizioni normative circa le proprie competenze, solo in caso di presenza contemporanea di più ditte in cantiere.

b) Nel caso in cui le misure di contenimento dovessero essere assimilate ai costi della sicurezza il loro importo non risulterebbe compreso in quello dei lavori o degli eventuali altri costi stimati in fase di progettazione e posti a base di contratto d’appalto.

In questa seconda ipotesi la fase di riapertura dei cantieri deve essere preceduta da una verifica delle condizioni di ogni singolo cantiere per poter determinare analiticamente i costi aggiuntivi della sicurezza derivanti delle condizioni intrinseche del cantiere stesso, sia per la sua articolazione che per lo stato d’avanzamento dei lavori raggiunto al momento della chiusura imposta con il D.P.C.M. 11 marzo 2020, nonché dalla gestione delle interferenze complicate dal dover rispettare il distanziamento sociale per contenere un eventuale diffusione del contagio. I costi aggiuntivi saranno quantificati dal C.S.E. (o dal C.S.P. per i cantieri non ancora attivi) attingendo i prezzi unitari da un prezzario di riferimento che possa rendere omogenea ed oggettiva la quantificazione stessa e saranno inseriti, con le eventuali altre integrazioni, nel P.S.C. che dovrà essere poi visionato ed accettato dall’esecutore per adeguare anche il POS.

La determinazione dei nuovi costi per il contenimento del contagio comporterà prioritariamente, rispetto ad ogni altra attività, il reperimento della relativa copertura economica da parte del Committente considerato che si tratta di somme non previste, e non prevedibili, in fase di stipula del contratto.

In mancanza di quanto su esposto è impossibile procedere alla riapertura dei cantieri, salvo preconizzare l’inserimento di riserve e l’innesco di contenziosi da parte delle imprese esecutrici.

In entrambi i casi si condivide sulla necessità inserita dall’Ordinanza Sindacale richiamata, di effettuare test per la verifica della negatività al COVID-19 ma si ritiene che tale screening preventivo non debba interessare le sole maestranze ma anche il personale tecnico ed amministrativo a contatto con le maestranze stesse o che abbia accesso in cantiere e che i risultati debbano essere acquisiti prima degli ingressi in cantiere, tanto anche con le successive considerazioni.

Tuttavia, i test da eseguire devono essere chiaramente individuati e accettati dai firmatari del protocollo e, in primis, dalle Autorità Sanitarie. Le stesse Autorità Sanitarie devono garantire una procedura di “presa in carico” del soggetto eventualmente positivo al virus, comunque ne venga accertata la provenienza.

Va sottolineato che ad oggi è ancora molto poco quello che si sa sul virus e nessun tampone e/o test sierologico (effettuati con grande parsimonia perfino sul personale sanitario in diretto contatto con chi è contagiato) può dare patentini di immunità. Farlo avrebbe risvolti morali inaccettabili nonché conseguenze legali che a oggi non è dato sapere.

Ciò comporta che il rischio di contagio, anche residuale, sussiste e quindi il decisore politico deve ineluttabilmente ascoltare la scienza.

Occorre, prima di fare a tutti tamponi e test sierologici, determinare quali sono i tamponi ed i test sierologici attendibili per testare i lavoratori e chiunque entri in un cantiere e dare la gestione sia delle procedure dei test nonché dei dati a personale sanitario qualificato che poi li comunichino agli Organi competenti.

Non si può scaricare enormi responsabilità sanitarie sui singoli professionisti tecnici o sui datori di lavoro. Le professioni tecniche, ed ancor meno le Committenze in generale, non hanno competenze per effettuare le dovute valutazioni sanitarie sui vari dispositivi come, solo a titolo di esempio se una mascherina sia in grado di soddisfare ai requisiti di filtrazione del virus quando attualmente nessuna certificazione è obbligatoria per legge, viste anche le offerte del mercato ed anche, al dir poco inopportuni, i vari fai da te a causa dell’enorme richiesta.

L’applicazione delle misure di contenimento chiama in causa i professionisti tecnici, soprattutto nel loro ruolo di Coordinatori per la sicurezza, che per loro formazione non hanno le necessarie competenze sanitarie e quindi non possono essere certo loro i garanti delle tutele sanitarie.

L’apporto richiesto ai professionisti tecnici non risulterebbe idoneo sotto il profilo sanitario e potrebbe non essere sufficiente per il raggiungimento dei condivisi scopi prefissati, con gravi rischi per la salute dei lavoratori e di tutti gli addetti ai lavori che necessariamente entrano in contatto con l’area di cantiere e con le maestranze e, soprattutto, con tutte le successive contaminazioni derivanti. Per questi motivi l’adozione, il controllo e la verifica delle necessarie prescrizioni devono essere affidate a professionisti sanitari che, con le opportune conoscenze, riuscirebbero a rendere efficaci le misure stesse.

Nel merito, a solo titolo esemplificativo e non esaustivo, non possono essere condivise e che si chiede di rivedere le seguenti imposizioni normative:

a) protocollo MIT: “data la situazione di emergenza, in caso di difficoltà di approvvigionamento e alla sola finalità di evitare la diffusione del virus, potranno essere utilizzate mascherine la cui tipologia corrisponda alle indicazioni dall’autorità sanitaria e del coordinatore per l'esecuzione dei lavori ove nominato ai sensi del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”. Sarebbe opportuno, per non dire indispensabile, che la valutazione venisse fatta dal medico competente e non dal C.S.E. che si limita a fornirne i requisiti tecnici ma nulla può asserire su forniture prive di adeguate certificazioni preventive;

b) protocollo MIT – premesse: “...I committenti, attraverso i coordinatori per la sicurezza, vigilano affinché nei cantieri siano adottate le misure di sicurezza anti-contagio”. Come già evidenziato nella nota della Rete delle Professioni Tecniche n. 109/200 di protocollo del 30 aprile 2020, la funzione del Coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione assume i compiti di “alta vigilanza”; infatti, l’obbligo di vigilare sull’operato dei lavoratori è affidato, com’è ovvio, al Datore di lavoro, al dirigente ed al preposto. Pertanto, tale previsione è in contrasto con le norme vigenti;

c) Ordinanza Sindacale n. 71/20 – Art. 5, comma 1. A seguito di positività al COVID-19 l’adozione delle misure di competenza non possono essere assunte dal Committente e dal C.S.E. ma dovranno essere disposte dall’Autorità sanitaria con le necessarie competenze, così come previsto anche dal protocollo MIT. Solo un protocollo condiviso con l’Autorità Sanitaria competente può necessariamente prevedere il percorso da seguirsi per i riscontrati positivi;

d) Ordinanza Sindacale n. 71/20 – Art. 5, comma 1: “Gli adempimenti di gestione ordinaria del cantiere saranno gestiti dal C.S.E. e dal medico competente attraverso la tenuta di appositi registri contenenti, tra l’altro, i nominativi dei soggetti negativi al COVID-19”. Tale attività, come ogni altra attività sanitaria all’interno dell’organizzazione aziendale, non può essere attribuita al C.S.E., non solo perché trattasi di oggetto della organizzazione aziendale ma perché contempla il trattamento di dati sanitari sensibili e si andrebbe ad operare in violazione del codice sulla privacy; a tale riguardo il protocollo MIT si esprime con piena chiarezza attribuendo le competenze secondo le vigenti normative. Non appare possibile coinvolgere il C.S.E. nella tenuta di registri sanitari. Sarà compito del datore di lavoro, anche attraverso le figure aziendali preposte, agire e vigilare nel merito come previsto nel protocollo MIT;

e) Ordinanza Sindacale n. 71/20 – Art. 5, comma 5: “Lo stesso committente, attraverso opportuniinterventi di verifica, si impegna, con la collaborazione del coordinatore per la sicurezza infase di esecuzione, a far rispettare le indicazioni del presente protocollo nella gestione delcantiere.” Il rispetto di un’Ordinanza Sindacale è in capo ai singoli soggetti interessati,non si condivide il demandarne lo stesso ad altri soggetti privati.

f) Ordinanza Sindacale n. 71/20 – Art. 5, comma 5: “La verifica della correttezza di tutti gliadempimenti anti-contagio è di competenza del Coordinatore della Sicurezza.” La locuzioneche precede, completamente generica, soggetta a interpretazione, addossa al C.S.E. la verificadi tutti gli adempimenti anti-contagio. In realtà il C.S.E., anche nel protocollo ministeriale,non ha l’obbligo di aggiornare il PSC su alcuni specifici argomenti tutti a carico della partedatoriale e del Medico Competente; non vengono richiamati obblighi di verifica. Unacorretta verifica può essere effettuata solo da professionisti con adeguate competenzesanitarie che tipicamente, si torna a ribadire, non appartengo ai percorsi formativi eprofessionali del Coordinatore per la sicurezza che, come già detto, assume compiti di “altavigilanza”, restando l’obbligo di vigilare sull’operato dei lavoratori in capo al Datore dilavoro, al dirigente ed al preposto;

g) Ordinanza Sindacale n. 71/20 – Art. 5, comma 7: “I soggetti chiamare a rappresentare lacommittenza … devono … verificare che in tutto il cantiere, comprese le mense e refettoriaziendali, siano rispettate le prescrizioni impartite.” Anche in questo caso si rileva che talicompiti non possono essere demandati a soggetti ai quali compete l’alta vigilanza, madevono essere svolti da personale dell’Impresa già preposto agli stessi.

Per tutto quanto su esposto, il Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri, nella considerazione che il cratere aquilano continua ad essere il più grande cantiere d’Europa, e forse non solo, ritiene:

  • che l’apertura dei cantieri debba essere necessariamente preceduta dalle attività su indicate conuna corretta attribuzione di compiti e responsabilità;
  • che, rilevata l’oggettiva impossibilità di riprendere i lavori in questa fase, i necessari tempi diattuazione sono da considerarsi proroga per l’ultimazione dei lavori, alla stessa stregua deitempi di chiusura previsti nei D.C.P.M. che hanno determinato il lockdown;
  • che venga sospesa l’efficacia di ogni provvedimento sanzionatorio connesso ai tempi impostidalle vigenti normative speciali per la ricostruzione;
  • che sia rispettato il comma 2 dell’art. 42 della Legge n. 27 del 24 aprile 2020, assimilando ilcontagio da COVID-19 alla malattia professionale esclusivamente se è accertato chel’avvenimento è accaduto in ambito lavorativo senza alcun dubbio e senza che da parte degliorgani preposti al controllo si inneschino automatismi di attribuzioni di responsabilità(amministrativi e penali) a prescindere. Per ciò si chiede al decisore politico, sentita la scienza,di specificare con maggior chiarezza cosa si intende per « … in occasione di lavoro …» e ilsuo limite spaziale e temporale, e cosa si intende con « … consueto certificato di infortunio…» essendo l’epidemia da COVID-19 nuova per l’umanità intera, ancora non completamenteconosciuta e di certo non consueta;
  • che al fine di rendere poi operative e snelle le scelte del redigendo protocollo, si costituiscanouno o più comitati – così come definiti al punto 10, comma 2 e 3, del Protocollo CondivisoMIT, così come integrato il 24 aprile 2020, coinvolgendo anche le autorità sanitarie ed ispettive – deputati ad uniformare le procedure operative e, primariamente, ad effettuare visite di controllo preventive e propedeutiche all’attività di cantiere.

e, contestualmente, invita all’apertura di un tavolo di confronto per definire e condividere tutti gli aspetti prima di poter procedere con l’effettiva riapertura dei cantieri.

 

Il Presidente

Dott. Ing. Pierluigi De Amicis

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