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RIFORMA PROFESSIONI: La Camera chiede più chiarezza

La Commissione Giustizia della Camera ha espresso perplessità e richiesto modifiche per lo schema Dpr per la riforma delle professioni, riprendendo le critiche già sollevate dal Consiglio di Stato e dagli stessi professionisti.

Il primo aspetto su cui si suggerisce di intervenire riguarda la definizione di ‘professione regolamentata’: l’art. 1 della bozza di Regolamento sono comprende anche le attività esercitate dagli iscritti in “albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici”. La Commissione chiede un nuovo chiarimento: è possibile introdurre altre specifiche professioni o si fa riferimento ai soli ordini e collegi delle professioni già esistenti?

Riguardo all’articolo 2, la Commissione chiede di fare esplicito riferimento all’obbligatorietà dell’esame di Stato per l’esercizio di determinate professioni, come sancito dall’articolo 33 della Costituzione.

Sull’articolo 5, che obbliga a stipulare una polizza assicurativa per i rischi derivanti dall'attività professionale, la Commissione, intravedendo un eccesso di delega, chiede che non sia impedito ai Consigli nazionali degli ordini e collegi la possibilità di negoziare polizze collettive e di predisporre le condizioni generali delle polizze assicurative. Si chiede anche di prorogare l’entrata in vigore dell’obbligo di stipulare la polizza.

Un altro punto fondamentale è il tirocinio: l’articolo 6 lo rende obbligatorio anche per le categorie che ne erano prive, di durata dai 18 mesi in poi. Secondo la Commissione occorre chiarire che non si limiti l’autonomia delle università e dei consigli nazionali nella definizione di specifiche intese volte ad anticipare il tirocinio. Inoltre, va chiarito che il tirocinio non può essere incompatibile con l’impiego pubblico e non con quello privato.

E ancora, sono trattati i corsi di formazione professionale che i tirocinanti sono tenuti a frequentare: i deputati chiedono di specificare le modalità della facoltatività della frequenza dei corsi, la gratuità e il principio di separazione fra chi ha poteri di controllo sulla loro idoneità e chi li organizza e tiene. Per quante attiene, invece, all’obbligo di formazione permanente, l'articolo 7 affida al Ministro della Giustizia la disciplina attuativa, eccedendo, secondo la Commissione, la delega.

Rilievi anche sul procedimento disciplinare: secondo i deputati, la soluzione del trasferimento delle funzioni disciplinari al consiglio vincitore per i consigli territoriali e per i consigli nazionali l’affidamento della funzione disciplinare ai soggetti primi fra i non eletti non sembrano realizzare quanto indicato dalla legge delega. Nel primo caso, infatti, permane la commistione fra funzioni amministrative e quelle disciplinari, mentre nel secondo caso sembra meno garantita la terzietà nel giudizio.

Anche per le Società tra Professionisti la Commissione chiede di estendere le disposizioni in materia disciplinare applicate a chi esercita la professione in forma individuale, per evitare che lo schermo della società professionale possa costituire una legittima causa di elusione dell’applicazione delle norme disciplinari nei confronti dei soci.

Infine, sembra opportuno chiarire se i Consigli nazionali possano riconoscere nuove professioni derivanti da accorpamenti su base volontaria previsti dal Regolamento.