Rigenerazione Urbana
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Rigenerazione urbana: dal programma ai progetti (senza passare per i piani)

Come migliorare il DDL Misure per la Rigenerazione Urbana dato che, per gli aspetti di natura finanziaria e fiscale, è stato recentemente bocciato dalla Ragioneria dello Stato?

Lo spiega in questa nota Dionisio Vianello.


Proposte per migliorare il DDL Rigenerazione Urbana

Lungi da me la tentazione di affliggere il lettore, ma il mio ultimo articolo “Rigenerazione urbana: la tempesta perfetta” presuppone inevitabilmente un seguito. Com’è noto la proposta di legge, che gira da anni nelle aule parlamentari, è stata sonoramente bocciata dalla Ragioneria dello Stato. Peraltro le critiche sono in prevalenza appuntate verso gli aspetti di matura finanziaria e fiscale. La prospettiva più ovvia è quella di rispondere puntualmente ai rilievi e di procedere poi all’approvazione della legge.

A mio avviso però la bocciatura può rappresentare un’occasione unica per migliorare la proposta eliminando tutta una serie di norme che invece di agevolare rischiano solo di appesantire il processo allungando i tempi.

Primo punto. Il DDL prevede un processo che partendo dagli obiettivi (artt. 1-3) arriva ai progetti (art. 5) passando attraverso un complicato filtro di nuovi piani (art. 5). Non si scopre l’acqua calda dicendo che piani ne abbiamo già più che a sufficienza, e l’ultima cosa di cui si sente il bisogno è proprio di altri piani.

Secondo punto. IL testo di legge è un capolavoro della casta parlamentar-burocratica che, nella presunzione che gli amministratori locali siano una banda di malfattori, tende a codificare ogni aspetto anche minimale del processo; senza rendersi conto che più si scrive e più si moltiplicano le interpretazioni ed il contenzioso.

Molti altri punti sarebbero da emendare , ma per ora ci fermiamo ai fondamentali  In conclusione in una situazione grave e complessa come l’attuale, dove la domanda di famiglie e operatori è ai minimi storici mentre invece aumenta in modo esponenziale la quantità di aree dismesse e degradate, la proposta non è affatto convincente. Anzi.

Proviamo a vedere se è possibile organizzare un percorso diverso che  semplifichi  le procedure senza ampliare il dibattito  ma sfruttando al meglio  il materiale già disponibile. Una delle ipotesi potrebbe essere la seguente.

  • Approvazione di un documento programmatico che definisce a livello nazionale obiettivi e azioni in tema di rigenerazione urbana, consumo del suolo, rete pubblica di infrastrutture e servizi.  Quello che abbiamo chiamato “pacchetto rigenerazione”.

  • Il documento consente di dare immediato avvio alla fase progettuale senza passare per l’intermediazione di nuovi piani. Anche perché l’apparato normativo vigente – ampiamente potenziato dalle regioni – permette già una rapida approvazione dei progetti utilizzando strumenti semplificativi  già collaudati: piani attuativi in variante, programmi di vario tipo, accordi di programma, progetti edilizi convenzionati.

  • Il documento rappresenta un allegato amministrativo al PNRR per tutti capitoli che riguardano città, territorio, ambiente (quest’ultimo solo in parte). Il che consente di utillare iter procedurali molto più agevoli rispetto ad una legge quadro.

  • Contestualmente le disposizioni in materia urbanistica ed edilizia, finanziaria e fiscale, vanno approvate con provvedimento a parte, inserendole nei dei decreti attuativi del PNRR.

Lo schema che si propone non è una invenzione estemporanea di qualche urbanista della domenica, ma è esattamente quello seguito dalla Germania per promuovere la rigenerazione a livello regionale con le varie IBA Ruhr Emscher Park, Berlino, Brandeburgo. Senza alcun dubbio la procedura che a livello europeo si è dimostrata la più efficiente per attivare processi e progetti. E non è poi lontano il percorso seguito dal Decreto Fontana che nel 1995 avviò con successo la prima stagione della rigenerazione urbana.

 

Come predisporre un nuovo documento programmatico

Non è una impresa difficile predisporre una bozza di documento programmatico, anche perché in buona parte si utilizza la documentazione del DDL 1131. Vediamo in dettaglio un esempio concreto.

Obiettivi e azioni

Si riprende l’art. 1 (Finalità e obiettivi) che va integrato lasciando ampio spazio alla sperimentazione ed innovazione. Vanno incentivati gli usi temporanei e/o provvisori delle aree dismesse, che nelle esperienze in corso si rivelano fattori quanto mai utili per avviare il processo.

Non serve e va quindi abbandonato l’art. 2 (Definizioni), inutile e dannoso, sostituendolo con poche e scarne indicazioni di tipo generico e quindi omnicomprensivo.

Soggetti istituzionali e governance

Vedi art. 3 (Soggetti istituzionali).

Strumenti attuativi

Vedi artt. 4-5-6-6) Va comunque eliminato l’obbligo di nuovi piani comunali di rigenerazione.

Direttive per l’attuazione dei progetti

Per i progetti privati vedi l’art. 7 (Disciplina  degli interventi privati).

Va invece maggiormente sviluppato e approfondito il capitolo dei progetti strategici per la città (vedi anche art. 6 “Qualità ella progettazione”) che per posizione-dimensione-funzioni appaiono in grado di produrre effetti significativo nel contesto urbano, oppure eliminare gravi situazioni di degrado sociale ed ambientale.

Le decisioni sono pubbliche: il Comune in tali aree può prevedere la localizzazione di servizi ed opere pubbliche che funzionano anche da traino per gli interventi privati.

La realizzazione – sia dei progetti che delle opere – può avvenire in regime di partnership pubblico-privato, ma anche privata, con assegnazione mediante gara pubblica. Si applica la normativa per gli interventi di pubblico interesse, anche con possibilità di esproprio nel caso di proprietà assenti o renitenti; fenomeno più frequente di quanto si pensi.

Tali progetti hanno la priorità nell’assegnazione dei  finanziamenti pubblici.

Per fare qualche esempio, escludendo Milano che ormai fa caso a parte,  si citano solo alcuni dei molti progetti in corso. Bergamo-Città Piacentiniana, Brescia-Comparto Milano, Verona-Arsenale Militare, Modena-Polveriera,  Firenze e Napoli con le Manifatture Tabacchi, Prato. Ma altri ce ne  sono, il quadro delle amministrazioni locali è molto più variegato di quanto si possa immaginare. D’altra parte in Italia le innovazioni in materia di urbanistica sono sempre venute dalle città, quasi mai da stato e regioni.

In negativo, citiamo solo il caso dello stadio della Roma, dove si è fatto tutto il contrario di quanto si doveva fare. Oltretutto con questa linea si innesca un processo di emulazione dove le amministrazioni più capaci trascinano le altre. Come è successo con i PRU-PRUST nel decennio a cavallo del secolo.

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