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Riportare l’uomo al centro della città sostenibile: ecco da dove "ripartire"

Alcune riflessione del Prof. Revel sulla necessità di riportare la sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale al centro del dibattito, partendo dalla riqualificare del costruito esistente, ma anche pensando al verde, alle periferie, agli spazi comuni ed ai servizi.

La pandemia ha mostrato come siamo fragili nei nostri ambienti di vita e come differenti possono essere le necessità di resilienza delle città. Lo sviluppo sostenibile delle città presenta ora problemi ed opportunità.

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Negli ultimi anni le esigenze legate alla sostenibilità ambientale sono state al centro dell’attenzione, non sempre con adeguate azioni, ma sicuramente con un livello crescente di consapevolezza ed investimenti. La pandemia di Covid-19 ha tuttavia mostrato che anche le componenti sociali ed economiche della sostenibilità devono essere prioritarie, evidenziando le richieste di benessere e qualità della vita per tutti i ceti e per tutte le età e causando la crisi economica più importante dal dopo-guerra ad oggi.  

In seguito alla crescita costante della popolazione e dell'urbanizzazione, ben 2,5 miliardi di persone si aggiungeranno alla popolazione urbana mondiale entro il 2050, anno in cui più dei due terzi della popolazione mondiale vivrà nelle città. Questo fenomeno porrà molte sfide in termini di salute e benessere delle persone, nonché di sicurezza e qualità della vita in generale. Senza adeguate misure saremo esposti a livelli maggiori di inquinamento, di cambiamenti climatici e di migrazioni. 

In questo contesto, che impatto ha avuto la pandemia di Covid-19?

La pandemia di Covid-19 ha evidenziato come la resilienza dei nostri ambienti di vita può essere messa ulteriormente in crisi, andando ad impattare maggiormente sulle persone più fragili, quali quelle più anziane, le classi più povere o le minoranze etniche. Salute e benessere diventano pertanto temi centrali, emergenziali allo stesso livello dell’allarme ambientale ed in qualche modo collegati.
Infatti, risulta evidente che molti fattori determinanti per l’emergenza ambientale e la fragilità personale hanno dimensioni che si articolano in particolar modo nelle città: salute, mobilità, consumi energetici, inquinamento, economia, cultura ed altri ancora. Le città sono pertanto da un lato il nodo di molte problematiche da risolvere, ma dall’altro il luogo in cui molte delle opportunità si possono cogliere, anche quelle legate alla ripresa economica necessaria ad uscire dalla crisi post-Covid.
La potenzialità di ripensare gli ambienti di vita tenendo conto allo stesso tempo dell’ambiente e delle persone deve essere il driver principale, sui quali le Amministrazioni devono essere in grado di riversare risorse rilevanti.

Quali saranno gli assi sui quali si potrà giocare maggiormente questa partita? 

Il primo è senz’altro quello della rigenerazione urbana, nella sua concezione più ampia ed integrata. Partendo dalla necessità di riqualificare il parco costruito esistente, ma anche pensando al verde, alle periferie, agli spazi comuni ed ai servizi.

In Europa gli edifici da soli sono responsabili per più del 40% del consumo di energia e delle emissioni totali di gas serra, con un parco costruito per il 75% energeticamente inefficiente ed un basso tasso di rinnovamento medio annuo (tra 0,4 e 1,2 %). Oltre alla necessità stringente di sanare questa situazione, insieme alla sicurezza anti-sismica, c’è ora la consapevolezza che gli ambienti di vita devono essere almeno in parte ripensati: qualità dell’abitare, comfort, flessibilità d’uso, spazi per lo smart working sono solo esempi che tutti abbiamo imparato a conoscere in questi mesi. Come anche sostenuto dall’ANCE, la liquidità che potrebbe derivare dall’Ecobonus e dalle risorse Europee sono, se ben orientate, un punto chiave per intervenire e ripartire con l’effetto volano che l’industria delle costruzioni può avere sull’economia nazionale. In questo contesto va collocato ovviamente anche il ripensamento delle scuole

Come si inserisce l’innovazione digitale nel nostro quotidiano?

Anche l’innovazione digitale può avere un ruolo centrale: è il momento di aumentare drasticamente il livello di adozione delle tecnologie più moderne. Numerosi esempi si potrebbero portare al riguardo: il primo è senz’altro relativo alle tecnologie per supportare il benessere e la salute delle persone fragili nelle loro case.

La telemedicina esiste da tempo, ma non è mai stata fattivamente applicata anche per la mancanza di modelli di business che la rendessero sostenibile. In futuro è necessario spostare risorse dalla sanità centralizzata alla medicina del territorio e questo può essere significativamente facilitato dalle nuove tecnologie.

Ma il tema del benessere e della qualità della vita deve diventare una priorità comune anche a livello Europeo, con direttive unificate, competenze forti a livello centrale e soluzioni pronte da implementare nelle comunità locali. La popolazione che invecchia (gli over 65 passeranno dal 19% nel 2017 al 29% nel 2060) rende questi problemi più rilevanti, in quanto le fragilità diventano intrinsecamente maggiori. La città deve diventare il posto nel quale il bene comune della salute diventa la priorità.

La pandemia ha limitato anche la possibilità di fruire dei beni culturali quali mostre, palazzi antichi, etc., con un impatto forte sul turismo. In questo caso i nuovi metodi digitali, quali la realtà virtuale aumentata, possono aiutare a proporre nuove forme di fruizione, che permettano di godere dei beni in completa sicurezza. Su questo occorre investire, ricordando l’impatto che si potrebbe generare anche sulle nuove professioni.

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Come si sta evolvendo la mobilità nelle città?

L’ultimo asse fondamentale sarà infine la mobilità. Al riguardo sono state fatte molte proposte, soprattutto sulla mobilità attiva ciclo-pedonale come soluzione di breve periodo. Ma non basta: occorre ripensare la mobilità pubblica in modo che questa sia sicura in ogni luogo ed in ogni condizione, e per far questo ci vogliono risorse importanti. Inoltre, occorrono investimenti che possano favorire in modo nuovo la sharing mobility e la mobilità sostenibile: se ne parla da tempo, ma ancora molto c’è da fare ricordando non solo che la tecnologia può aiutare, ma che questo è un settore che nel medio periodo si potrà ripagare ed auto-sostenere.

Un’ultima riflessione?

La pandemia ha solo messo in evidenza una serie di problemi che in realtà ben conoscevamo. Molti degli spunti descritti non sono nuovi, ma ora diventano impellenti e non possono più essere rimandati. In questo contesto si inserisce un’ultima opportunità, che definirei una necessità: coinvolgere i cittadini nella co-progettazione delle soluzioni da adottare. Ci sono diverse esperienze che anche in Italia stanno partendo al riguardo (da Milano a Bari), ma ripartire dai cittadini e dai loro bisogni reali diventa ora la priorità. 

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