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Risk Management: il commento di CINEAS sui dati europei di FERMA

il commento di CINEAS sui dati europei sul Risk Management di FERMA

 

Tra le numerose statistiche rese note a margine dell’ultimo FERMA Risk Management Benchmarking Survey 2014, non possiamo non considerare preliminarmente la classifica dei 10 rischi maggiormente sentiti nelle aziende. Sorprende che due dei primi tre posti siano relativi agli aspetti politici (interventi governativi, parlamentari) e alla conformità ai regolamenti e alla legislazione. Tali categorie, va sottolineato, sono peraltro in crescita rispetto all’anno precedente. Altrettanto sorprendente il fatto che i rischi operativi e finanziari (la sicurezza e la responsabilità dei prodotti e dei servizi , debito e “cash flow”) si collochino agli ultimi due posti. Si tratta infatti di rischi connessi ad aspetti rilevanti di un’azienda, la cui errata gestione può portare a conseguenze talvolta drammatiche: pensiamo per esempio alle morti bianche. Diversa invece appare la percezione se ci si sposta negli Stati Uniti. Secondo le statistiche dell’”Harvard Business Review” del Febbraio 2013, alla domanda “quali aree di risk management meritino un maggior livello di attenzione da parte del top management”, quella che ha fatto registrare il dato più alto è stata proprio l’area finanziaria (84,1%), seguita però sempre da quella “legal and regulatory compliance”, con il 70,5%. Viaggiano invece quasi in parallelo tra Vecchio Continente e States i rischi legati alla reputazione ed al brand: seconda posizione (dato in crescita) nel primo caso, 62,7% di responsi positivi e terzo posto in classifica nel secondo caso. E’ evidente che il delicato momento economico, caratterizzato da forte incertezza e la difficoltà di avere delle reali politiche comuni sul piano europeo vengono percepite in modo forte dalle aziende del Vecchio Continente. Tutto ciò sottintende un problema culturale ancora presente: appare chiaro che il tema del “risk management” non sia ancora un tema molto sentito, forse motivato dall’assenza di un “vertice” –“istituzione” che dall’alto diffonda questo tipo di cultura.
 
Un dato invece in chiaro scuro è quello relativo al posizionamento del “Risk Management Team” all’interno delle aziende. Se da un lato infatti ben l’84% dei risk manager risponde al “top management” dell’azienda, purtroppo meno della metà (48%) partecipa al consiglio di amministrazione. La professione si configura come un mestiere prettamente maschile (73% contro il 27%) e ricoperta per la maggior parte dei casi da professionisti con più di 45 anni. I dati rispecchiano in parte quelli relativi agli ultimi iscritti al Master Cineas in “Risk engineering e risk management nelle imprese”, in partenza il prossimo 21 novembre, che in 17 anni di storia ha formato oltre 500 professionisti nel risk management. Nell’ultimo anno accademico il 75% degli iscritti era di sesso maschile, con un’età media intorno ai 38 anni. L’81,3% dei 32 iscritti proveniva dal settore assicurativo: 71,9% dalle compagnie, 9,4% dall’area broker.
 
Allarmante altresì il dato relativo alle implicazioni del settore: il 72% delle aziende interpellate afferma infatti di “non avere un programma di copertura dai rischi informatici (“cyber risks”) e il 37% non ha invece “una copertura sui rischi ambientali”. Si tratta di due ambiti estremamente importanti e che hanno avuto recentemente un interesse via via crescente.
 
Senz’altro positivo invece il fatto che la “diffusione della cultura del rischio” (pay off del Consorzio Cineas) e l’”allineamento ed integrazione del Risk Management nella strategia di business” compaiano nell’agenda dei Risk-Insurance Manager europei per il 2014-2015. A dimostrazione di come questo tipo di cultura debba partire dalle aziende per diffondersi poi verso l’esterno.
 
Da un’analisi globale dei dati di FERMA, emerge una figura di risk manager che sta sì assumendo un’importanza crescente, ma la cui funzione, all’interno del contesto aziendale, sembra essere ancora modesta. Per far sì che tali professionisti possano realmente contribuire ad accrescere il valore dell’impresa, occorre puntare sulla formazione. In un mercato sempre più internazionale ed in costante evoluzione, la cultura e la formazione altamente specialistica rappresentano oggi le chiavi per primeggiare e per raggiungere prima e meglio i propri obiettivi d’impresa. Da questo punto di vista ci sembra quindi che vi sia ancora tanta strada da fare per far crescere, a livello nazionale ed internazionale, competenze e nuovi strumenti di analisi.