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Sanzioni POS obbligatorio: no del Consiglio di Stato al decreto del MISE

Il Consiglio di Stato ha espresso parere negativo sullo schema di Regolamento sulla definizione delle modalità, dei termini e degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla mancata accettazione dei pagamenti mediante carte di debito e carte di credito

Articolo pubblicato in data: 04/06/2018

Il Consiglio di Stato ha espresso parere negativo sullo schema di Regolamento sulla definizione delle modalità, dei termini e degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla mancata accettazione dei pagamenti mediante carte di debito e carte di credito

La Sezione Consultiva per gli Atti Normativi di Palazzo Spada ha espresso parere contrario a che lo schema di decreto ministeriale sul POS obbligatorio prosegua il suo corso.

Con il precedente parere n. 1104/2018 dello scorso 23 aprile, il Consiglio di Stato aveva sospeso il giudizio sullo schema di regolamento del MiSE recante la definizione delle modalità, dei termini e degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie – pari a 30 euro riducibile a un terzo in caso di versamento tempestivo - conseguenti alla mancata accettazione dei pagamenti mediante carte di debito e carte di credito. “La Sezione, al fine di poter emettere il parere richiesto, ritiene necessario che il Ministero riferente inoltri a questo Consiglio di Stato una compiuta relazione prospettando le soluzioni ritenute possibili per superare gli evidenziati profili di incostituzionalità della legge delega”, ha spiegato Palazzo Spada.

Il MISE, con nota numero 7137 del 28 marzo 2018, ha chiesto il parere al Consiglio di Stato sullo schema di decreto del MiSE, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, concernente il regolamento recante la definizione delle modalità, dei termini e degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie anche in relazione ai soggetti interessati, ai sensi dell'art.15, comma 5, del decreto-legge 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 221/2012, come modificato per effetto dell'art.1, comma 900, della legge 208/2015.

Si prevede, nello specifico, che a decorrere dal 30 giugno 2014, "i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionale, sono tenute ad accettare anche i pagamenti effettuati attraverso carte di debito e carte di credito; tale obbligo non trova applicazione nei casi di oggettiva impossibilità tecnica. Con uno o più decreti del MISE, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, vengono disciplinate le modalità, i termini e l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie, anche in relazione ai soggetti interessati, di attuazione della disposizione di cui al comma 4 anche con riferimento alle fattispecie costituenti illecito e alle relative sanzioni pecuniarie amministrative".

Secondo il Consiglio di Stato, l'obiettivo di una efficace lotta al riciclaggio, all’evasione e all’elusione fiscale – da incentivare attraverso la completa perimetrazione del quadro giuridico di riferimento, anche mediante la sua omogeneizzazione – deve, però, necessariamente essere conseguito con l’adozione di provvedimenti rispettosi, sotto l’aspetto formale e sostanziale, dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico.

Si ritiene però che l'art. 15, comma 4 del d.lgs. 179/2012 "non sia rispettoso del principio costituzionale della riserva di legge in quanto carente di qualsiasi criterio direttivo, sostanziale e procedurale", e che "anche la individuazione per analogia di una sanzione – nel caso specifico quella prevista dall’art. 693 c.p. - configuri una precisa ed insuperabile violazione al principio della riserva di legge (oltre che del divieto di applicazione dell’analogia ai fini della individuazione della sanzione)".

L’art. 15, comma 4 cit. infatti, indubbiamente enuncia, in modo chiaro, la condotta antigiuridica dei soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazioni, anche professionali, consistente nell'obbligo di accettare, a saldo del rapporto giuridico, la moneta elettronica, ma la specificazione di tali elementi non è sufficiente a soddisfare il vincolo costituzionale in materia di riserva di legge di cui all'art. 23 della Costituzione, ancorché di carattere pacificamente relativo.

Cio perché si ritiene che "nel caso specifico, da un lato, la determinazione dell'entità della sanzione costituisca un elemento essenziale della fattispecie non integrabile su base regolamentare (non essendo sufficiente indicare il solo carattere amministrativo della sanzione); dall’altro, difettano anche i menzionati criteri e principi direttivi cui deve attenersi il potere esecutivo in sede di completamento della disciplina".

In definitiva, per Palazzo Spada la sanzione eventualmente applicabile in caso di violazione dell'obbligo di cui all'art. 15, comma 4 deve essere ricercata all'interno dell'ordinamento giuridico che disciplina le attività commerciali e professionali. Ciò significa che "nel caso in esame potrebbe trovare applicazione una già esistente norma di chiusura, prevista dal vigente quadro giuridico di riferimento, che sanzioni un inadempimento di carattere residuale. Che contempli, cioè, qualsiasi altra violazione di adempimenti legittimamente imposti nell’esercizio della arte, commercio o professione. Ed in tal senso è opportuno che il ministero prontamente si orienti per dare attuazione al ripetuto art. 15 che, allo stato, rimane inattuato".