Sentenze TAR sull'equo compenso: la giurisprudenza conferma l'obbligo imperativo per la P.A.
Il Centro Studi CNI ha pubblicato un approfondimento sull'equo compenso, analizzando diverse sentenze. Nonostante alcune sentenze abbiano sollevato dubbi sull'applicabilità immediata dell'equo compenso, l'orientamento giurisprudenziale prevalente conferma l'obbligo per la Pubblica Amministrazione di rispettare i parametri ministeriali fin dall’inizio della gara per i servizi di ingegneria e architettura.
La disciplina dell’equo compenso e gli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura secondo il D.Lgs. 36/2023
Diffuso un documento che analizza le sentenze del TAR di Salerno e del TAR Calabria, da più parti richiamate per escludere l’applicabilità dell’equo compenso. L’orientamento giurisprudenziale prevalente, però, è chiaro e obbliga la P.A. al rispetto della L. 49/2023.
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri prosegue la sua intensa azione a difesa della corretta applicazione dell’equo compenso. Lo fa in questi giorni attraverso la pubblicazione di un approfondimento del suo Centro Studi che affronta il rapporto tra la disciplina dell’equo compenso e gli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, alla luce della più recente giurisprudenza amministrativa.
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Il documento del Centro Studi CNI, in particolare, analizza le sentenze del TAR Salerno e del TAR Calabria, che da più parti sono state richiamate per escludere l’applicabilità dell’equo compenso. Al netto di visioni non allineate della Giustizia Amministrativa, emerge senza dubbio una prevalenza di orientamenti giurisprudenziali che riconoscono l'obbligo di rispettare l'equo compenso fin dalla fase iniziale della procedura di affidamento, come confermato dal TAR Veneto, TAR Lazio, TAR Sicilia e TAR Bolzano in due pronunce. Questi tribunali affermano che la legge n. 49/2023, che ha introdotto il principio dell’equo compenso, ha una natura imperativa, il che implica che il rispetto dei parametri ministeriali per la determinazione del compenso dei professionisti è obbligatorio e non derogabile.
Al centro della questione c’è il momento in cui devono essere applicate le regole dell’equo compenso. L’orientamento prevalente sostiene che il compenso equo debba essere garantito prima dell’avvio delle trattative pre-contrattuali, configurandosi come una condizione necessaria per la regolarità della procedura di gara.
Questo orientamento contrasta con le pronunce che posticipano la verifica dell’equo compenso alla fase successiva alla gara, ossia durante la verifica di anomalia delle offerte. Un esempio di tale approccio è la sentenza del TAR Salerno, che ha escluso l’applicazione diretta delle disposizioni sull’equo compenso alla fase di gara, rinviando la verifica del rispetto dei parametri ministeriali alla fase di controllo delle offerte anomale. Tuttavia, il prevalente orientamento giurisprudenziale riconosce la natura imperativa delle disposizioni in materia di equo compenso, obbligando la Pubblica Amministrazione a rispettare i parametri ministeriali fin dall’inizio della procedura di gara, impedendo il ribasso del compenso e limitando tale facoltà alla componente spese.
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“La pubblicazione di questo approfondimento del nostro Centro Studi – afferma Angelo Domenico Perrini, Presidente del CNI – nasce dalla necessità di fare chiarezza sulla corretta e integrale applicazione dell’equo compenso, così come è prevista dalla relativa legge. L’orientamento giurisprudenziale prevalente è chiaro. Anche sulla scorta di questa constatazione, noi ribadiamo che i compensi per le attività professionali non devono essere soggetti a ribasso rispetto ai parametri normati e che il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa va applicato sulla base di valutazioni qualitative. A questo punto, ci auguriamo e chiediamo che la Politica intervenga con un chiarimento definitivo”.
In particolare, il documento del Centro Studi analizza il dibattito sull’applicazione dell’equo compenso ai contratti d’opera professionale rispetto agli appalti, evidenziando come le differenze tra le due figure contrattuali non giustifichino un diverso trattamento. Si sottolinea che l’equo compenso deve essere applicato anche nei casi in cui il professionista operi all'interno di una struttura societaria, poiché la disciplina è volta a tutelare la posizione del professionista rispetto alla pubblica amministrazione, che agisce come contraente forte.
Inoltre, lo studio prende in esame la conformità della normativa sull’equo compenso ai principi europei. Si riconosce che l’introduzione di parametri per la determinazione del compenso non costituisce una violazione dei principi di concorrenza europea, in quanto tali parametri sono giustificati dalla necessità di tutelare la qualità delle prestazioni e il decoro della professione, oltre a garantire un trattamento equo ai professionisti. Questo orientamento è stato confermato anche dalla Corte di Giustizia europea, che ha ammesso la legittimità di tariffe minime per motivi di interesse pubblico.
Infine, il documento tratta la questione dell’invarianza finanziaria, prevista dalla legge n. 49/2023, che vieta l’aumento dei costi pubblici a seguito dell’applicazione dell’equo compenso. Si chiarisce che, qualora la stazione appaltante determini il compenso nel rispetto dei parametri ministeriali, non vi saranno ripercussioni negative sul quadro economico dell’intervento.
In conclusione, il rapporto del Centro Studi attesta che, sebbene esistano orientamenti giurisprudenziali non uniformi, la tendenza prevalente supporta l’applicazione dell’equo compenso agli appalti di servizi di ingegneria e architettura, riconoscendo la necessità di garantire il rispetto dei parametri ministeriali e l’integrità del compenso a tutela della qualità delle prestazioni professionali e del decoro della professione.
Fonte: CNI
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