Recesso del committente e sgombero urgente del cantiere: il credito del subappaltatore non giustifica l’occupazione
Il Tribunale di Prato ha ordinato lo sgombero urgente di un cantiere condominiale, bloccato da mesi. L’appaltatore tratteneva ponteggi e gru invocando il credito del subappaltatore, ma il giudice ha escluso il diritto di ritenzione e tutelato il diritto dei residenti alla sicurezza e al pieno godimento dell’immobile.
Il committente ha diritto ad ottenere in via d'urgenza la rimozione del cantiere, gru e ponteggi installati. L’appaltatore non può legittimamente trattenere l’opera o parte di essa invocando un diritto di ritenzione per il credito vantato, né opporre l'inadempimento del committente.
Il committente che abbia manifestato la volontà di recedere dal contratto di appalto, anche successivamente all’inizio della esecuzione dell’opera, ha diritto ad ottenere in via cautelare la rimozione dei ponteggi e lo sgombero dell’area di cantiere qualora la permanenza delle strutture incida negativamente sul godimento dell’immobile, sicurezza ed accessibilità delle unità immobiliari.
Sono le precisazioni rese dalla ordinanza del Tribunale di Prato pubblicata il 2 maggio 2025.
Tutela d’urgenza e rimozione coatta del cantiere
Il Tribunale di Prato interviene con una misura d’urgenza: via ponteggi e gru da un condominio bloccato da mesi.
Appalto risolto, subappalto irrilevante e nessun diritto di trattenere occupata le aree condominiali. È una decisione destinata a fare giurisprudenza nel delicato equilibrio tra diritti dei cittadini e obblighi degli appaltatori.
Con una ordinanza d’urgenza, il giudice ha disposto lo sgombero immediato di un cantiere edile in un condominio, fermo da mesi e causa di gravi disagi per i residenti. Alla base della decisione, il recesso del committente per inadempimento contrattuale e l’inerzia dell’appaltatore nel rimuovere le strutture provvisionali come ponteggi, gru e altre attrezzature.
Cantiere dimenticato che bloccava il condominio
La vicenda ha origine dai lavori di riqualificazione energetica commissionati da un condominio ad una impresa appaltatrice. Dopo una fase iniziale, l’opera si era interrotta (senza preavviso e senza completamento) lasciando il cantiere in uno stato di abbandono.
I ponteggi occupavano le facciate e ostacolavano l’accesso agli alloggi compromettendo la sicurezza, la vivibilità e persino l’utilizzo di alcune parti comuni. A nulla erano servite le diffide: l’appaltatrice aveva opposto l’impossibilità di rimuovere le strutture sostenendo che erano state installate da una impresa subappaltatrice, a sua volta creditrice di una fattura.
Da qui l’azione giudiziaria promossa dal condominio con un ricorso d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c.

Diritti dei residenti incomprimibili
Il decidente ha accolto il ricorso riconoscendo la sussistenza di un pregiudizio imminente e irreparabile per i condòmini, determinato dalla limitazione nell’uso delle unità abitative e dal pericolo per la sicurezza. La misura cautelare si giustifica quando non esistono altri strumenti altrettanto rapidi per evitare un danno grave e, nel caso di specie, il blocco del cantiere rappresentava una violazione non più tollerabile dai residenti.
Appalto sciolto: legittimo il recesso del condominio
Uno dei punti focali della pronuncia risiede nella legittimità del recesso esercitato dal condominio. Il giudice ha richiamato l’art. 1671 c.c. secondo cui il committente può recedere in ogni momento dal contratto, anche senza giusta causa, purché indennizzi l’appaltatore per le spese sostenute e il mancato guadagno.
Nel caso esaminato, si è ritenuto che la diffida ad adempiere e il successivo ricorso cautelare avevano di fatto azzerato ogni interesse alla prosecuzione del contratto facendo venir meno anche il diritto dell’appaltatore a mantenere il possesso dell’area.
Il subappalto non vincola il committente
Un passaggio significativo dell’ordinanza riguarda il ruolo del subappaltatore il quale rivendicava il pagamento di una fattura e opponeva il proprio credito come ostacolo alla rimozione delle strutture.
Il giudice ha ribadito un importante principio: il contratto di subappalto non genera alcun vincolo diretto tra subappaltatore e committente.
Le obbligazioni restano circoscritte ai soggetti contrattuali originali e il committente non può essere coinvolto nei rapporti interni tra l’appaltatore e i suoi ausiliari. Di conseguenza, la responsabilità ricade interamente sull’appaltatore, chiamato a garantire la liberazione dell’area a prescindere dalle eventuali controversie economiche con terzi.
No al diritto di ritenzione
L’appaltatore aveva tentato di giustificare il mantenimento del cantiere richiamando l’art. 1460 c.c. secondo cui è consentito sospendere l’adempimento in caso di inadempienza altrui. Tuttavia, il giudice ha bocciato l’argomentazione precisando che tale strumento può operare solo in presenza di un inadempimento grave, ingiustificato e attuale, e solo tra le parti dirette del contratto.
Nel caso trattato, il credito vantato era del subappaltatore, e quindi del tutto estraneo al rapporto con il condominio. Nessun diritto di ritenzione può legittimare l’occupazione di un bene abitato, se non nei limiti previsti dalla legge.
Mille euro al giorno per l’omessa rimozione
Per assicurare l’effettività del provvedimento, il tribunale ha applicato l’art. 614-bis c.p.c. Il disposto consente di fissare una penale per ogni giorno di inadempienza ad un ordine giudiziario. In tal caso, la sanzione è stata fissata in mille euro al giorno, una misura che mira a scoraggiare ulteriori ritardi e a garantire la tempestiva liberazione del cantiere.
Decisione esemplare: equilibrio tra diritti e responsabilità
L’ordinanza del Tribunale di Prato offre una lettura chiara e rigorosa del rapporto tra committente, appaltatore e subappaltatore. Ribadisce la centralità dei diritti dei condòmini a fruire delle proprie abitazioni. I disguidi tra imprese o la cattiva gestione dei contratti non giustificano l’abbandono di impalcature e materiali nei siti condominiali. La misura d’urgenza e la sanzione accessoria rappresentano strumenti fondamentali per restituire effettività alle decisioni giudiziarie e per ristabilire il principio secondo cui la casa è, prima di tutto, un bene da proteggere.
SCARICA IN ALLEGATO L'ORDINANZA DEL TRIBUNALE DI PRATO
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