Tunnel e Gallerie
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Tecniche di protezione dal fuoco di strutture a tunnel

La problematica degli incendi nelle strutture a tunnel è particolarmente importante sia per la possibile alta percentuale di vite umane che possono perdersi sia per gli ingenti danni che essi provocano e che si trasformano in pesanti spese per il ripristino. La storia di recenti disastri in queste particolari opere di ingegneria civile ne hanno dimostrato l’alta vulnerabilità troppo spesso accompagnata dalla scarsa efficacia dei sistemi protettivi adottati nella progettazione. La ristrettezza della sezione stradale, la scarsa capacità di smaltimento dei fumi oltre che la quasi sempre impossibilità della migliore organizzazione delle vie di fuga così come l’effetto spalling del calcestruzzo di rivestimento delle pareti hanno condotto a severe regole di adeguamento e di analisi per le gallerie già esistenti e per quelle di nuova costruzione.
Volendo effettuare una ricognizione dei tragici eventi passati occorre ricordare il caso della Funicolare di Kaprun, in Austria, dell’11 novembre 2000 che vide 155 vittime: la galleria era caratterizzata da una lunghezza di 3300 metri, una sezione di 3,50 metri ed una pendenza, condizione aggravante per le possibilità di esodo, del 43% e non prevedeva uscite di sicurezza. Altro caso, particolarmente eclatante, ha visto un incendio nel Traforo del Monte Bianco del 24 marzo 1999 con 39 vittime e interventi, per la elevatissima temperatura di 1000°C raggiunta durante la fase più acuta dell’incendio, che sono costati 190 milioni di euro per il ripristino ed una chiusura per i relativi lavori di tre anni con danno economico complessivo compreso tra i 400,00 e i 450,00 milioni di euro. Altro caso è stato quello del Traforo di Tauern in Austria, del maggio 1999, che vide 12 morti e gravi danni dovuti al crollo della soletta e dei condotti ventilazione per la temperatura di 1000°C raggiunta anche in questa occasione. Ancora, possiamo ricordare l’incendio sviluppatosi nel tunnel del Traforo del San Gottardo in Svizzera con 11 vittime e gravi danni anche qui per il crollo della soletta dei canali di ventilazione. La struttura restò inagibile per circa due mesi. Infine, altro caso particolarmente eclatante, l’incendio che colpì il Tunnel della Manica il 18 novembre 1996 con temperatura raggiunta di 1100 °C e danni per 600,00 milioni di euro provocati da un esteso effetto spalling dei conci prefabbricati ad alta resistenza. Nonostante tali condizioni estreme, compreso lo sviluppo della struttura sul fondale marino e l’assenza di particolari misure di protezione, non vi furono vittime.
Nelle nuove progettazioni le scelte devono orientarsi alla individuazione di un cunicolo di sicurezza posto al di sotto del piano stradale. Le dimensioni nette della sezione devono essere pari ad una larghezza di 2,40 metri ed una altezza di 2,30 metri. L’accesso ai cunicoli deve essere realizzato creando una zona filtro con compartimentazione non inferiore a REI 120. L’accesso al cunicolo deve essere ben visibile dalla galleria, opportunamente segnalato ed illuminato.

 

In alternativa al cunicolo sottostante la sede stradale, e soluzione più opportuna, è la predisposizione di corridoi laterali che viene definita “via di esodo esterna”. 


Per quanto riguarda i materiali è fondamentale confrontarsi per la realizzazione delle gallerie con il calcestruzzo armato. Tale materiale ai fini della sicurezza e della reazione e della resistenza al fuoco ha livelli prestazionali idonei nei riguardi della incombustibilità, della bassa conducibilità e di spessori possibili eventualmente notevoli a confronto di negatività legate al decadimento delle proprietà meccaniche per temperature elevate, deformazioni irreversibili da cracking, microcracking termico e sfilamento armature oltre al fenomeno maggiormente pericoloso quale lo spalling. Questo effetto, assai dannoso, che consiste nella espulsione improvvisa e violenta degli strati esterni del conglomerato, è influenzato dalla natura degli inerti adoperati nel mix e diminuisce all’aumentare della permeabilità del calcestruzzo in funzione del contenuto d’acqua. 

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