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Testo Unico Edilizia tra ristrutturazione edilizia pesante e ordinaria (leggera): le differenze

Gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, si inquadrano come ristrutturazione edilizia pesante e richiedono il permesso di costruire.

Senza permesso di costruire, delle opere edilizie comportanti un aumento delle superfici e dei volumi mediante realizzazione di un livello ulteriore (terzo) fuori terra all'interno del fabbricato (originariamente composto di un piano interrato e due piani fuori terra), la modifica dei prospetti e della destinazione d’uso, sono abusivi e vanno demoliti.

Lo ha chiarito il Consiglio di Stato con la sentenza 1828/2023 dello scorso 18 febbraio, che ha confermato la pronuncia del TAR Lazio con la quale era stato avvallato l'ordine di demolizione impartito dal comune per una serie di interventi edilizi a eseguiti in difformità delle conseguite autorizzazioni, concesse per un intervento di restauro e risanamento conservativo, «esclusa ogni altra opera», e previo parere favorevole dell’Ente Parco, per l’esecuzione di un intervento di manutenzione straordinaria.

La sentenza è interessante perché parte dall'inquadramento delle differenze che intercorrono tra ristrutturazione edilizia ordinaria e pesante e perché poi esamina step by step le singole opere, spiegando il perché serva il permesso di costruire per l'intervento nel suo complesso ma anche, di fatto, se si si considerassero le opere a se stanti (il che, in ogni caso, non ha molto senso visto che per il Testo Unico Edilizia è l'organismo edilizio nel suo complesso che va giudicato).

Le opere della discordia

Tra le opere, si segnalano l'ampliamento di una scala esterna, con creazione di volume in muratura all'interno del quale erano stati realizzati 4 bagni, la variazione dei prospetti con spostamento, la modifica ed apertura di nuovi vani porta e finestra, la modifica della distribuzione interna con abbattimento, costruzione, spostamento di tramezzi e vani porta, la creazione di un solaio intermedio tra piano terra e coperture;, la Realizzazione di una serie di opere volte a rendere abitabili i volumi “sottotetto” così creati, per una superficie di mq. 215 circa al piano primo e mq. 30 circa al piano secondo, l'aertura di 6 lucernari, ecc.

Ristrutturazione edilizia "pesante" e ordinaria: le differenze del Testo Unico Edilizia

Secondo Palazzo Spada, il complessivo intervento realizzato dall’appellante dava vita, in ambito vincolato, ad un manufatto di consistenza, volumi, superfici e prospetti diversi da quello preesistente integrando in tal modo la fattispecie della c.d. ristrutturazione pesante di cui all’art. 10, comma 1, lett. c) del Testo Unico Edilizia, che subordina al permesso di costruire «gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici …».

Del resto, come da ultimo chiarito in sede di Adunanza di Sezione del 12 gennaio 2022, «la modifica della sagoma, dell’altezza, dei prospetti e del volume della originaria costruzione», pacifica nel caso di specie, «non consentono di qualificare l’intervento come ristrutturazione edilizia ordinaria (o leggera), prevista dall’articolo 3, comma 1, lettera d) del DPR n. 380 del 2001, rientrando invece lo stesso nella diversa categoria della ristrutturazione edilizia “pesante”, contemplata dall’articolo 10 del testo unico dell’edilizia» (Cons. Stato, Sez. I, Adunanza di Sezione del 12 gennaio 2022, n. 378).

La riconducibilità dell’intervento alla tipologia della ristrutturazione pesante determina, tra l'altro, il rigetto del terzo motivo di appello con il quale, sul presupposto che quanto realizzato integrasse una ristrutturazione leggera, non fosse necessario il conseguimento della licenza edilizia.

La rilevanza paesaggistica delle opere

Peraltro, prosegue il Consiglio di Stato, deve disattendersi la tesi dell’appellante per la quale, ai sensi del dpr 31/2017,
sarebbero paesaggisticamente irrilevanti le opere di spostamento delle murature perimetrali, delle variazioni dei prospetti con modifica ed apertura di nuovi vani porta e finestre, nonché, dell’apertura di n. 6 lucernari e della realizzazione di tramezzature per creare n. 7 nuove stanze e n. 4 bagni.

Tali interventi, per l’evidente impatto sulla consistenza e sui prospetti del manufatto originario e sul carico urbanistico, non potrebbero in ogni caso essere ricondotti alle esclusioni di cui all’Allegato della fonte normativa invocata.

Il soppalco che modifica la superficie utile è ristrutturazione edilizia

In ogni caso, l’appellante considera come non assoggettabili al regime del permesso di costruire i seguenti interventi:

  • la realizzazione delle soppalcature, in quanto prive di impatto sul carico urbanistico e sulla volumetria complessiva;
  • per le medesime ragioni, la sostituzione delle paratie in vetro e metallo, poste a delimitazione del volume ospitante la scala esterna, preesistenti all’intervento contestato;
  • le diverse distribuzioni degli spazi interni mediante realizzazione di tramezzature;
  • la pavimentazione esterna riconducibile ad una manutenzione del preesistente piazzale eseguibile ex art. 6 comma 1, lett. e-ter del d.P.R. n. 380/2001).

Anche qui Palazzo Spada è in disaccordo, in quanto come già affermato in giurisprudenza «la realizzazione di un soppalco non rientra nell'ambito degli interventi di restauro o risanamento conservativo, ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, qualora determini una modifica della superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico»: aggravio che sussisterebbe anche «se tali interventi, in ipotesi, non alterassero la volumetria complessiva degli edifici, non comportassero mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni di uso e non modificassero la sagoma e i prospetti dell'edificio, essi consistono in aggiunte che superano, all'evidenza, la finalità di manutenere e rinnovare parti degli edifici» (Cons. Stato, Sez. II, 3 dicembre 2019, n. 8268).

Scale inglobate nell'edificio con ampliamento di murature

Interessante è anche il proseguo, perché è da disattendere - secondo Palazzo Spada - anche la tesi dell’irrilevanza dell’inglobamento del vano scale all’interno dell’edificio avvenuto, nel caso di specie, mediante una ridefinizione in ampliamento delle murature esterne, a tale scopo traslate.

Di fatto, si tratta di una sostituzione di parti costitutive dell’edificio (mura perimetrali) che conferisce (al pari delle nuove aperture) un nuovo prospetto all’immobile.

Come la giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire, continuano i giudici, «nel distinguere tra la tipologia dei principali interventi edilizi ricorrenti nella pratica - si è affermato che nell'ambito delle opere edilizie - anche alla luce dei criteri di cui della L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lettera d), (oggi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3) - la semplice "ristrutturazione" si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali» (Cass. civ., Sez. II, 14 luglio 2021, n. 20079).

Tale trasformazione, comportando la creazione di nuovi volumi e superfici destinati ad un nuovo uso, è urbanisticamente rilevante necessitando, per tale ragione, di permesso di costruire.

E le tramezzature?

Il Consiglio di Stato prosegue evidenziando che «la trasformazione di un sottotetto in uno spazio abitabile (circostanza incontestabile in presenza della realizzazione di tramezzature che consentivano di ricavare due camere da letto e un servizio igienico) è urbanisticamente rilevante in quanto incidente sul carico urbanistico e, come tale, necessita di un titolo abilitativo il cui difetto determina "una situazione di illiceità, che deve essere rilevata dall'amministrazione nell'esercizio del suo potere di vigilanza (cfr.Cons. St., Sez. VI, n. 6562/18)" (Cons. Stato, Sez. VI, 4 gennaio 2021, n. 43)» (Cons. Stato, Sez. VI, 26 settembre 2022, n.8256).

Ergo: la ridefinizione degli spazi interni mediante realizzazione di tramezzature che determinavano, anche grazie all’apertura di 6 lucernari e ulteriori vani finestra, la creazione di 7 stanze con rilevante incremento della superfice abitabile, non può essere irrilevante a livello urbanistico, inquadrandosi come ristrutturazione vera e propria.

In ultimo: la pavimentazione

Dulcis in fundo (ma non per il ricorrente), non si può considerare quale mera risistemazione la realizzazione dell’area di sosta esterna mediante pavimentazione poiché «sono riconducibili entro la categoria della trasformazione edilizia urbanistica le opere che modificano significativamente la realtà urbanistica e territoriale, indipendentemente dal fatto che la loro realizzazione richieda attività edificatoria in senso stretto» inclusi «gli interventi di trasformazione del suolo, quali, ad esempio, la sua cementificazione (Cons. St., Sez. V., n. 1442 del 2001) o lo spianamento di un terreno al fine di ottenerne un piazzale (Cons. St., Sez. IV, n. 5035 del 2007), in quanto anche essi creano un nuovo assetto urbanistico: tali mutamenti di destinazione possono avere luogo solo se siano stati espressamente consentiti da una previsione urbanistica» (Cons. Stato, Sez. VI, 3 luglio 2018, n.4066).


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Allegati

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