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Tettoia ricostruita: serve un permesso di costruire nuovo e non è una pertinenza

Consiglio di Stato: un'opera edilizia totalmente difforme, per caratteristiche tipologiche e planovolumetriche, da quella assentita con un precedente titolo abilitativo è abusiva se realizzata senza nuovo titolo abilitativo

Due tettoie completamente ricostruite rispetto ad una precedente prefabbricata di tanti anni prima sono abusive senza permesso di costruire, sia perché non riconducibili a quella assentita in passato sia perché è escluso che possa trattarsi di pertinenze.

Lo ha chiarito il Consiglio di Stato nella sentenza 10579/2022 dello scorso 1° dicembre, inerente il ricorso contro l’ingiunzione di demolizione del comune per due tettoie adibite a deposito di materiale annesso all’attività di esposizione e vendita di legnami e affini.

La 'vecchia' tettoia

Va segnalato, per inquadrare bene il problema, che il ricorrente era stato autorizzato dall’Amministrazione comunale, nel maggio 2004, ad installare in via temporanea una sola tettoia prefabbricata in legno, alcuni gazebo, casette in legno ed articoli di arredo giardino, al fine di consentire l’esposizione e la relativa vendita al pubblico.

Il comune ha quindi ingiunto la demolizione per la nuova tettoia, confermato dal TAR competente, il quale ha ritenuto che la tettoia in legno interessata dall’ordinanza di demolizione non è assolutamente riconducibile alla tettoia prefabbricata oggetto dell’autorizzazione edilizia del 2004, configurandosi questa come manufatto totalmente difforme, per caratteristiche tipologiche e planovolumetriche, da quello assentito con il predetto titolo abilitativo, e ciò per le seguenti dirimenti ragioni:

  • come pacificamente emerge dalla lettura del contenuto dell’ordinanza, le tettoie in parola non sono tra loro assimilabili né per dimensioni né per ingombro superficiario;
  • ciò incontrovertibilmente si ricava dalla documentazione fotografica depositata dalla difesa comunale in data 20 marzo 2008.

Le tettoie di 'oggi' sono completamente diverse

Il Consiglio di Stato osserva che l'appellante, dopo aver evidenziato in premessa che, con atto del 20 maggio 2004, veniva autorizzata l’installazione temporanea di una tettoia in legno prefabbricata per soddisfare esigenze di esposizione e vendita, deduce che si tratterebbe di strutture ad uso esposizione commerciale e comunque previamente autorizzate nel 2004; le eventuali difformità riscontrate, essendo di lieve entità, non potrebbero giustificare l’applicazione dell’art. 31 d.P.R. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) ma al più dell’art. 38 con conseguente necessità di comparare l’interesse pubblico al ripristino dello stato legittimo con le posizioni soggettive private consolidatesi per effetto del rilascio del titolo.

Ma come giustamente rilevato dal TAR, le opere contestate con l’ordinanza demolitoria impugnata in prime cure sono del tutto diverse da quelle precedentemente assentite mediante autorizzazione edilizia trattandosi di due tettoie costituite da strutture permanenti, stabilmente infisse al suolo e di significative dimensioni.

Insomma: la differenza strutturale e funzionale tra la tettoia temporaneamente assentita e i manufatti contestati portano alla conseguente inapplicabilità dell’art. 38 Testo Unico Edilizia evocato da parte appellante riguardando tale norma la diversa ipotesi del perseguimento dell’abuso edilizio conseguente all’annullamento del titolo edilizio in base al quale il manufatto era stato realizzato.

La consistenza delle opere contestate, si aggiunge, consente di escludere che vi sia una correlazione tra la tettoia temporaneamente assentita nel 2004 e le opere di cui all’ordinanza demolitoria attuale.

Una grande tettoia non è una pertinenza

Nemmeno il tentativo di rifugiarsi in corner, ovverosia di far passare per pertinenze le due tettoie, può 'passare', in quanto il Consiglio di Stato ricorda che "la natura di pertinenza può essere riconosciuta, ai fini edilizi, in presenza di un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra la cosa accessoria e quella principale, nesso tale da consentire esclusivamente la destinazione della cosa ad un uso pertinenziale durevole, il quale emerge se l’opera pertinenziale ha una dimensione ridotta e modesta rispetto alla cosa cui inerisce, tale da rendere l’opera priva di un autonomo valore di mercato e non comportante un carico urbanistico o una alterazione significativa dell’assetto del territorio; sicché non può ritenersi meramente pertinenziale un abuso che, pur avendo proporzione sensibilmente ridotta rispetto all'opera principale, presenta incontestate caratteristiche di rilevante dimensione, di autonomo valore di mercato, di rilevante carico urbanistico, e occupa un’area diversa e ulteriore rispetto a quella già occupata dal preesistente edificio principale. Pertanto, in materia edilizia la natura pertinenziale è riferibile soltanto ad opere di modesta entità ed accessorie rispetto a quella principale, quali i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto a quella considerata principale e non siano coessenziali alla stessa” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 7 marzo 2022, n. 1605).

È evidente come nella fattispecie non siano riscontrabili almeno due dei requisiti per poter qualificare l’opera in questione come pertinenza, ossia:

  1. l’impossibilità di diversa utilizzazione economica;
  2. l’essere l’opera realizzata sulla stessa area dell’edificio principale.

L’infondatezza si deve alla stessa consistenza delle opere in termini di tettoia, in quanto questa "va configurata sotto il profilo urbanistico come intervento di nuova costruzione, richiedendo quindi il permesso di costruire, allorché difetti, come nel caso di specie, dei requisiti richiesti per le pertinenze e per gli interventi precari".

Palazzo Spada evidenzia come, in casi precedenti, la costruzione di tettoie di rilevanti dimensioni - simili a quelle del caso di specie, "comportanti una perdurante alterazione dello stato dei luoghi e incidenti per sagoma, prospetto, volumetria e materiali impiegati in modo stabile e duraturo sull'assetto urbanistico-edilizio del territorio", necessitavano "del preventivo rilascio del permesso di costruire (v., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 8 agosto 2019, n. 5637; Cons. Stato, Sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4086)”.

Diviene così privo di autonomo rilievo la possibile qualificazione dell’opera in chiave pertinenziale, anche perché Palazzo Spada in passato ha ritenuto che “… le costruzioni per cui è causa, rappresentate da alcune tettoie e depositi, richiedono il titolo edilizio come nuovi manufatti, anche se civilisticamente dovessero essere qualificabili come pertinenze (per tutte, C.d.S., sez. VI, 11 marzo 2017, n. 1155). Quanto alle tettoie, si tratta infatti di modifiche della sagoma di edifici, ovvero di innovazioni dello stato dei luoghi che richiedono uno specifico titolo edilizio (e ciò non solo per la consistenza in sé delle opere, ma anche per prevenire istanze di sanatorie basate su preesistenze)” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 5 marzo 2018, n. 1391).


LA SENTENZA 10579/2022 DEL CONSIGLIO DI STATO E' SCARICABILE IN FORMATO PDF PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE.

Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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